Alex Vershinin – Royal United Services Institute – 18 marzo 2024
Le guerre di logoramento richiedono una propria “arte della guerra” e sono combattute con un approccio “centrato sulla forza”, a differenza delle guerre di manovra che sono “focalizzate sul terreno”. Esse si basano su una massiccia capacità industriale che consente di rimpiazzare le perdite, su una profondità geografica che consente di assorbire una serie di sconfitte e su condizioni tecnologiche che impediscono un rapido movimento di terra. Nelle guerre di attrito, le operazioni militari sono determinate dalla capacità di uno Stato di sostituire le perdite e di generare nuove formazioni, non dalle manovre tattiche e operative. È più probabile che vinca la parte che accetta la natura della guerra di logoramento e si concentra sulla distruzione delle forze nemiche piuttosto che sulla conquista del terreno.
L’Occidente non è preparato a questo tipo di guerra. Per la maggior parte degli esperti occidentali, la strategia del loforamento è controintuitiva. Storicamente, l’Occidente ha [sempre] preferito lo scontro breve “chi vince prende tutto” di eserciti professionali. Le recenti simulazioni di guerra, come quella del CSIS su Taiwan, prevedevano un mese di combattimenti; la possibilità che la guerra prosegua non è mai stata presa in considerazione. Questo riflette un atteggiamento comune dell’Occidente. Le guerre di logoramento sono trattate come eccezioni, da evitare a tutti i costi e in genere frutto dell’inettitudine dei leader. Sfortunatamente, le guerre tra potenze più o meno pari sono verosimilmente di logoramento, in virtù dell’ampia disponibilità di risorse per rimpiazzare le perdite iniziali. La natura di attrito del combattimento, compresa l’erosione della professionalità dovuta alle perdite, livella il campo di battaglia indipendentemente dall’esercito che ha iniziato con forze meglio addestrate. Quando il conflitto si trascina, la guerra viene vinta dalle economie, non dagli eserciti. Gli Stati che si rendono conto di questo e combattono una guerra di questo tipo, con una strategia di logoramento volta a esaurire le risorse del nemico preservando le proprie, hanno maggiori probabilità di vincere. Il modo più rapido per perdere una guerra di logoramento è concentrarsi sulla manovra, spendendo risorse preziose per obiettivi territoriali a breve termine. Riconoscere che le guerre di logoramento hanno un’arte propria è fondamentale per vincerle senza subire perdite paralizzanti.
La dimensione economica
Le guerre di logoramento sono vinte dalle economie che consentono la mobilitazione di massa dei militari attraverso i propri settori industriali. Durante un conflitto di questo tipo gli eserciti si espandono rapidamente, richiedendo quantità massicce di veicoli blindati, droni, prodotti elettronici ed altre attrezzature da combattimento. Poiché gli armamenti di fascia alta sono molto complessi da produrre e consumano ingenti risorse, per vincere è indispensabile una combinazione di forze e armi di fascia alta e bassa.
Le armi di fascia alta hanno prestazioni eccezionali, ma sono difficili da produrre, soprattutto quando sono necessarie per armare un esercito rapidamente mobilitato e soggetto a un alto tasso di logoramento. Ad esempio, durante la Seconda guerra mondiale i Panzer tedeschi erano carri armati superbi, ma utilizzando all’incirca le stesse risorse produttive, i sovietici producevano otto [carri] T-34 per ogni Panzer tedesco. La differenza di prestazioni non giustificava la disparità numerica della produzione. Armi di alto livello richiedono anche truppe di alto livello, il cui addestramento richiede molto tempo, tempo che non è disponibile in una guerra con alti tassi di logoramento.
È più facile e veloce produrre un gran numero di armi e munizioni a basso costo, soprattutto se i loro sottocomponenti sono intercambiabili con prodotti civili, garantendo una quantità di massa senza l’espansione delle linee di produzione. Le nuove reclute, inoltre, assorbono più velocemente le armi più semplici, consentendo una rapida generazione di nuove formazioni o la ricostituzione di quelle esistenti.
