The masquerade svela la Storia nascosta: “Viviamo la peggior Italia dal 1861, ecco perchè”

Di Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org

La nostra vita nazionale, così incerta e traballante è soltanto – si fa per dire – frutto di una infinita serie di “mascherate”, ossia di leggende metropolitane e distorsioni interpretative promosse dal sistema e fatte sedimentare nella società civile dai suoi pretoriani piazzati nei gangli della politica, dell’informazione e della saggistica nell’ultimo mezzo secolo di storia, tricolore ma soprattutto atlantica, anzi il riflesso condizionato e tragico degli accordi di Yalta.

Guerra Fredda ma anche incandescente, quella che ci raccontano Roberto Valtolina e Maurizio Fiorentini in The masquerade, libro di controinformazione documentata e inedita, pubblicato da Frascati & Serradifalco (2023).

Abbiamo incontrato gli autori per decodificare il decennio cruciale 1970 -1980, quello che ci ha portato fin qui, ormai senza più alcuna sovranità nazionale tangibile, nè economica, nè politica, nè militare.

Il volume è nato dalla sinergia fra il responsabile di un collettivo romano di controinformazione, attivo negli anni ‘70 nel comitato Volsci dell’Autonomia operaia, e uno scrittore e ricercatore di inchiesta.

Il primo, all’epoca in contatto con terroristi rossi e neri, è impegnato da anni a disboscare la selva di complottismi cresciuta su quel periodo. Il secondo, è un giornalista specializzato in archivi che ha contribuito con un accurato lavoro di indagine e di scrittura.

  • The masquerade ricostruisce per intero il decennio 1970-80. Proviamo a mettere un punto fermo sul terrorismo rosso e nero, protagonista della strategia della tensione culminata con l’uccisione di Moro. Quanto era tricolore questo terrorismo?

“Il terrorismo rosso era culturalmente figlio di una parte della sinistra, nel Partito comunista italiano rappresentata da Pietro Secchia – referente politico nel partito dell’editore Giangiacomo Feltrinelli – e da Francesco Moranino. L’origine della deriva della lotta armata è da collocare nel filone culturale della “Resistenza tradita”, impersonata dai due esponenti comunisti citati, convinti che la lotta partigiana non si sarebbe dovuta fermare con la sconfitta del nazifascismo. Essi si sentivano traditi dal compromesso successivo raggiunto, alla fine della seconda guerra mondiale, da Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti, per cui sotterrarono momentaneamente le armi. In Cecoslovacchia, per evitare le conseguenze penali, si rifugiarono molti partigiani della Volante rossa che si distinsero per le loro azioni cruente; trovarono ospitalità a Radio Praga. Nel nostro libro, uno dei capi delle Br, Alberto Franceschini, spiega questo suo retroterra ideologico di giovane comunista che esce, deluso, dal Pci.  

Le Br nascono e dissotterrano prontamente le armi quando, sul finire degli anni ’60, Aldo Moro ed Enrico Berlinguer parvero aggiornare la formula politica di De Gasperi e Togliatti. In questa fase avviene la saldatura tra Franceschini e giovani come Renato Curcio e Mara Cagol, i quali nel 1966 occuparono la Facoltà di sociologia dell’Università di Trento; e un caporeparto di fabbrica come Mario Moretti matura la scelta della lotta di classe come azione unica. Questo magma antagonista divenuto eversivo nel 1970 ebbe in Giangiacomo Feltrinelli il suo “ministro degli Esteri”. Egli fu un agente di influenza per conto del Patto di Varsavia e dell’Internazionale socialista: parlava cinque lingue, era a capo dell’influentissima e omonima casa editrice ed era in possesso di risorse economico-finanziarie illimitate. Feltrinelli voleva creare un fronte unico destabilizzante di estrema sinistra. La morte – un’operazione di false flag – lo sorprese a Segrate, il 14 marzo 1972.

Le Br subirono le infiltrazioni dell’Arma dei carabinieri. Due sono da segnalare: Silvano Girotto detto “frate Mitra” (che l’8 settembre 1974 portò all’arresto di Franceschini e Curcio a Pinerolo) e il paracadutista Francesco Marra. Intorno al 1974 il Mossad avvicinò le Br, interessato a un’azione di disturbo contro la politica filo-palestinese dello Stato italiano, ma le Br si ritrassero. 

Il cosiddetto “terrorismo nero” non è stato soprattutto proteso ad attaccare lo Stato democratico ed antifascista, come ancora oggi si crede. Questa “mascherata” è stata creata dagli uffici preposti alla disinformazione dei servizi segreti. Va sostituita con quella di una estrema destra che – in larga misura – partecipò con un ruolo subalterno alla strategia della tensione. Essa fu uno strumento operativo all’interno di un conflitto sovranazionale che doveva fare dell’Italia il pilastro dell’Alleanza atlantica nel Mediterraneo, una democrazia autoritaria capace di domare il Pci: obiettivo raggiunto. Due strutture come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale sono paradigmatici in tal senso, anche se diversi erano gli ruoli a cui erano adibite. La prima compagine conduce sempre ai Carabinieri ed al servizio militare, mentre la seconda all’Uar di Umberto Federico D’Amato. Pino Rauti e i suoi uomini erano organici agli apparati repressivi dello Stato, con i quali ebbero fattiva e continua collaborazione, oltre che cospicui finanziamenti. Lo dimostrano vicende quali il convegno al Parco dei Principi del maggio ‘65, l’opuscolo Le mani rosse sulle Forze Armate, e i Nuclei di Difesa dello Stato. Se On fu parte integrante della flotta regolare dello Stato, An fu una nave irregolare che, talvolta, ebbe la patente per la “guerra da corsa”, come dimostra l’operazione Manifesti cinesi, con la quale nel biennio 1965-66 l’Uar di D’Amato volle infiltrare il Partito Comunista d’Italia marxista-leninista; Stefano Delle Chiaie ne fu protagonista.

Dunque, gli “opposti estremismi”, tanto cari al prefetto D’Amato e ai vertici della Dc, sono esistiti: il primo ha agito contro lo Stato ed il potere politico, il secondo anche e soprattutto per conto dello Stato anticomunista.”

  • Tornano ricorrenti, anche sulla grande stampa, gli avvertimenti di Kissinger a Moro. Cosa sappiamo e cosa ancora non sappiamo dell’omicidio Moro?

“In verità, a svelare l’avvertimento di Kissinger a Moro fu Giovanni Galloni, suo stretto collaboratore che lo accompagnò in quel viaggio. Lo ha rilevato il figlio economista Nino alla presentazione di The masquerade a Palazzo Velli, il 16 febbraio. L’avvertimento, in realtà, era dovuto a quella crescita economica espansiva dell’Italia sgradita agli alleati (o dovremmo chiamarli padroni?), ancor più del compromesso storico che verrà a maturazione tre anni dopo, quando il ruolo Kissinger diminuirà di peso. Tra tutti, sono tre gli aspetti non chiariti del delitto Moro: l’identità di chi uccise colui che stava per diventare Presidente della Repubblica il 9 maggio ‘78, cosa conteneva l’intero carteggio da lui steso durante la prigionia e chi detiene la parte occultata.

Non si conosce l’esatta composizione del commando che operò in via Fani e questo per la naturale compartimentazione attiva delle Br. Nel libro indichiamo in modo inequivocabile i nomi e i cognomi di coloro che, con ogni probabilità, attuarono il sequestro del politico di Maglie il 16 marzo 1978. La loro colonna di appartenenza era la preferita da Moretti per la sua indiscutibile capacità e preparazione militare. Conosciamo ed indichiamo, facendoli emergere per la prima volta dal cono d’ombra, i nomi, i cognomi e i ruoli di due signori che allora erano ai massimi vertici del potere Usa. Uno era il Comandante supremo della Nato in Europa dal 1974 al 1979, l’altro era il suo Consigliere particolare. Entrambi esercitarono una grossa influenza sul cosiddetto “partito della fermezza”. Addirittura, il Consigliere particolare diverrà collaboratore di Renzi come consulente per la sua politica estera.

Conosciamo e indichiamo la sorgente dell’operazione Fritz, i cui discepoli segnaliamo: l’Hyperion di Corrado Simioni e Potere Operaio di Franco Piperno, che si divisero le spoglie del suo progetto egemonico.

Indichiamo, per la prima volta, che la colonna romana delle Br è stata commissariata durante il sequestro, perché lo fu e da chi.

The masquerade pubblica due lettere di Bettino Craxi spedite ai vertici dello Stato italiano nell’autunno 1993, poco prima di fuggire all’estero. Con tanto di date, nomi e fatti, esse spiegano inequivocabilmente perché nessun esponente del Psi occupò mai la carica di Ministro dell’Interno nell’ultimo decennio della Guerra fredda.

Pubblichiamo un clamoroso inedito, ignorato da cinque processi Moro, da due Commissioni parlamentari Moro, dalle Commissioni Anselmi, Mitrokhin e Pellegrino nonché dall’intera morologia. Si tratta di un distintivo militare statunitense trovato dalla Questura di Roma nel covo di via Gradoli 96 il 18 aprile 1978, il giorno prima del rientro di Napolitano dal misterioso viaggio negli Usa. È il reperto n.°731 del verbale di sequestro della Questura.

Fissiamo le coordinate del “partito della fermezza” nato durante i 55 giorni. Unicum senza precedenti né continuatori, esso aveva un obiettivo ben preciso: preservare il bipolarismo di Yalta, come scrisse nel 2018 il socialista Rino Formica in una lettera inviata a Gero Grassi – membro della Commissione d’inchiesta sul rapimento di via Fani -, da noi pubblicata a chiusura del libro. E raccontiamo l’inedito di un’idea di trattativa nata e morta in 24 ore.

Segnaliamo, ricostruendola, la Rete internazionale che intervenne subito dopo gli eventi per soccorrere i brigatisti.”

  • “L’Italia di Moro” e “L’Italia dopo Moro”. Possiamo fare un confronto tra questi due periodi storici dal punto di vista politico, economico e geopolitico?

“Certo. Durante i 55 giorni si fronteggiarono le sentinelle dell’ordine di Yalta e gli esploratori di un nuovo mondo multipolare mondiale post Guerra fredda. I guardiani di Yalta erano la Dc e il Pci, gli esploratori di un’alternativa furono Moro e il Psi craxiano; questi ultimi dovettero soccombere.

Dal punto di vista politico, nell’Italia di Moro teneva banco il “compromesso storico” tra la Dc e il Pci. La mascherata vuole che quella formula politica indicasse la volontà di Moro di voler portare i comunisti al governo, ma nel governo Andreotti della “non sfiducia” – che proprio il 16 marzo 1978 fu inaugurato – non c’era né un ministro né un sottosegretario comunista. Moro voleva portare il Pci non al governo, ma nell’area di governo, per neutralizzarlo a medio-lungo termine. Un disegno sottile e stabilizzante: negli ultimi due anni della sua vita Moro fu il negoziatore di una tregua armata, più che il creatore di nuovi equilibri sul punto di concretizzarsi. Lo sapeva anche Berlinguer, che in una lettera su “Rinascita” del 13 ottobre 1973, si mostrò consapevole dell’impossibilità – per le forze di sinistra italiane – di governare.

Dal punto di vista economico e industriale, negli anni ’70 l’Italia superò l’Inghilterra e si avvicinò alla Francia; dal punto di vista manifatturiero impensierì la Germania. Nel 1971 si sganciò la moneta dall’oro e questo rese possibile gli aumenti salariali, la spartizione dei profitti di produttività. Aumentarono i consumi, le vendite e il valore delle imprese. Oggi tutto ciò è finito nel dimenticatoio. Il livello di consapevolezza odierno delle imprese è ridotto al profitto annuale: un orizzonte da cortile. Più in generale, il trentennio 1945-1975 fu segnato dall’applicazione delle teorie di politica economica keynesiane, che in Europa portarono al riconoscimento dei redditi individuali contemporaneamente all’estensione degli istituti della sicurezza sociale. Il crollo dell’Urss potenziò quella reazione neoliberista iniziata con Thatcher e Reagan che oggi è giunta all’apice con le sue immonde sperequazioni. La svendita del patrimonio pubblico italiano, iniziata contemporaneamente alle stragi del 1992, si inserisce in questo processo.

Dal punto di vista geopolitico, nell’Italia di Moro vigeva l’omonimo “Lodo”, intestato al politico di Maglie nonostante non fosse riferibile solo alla sua figura. Non si trattò di un trattato diplomatico divulgato e controfirmato dai contraenti, ma di un modus vivendi inviso soprattutto agli israeliani, dato che l’Italia consentiva ai palestinesi dell’Fplp libertà di movimento sul suo territorio nazionale in cambio della mancata attuazione di attentati nella penisola, ad eccezione degli interessi americani e israeliani. 

Dopo la fine di Moro, Giulio Andreotti e Bettino Craxi condussero una saggia politica estera, che sostanzialmente proseguiva nel solco tracciato da Moro con l’omonimo “Lodo”. Pur non pensando di far uscire l’Italia dalla Nato, quello di Andreotti e Craxi fu un atlantismo non servile agli Stati Uniti. Senza rievocare il noto caso di Sigonella, basti pensare alle forti relazioni andreottiane con l’Unione Sovietica – che portarono il politico democristiano ad essere il primo ministro degli Esteri occidentale ad essere ricevuto dal Cernenko a Mosca dopo la morte di Andropov il 23 aprile 1984 – e alla la politica mediterranea, mediorientale ed africana. È particolarmente significativa la gestione oculata del Corno d’Africa e della guerra in Libano, che spinse l’Italia ad assumere una posizione equilibrata nel perdurante conflitto arabo-israeliano. Linea strategica purtroppo morta e sepolta dal 1994 in avanti, con il riposizionamento dell’Italia sotto l’ombrello Nato-Israele: una deriva autolesionista palesatasi con la guerra russo-ucraina e il dramma israelo-palestinese.”

  • Qual è stato il ruolo di Gladio nel dopoguerra italiano?

“Il governo italiano, insieme ai servizi segreti e ai militari, collaborò strettamente con la Nato e con la Cia per istituire la rete segreta Stay behind, l’esistenza e la portata esatta della quale rimasero sconosciute a buona parte dei vertici politici della Prima Repubblica. Gladio fu ufficializzata nel novembre 1956 dal ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani, ma le sue prime filiere erano attive già durante gli anni della Resistenza. Crollato il fascismo con il colpo di Stato istituzionale del 25 luglio 1943, si palesò un nemico molto più temibile per le democrazie occidentali, appena affacciatosi sulla scena politica italiana: il comunismo. E il Pci divenne il principale nemico da combattere e da battere, nonostante avesse rinunciato – per ordine di Stalin, nel marzo 1948 – ad ogni velleità rivoluzionaria, adeguandosi alle regole della democrazia parlamentare La struttura fu, dunque, adibita alla guerra politica. Inizialmente nata come una misura difensiva in vista di un’offensiva proveniente da Est, si riconfigurò come elemento di una più ampia strategia di contenimento del comunismo in Europa. E dato che il Pci era il più forte partito comunista d’Occidente, i 622 soggetti dichiarati appartenenti a Gladio erano – in realtà – molti di più.  

In merito a Gladio, The masquerade ricostruisce un’epoca e mostra la non casualità della presenza di molte basi di Gladio nel Triveneto. In quel territorio Feltrinelli possedeva una lunghissima striscia di terra, che dall’Italia giungeva addirittura fino in Cecoslovacchia, passando per l’Austria. Si chiamava “Base rossa”, godeva di extraterritorialità e il libro spiega di cosa si trattava. Quando Moro venne rapito, la stampa francese annunciò che la Nato aveva indetto lo stato di massima allerta, proprio per i segreti di carattere militare che Moro deteneva. Nella parte del Memoriale Moro scoperta nell’ottobre del 1990 – in concomitanza con le rivelazioni di Andreotti in merito – Moro ammetteva l’esistenza di strutture antiguerriglia: un passaggio che le Br nascondono, sostenendo di non averlo capito. Mentono e The masquerade mostra il perché. A un dato punto, l’ostaggio del sequestro Moro divenne doppio: oltre allo statista democristiano, fu motivo di contesa anche la documentazione “sensibile” – il memoriale completo – in mano alle Br, tra cui c’era, con ogni probabilità, anche Gladio.”

  • Dopo l’89 la caduta del Muro di Berlino e dell’Urss arriva Tangentopoli. Craxi e la nomenclatura Dc vengono travolti. Come si può analizzare quel periodo senza stereotipi e preconcetti?

“Avvalendosi del metodo storico, per il quale la storia è sempre la risultante di azioni intersoggettive. 

Nel 1994 arriva al potere Silvio Berlusconi, su input decisivo del sodale Marcello Dell’Utri, colui che nel 1992 aveva creato Forza Italia. Entrambi erano, all’epoca, visti favorevolmente dagli Usa. Il primo era un piduista e un anticomunista viscerale, mentre pochi sanno che il padre di Dell’Utri era stato dirigente della Squibb di Palermo, veste nella quale ebbe voce in capitolo nella gestione dei fondi del Piano Marshall per la Sicilia del dopoguerra.

In merito alla fine del pentapartito, i motivi sono molteplici. Innanzitutto, la fase storica che portò al crollò del regime iniziò nel 1987, anno in cui nacquero una serie di fili che cinque anni più tardi si legheranno come un cappio al collo della classe politica. Nel luglio di quell’anno entrò in vigore l’Atto Unico istitutivo del “grande mercato europeo” la cui piena attuazione era prevista nel 1992, quando il trattato di Maastricht prospetterà la nascita dell’Euro. L’atto prevedeva, inoltre, la possibilità per qualsiasi azienda europea di partecipare a gare d’appalto per i lavori pubblici in ciascun Paese dell’Ue, circostanza per la quale l’imprenditoria valutò economicamente inaccettabile la prassi tangentizia, dominante fino ad allora. Nelle elezioni politiche dell’87, la Lega Lombarda ottenne per la prima volta un seggio al Senato. Sarà uno dei fattori trainanti nella crisi del 1992-93, mentre la Liga Veneta confermava il successo delle precedenti elezioni. Contemporaneamente, a Palermo Cosa Nostra riversò i suoi voti sul Psi e i Radicali per mandare un segnale alla Dc, dalla quale si riteneva tradita per l’esito del maxiprocesso, conclusosi con una grandinata di condanne, proprio quell’anno. Dunque iniziò ad incrinarsi il rapporto fra la Dc ed alcuni suoi tradizionali serbatoi elettorali come l’alta Lombardia, il Veneto e la Sicilia. E il Pci era all’angolo, senza credibili progetti di alleanze e in continuo declino elettorale.

In quel periodo riemerse il fondo limaccioso delle indagini per strage: la Corte d’Assise di Venezia condannò in primo grado i responsabili della strage di Peteano, insieme a diversi ufficiali dei Cc colpevoli di depistaggio. Contemporaneamente rientrava in Italia Stefano Delle Chiaie e prese avvio la prima commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi. Fatti che porteranno, due anni più tardi, al caso Gladio che, insieme alle indagini su Cosa Nostra e su Tangentopoli, costituirà il tridente che trafisse il regime. Anche il Parlamento contribuì a porre le premesse del crollo di sistema. Nel 1989 entrò in vigore il nuovo codice di procedura penale, che sostituì il rito accusatorio al precedente rito inquisitorio. Questo comportò un’attività più irruenta della Procura nella fase istruttoria, soprattutto grazie all’eliminazione della figura del giudice istruttore. Il passaggio al rito accusatorio si rivelò uno degli elementi decisivi nella stagione di “Mani Pulite”. “

  • Qual è stata l’influenza atlantica per la destra italiana – Msi e derivati – dal dopoguerra a Giorgia Meloni?

“Più che un’influenza o un condizionamento diretto, si trattò di una conduzione approvata e sottoscritta dai diretti interessati. Anche oggi.

Nel dopoguerra esisteva una complessità interna all’Msi in merito all’atlantismo: il neofascismo aveva al suo interno un filone vagheggiante un’Europa spiritualista e antiamericana, sulla scia di un pensatore radicale come Julius Evola. Gli Usa avevano imposto in Italia e in tutto l’Occidente l’impero demo-pluto-massonico. La democrazia, ecco il nemico, si intitolava un libretto di Rauti ancora nel 1952. Il partito si oppose alla ratifica del Patto Atlantico nel 1949. 

Ma la linea ufficiale del Msi cambiò nei primi anni ‘50. Soffiavano i venti della Guerra fredda e prevarrà da allora, sostanzialmente sempre, un piatto anticomunismo che difese la collocazione atlantica dell’Italia, come dimostrato dagli indirizzi pubblici di Giorgio Almirante prima e di Gianfranco Fini poi. Fedelissimi agli Usa, i missini si sono distinti nella lotta contro il comunismo ponendosi anche come braccio armato al servizio dello Stato italiano e dei suoi alleati internazionali nella speranza di essere, un giorno, premiati per il loro impegno e chiamati a far parte dell’area governativa. Un obiettivo che hanno raggiunto. L’ Msi riassunse una storia per metà visibile e per metà invisibile. Offrì un seggio parlamentare a soggetti come Junio Valerio Borghese (protagonista del tentato golpe del 1970), Sandro Saccucci (deputato arrestato per il golpe Borghese), Vito Miceli (direttore del Sid, il servizio segreto militare negli anni cruciali di piazza Fontana e dei tentati golpe Borghese e Rosa dei venti), Giovanni De Lorenzo (generale del Piano Solo 1964), Mario Tedeschi (senatore indicato dalla sentenza di primo grado dell’aprile 2022 tra i mandanti della strage di Bologna), e Gino Birindelli (ex ammiraglio e senatore iscritto alla P2). Anche Caradonna, Miceli, Saccucci e Tedeschi erano piduisti di un Msi formalmente anti-massonico.  

Senza dover ricordare passaggi come le direzioni nazionali, i congressi o le tesi di Fiuggi, da parte della destra non vi sono stati cambi di postura circa il posizionamento internazionale dell’Italia. Non deve sorprendere che l’ex missina che oggi siede a Palazzo Chigi, dietro il suo sovranismo di facciata, abbia graniticamente appiattito la politica estera italiana alle direttive Nato. Da un trentennio l’Italia è governata ininterrottamente da un monocolore neoliberale atlantista: il peggior periodo vissuto dal Paese dal 1861, salvo i periodi di guerra.”

  • The masquerade avrà un sequel?

“Sì. I nuclei tematici che saranno sviluppati sono tre. Il primo si paleserà in un testo di controinformazione documentata e inedita che, partendo dalla strage di Portella della Ginestra e attraversando tutti i più importanti avvenimenti della strategia della tensione in Italia, approderà all’eccidio di Bologna. Gli avvenimenti verranno rivisti in una luce diversa e tenuta sinora in ombra. Il secondo nucleo sarà un’edizione speciale che entrerà in profondità negli accadimenti degli anni di piombo, dando voce ai suoi veri protagonisti. Il terzo sarà dedicato a Blue moon, un’operazione che portò alla diffusione della droga pesante prima presso le giovani generazioni americane e poi verso l’Europa. Collegò i servizi segreti, il narcotraffico e il terrorismo di Stato. Grazie a oltre 300 pagine desecretate dagli Usa si illustrerà la lotta dell’Autonomia operaia contro lo spaccio delle droghe pesanti in Italia.” 

Di Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org

05.03.2024

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