Per le economie occidentali di fascia alta è difficile raggiungere la massa. Per raggiungere l’iper-efficienza, esse eliminano la capacità in eccesso e faticano a espandersi rapidamente, soprattutto perché le industrie di livello inferiore sono state trasferite all’estero per motivi economici. Durante le guerre, le catene di approvvigionamento globali vengono interrotte e non è più possibile assicurare l’approvvigionamento dei sottocomponenti. A questo problema si aggiunge la mancanza di una forza lavoro qualificata con esperienza in un determinato settore. Queste competenze si acquisiscono nel corso di decenni, e una volta che un’industria viene chiusa ci vogliono decenni per ricostruirla. Il rapporto interagenzie del governo statunitense del 2018 sulla capacità industriale degli Stati Uniti ha evidenziato questi problemi. La conclusione è che l’Occidente deve considerare con attenzione la possibilità di garantire un eccesso di capacità in tempo di pace nel suo complesso industriale militare, o rischia di perdere la prossima guerra.
Generazione di forza
La produzione industriale esiste per essere incanalata nella sostituzione delle perdite e nella generazione di nuove formazioni. Ciò richiede un’adeguata dottrina e strutture di comando e controllo. Esistono due modelli principali: la NATO (la maggior parte degli eserciti occidentali) e il vecchio modello sovietico, con la maggior parte degli Stati che si collocano approssimativamente nel mezzo.
Gli eserciti della NATO sono altamente professionali, sostenuti da un forte corpo di sottufficiali, con una vasta formazione ed esperienza militare in tempo di pace. Sulla base di questa professionalità, la dottrina militare (fondamenti, tattiche e tecniche) pone l’accento sull’iniziativa individuale, delegando un ampio margine di manovra ai giovani ufficiali e sottufficiali. Le formazioni della NATO godono di un’enorme agilità e flessibilità per sfruttare le opportunità su un campo di battaglia dinamico.
In una guerra di attrito, questo metodo ha un rovescio della medaglia. Gli ufficiali e i sottufficiali necessari per eseguire questa dottrina richiedono un addestramento approfondito e, soprattutto, esperienza. La formazione di un sottufficiale dell’esercito americano richiede anni. Un caposquadra ha generalmente almeno tre anni di servizio e un sergente di plotone almeno sette. In una guerra di logoramento caratterizzata da pesanti perdite, non c’è semplicemente il tempo di sostituire i sottufficiali persi o di crearne per nuove unità. L’idea che si possa dare ai civili un corso di formazione di tre mesi, un gallone da sergente e poi aspettarsi che si comportino come un veterano di sette anni è una ricetta per il disastro. Solo il tempo può generare leader in grado di eseguire la dottrina della NATO, e il tempo è una cosa che le massicce richieste di una guerra di attrito non consentono.
L’Unione Sovietica ha costruito il suo esercito per un conflitto su larga scala con la NATO. Doveva essere in grado di espandersi rapidamente richiamando riserve massicce. Tutti i maschi dell’Unione Sovietica avevano seguito un addestramento di base di due anni, subito dopo la scuola superiore. Il costante ricambio del personale arruolato impediva la creazione di un corpo di sottufficiali di tipo occidentale, ma generava un massiccio bacino di riserve semi-addestrate disponibili in tempo di guerra. L’assenza di sottufficiali affidabili ha creato un modello di comando incentrato sugli ufficiali, meno flessibile di quello della NATO, ma più adattabile all’espansione su larga scala richiesta dalla guerra tradizionale.
Tuttavia, quando la guerra supera il limite di un anno, le unità di prima linea acquisiscono esperienza ed è probabile che emerga un corpo di sottufficiali migliore, che conferisce al modello sovietico una maggiore flessibilità. Nel 1943, l’Armata Rossa aveva sviluppato un robusto corpo di sottufficiali, che è poi scomparso dopo la Seconda guerra mondiale con la smobilitazione delle formazioni combattenti. Una differenza fondamentale tra i due modelli è che la dottrina NATO non può funzionare senza sottufficiali di alto livello. La dottrina sovietica era arricchita da sottufficiali esperti, ma non li richiedeva.
Invece di una battaglia decisiva ottenuta con manovre rapide, la guerra di attrito si concentra sulla distruzione delle forze nemiche e della loro capacità di rigenerare la potenza di combattimento, preservando al contempo le proprie forze.
Il modello più efficiente è una miscela dei due, in cui uno Stato mantiene un esercito professionale di medie dimensioni, insieme a una massa di soldati di leva disponibili per la mobilitazione. Questo porta direttamente ad una combinazione di fascia alta/bassa. Le forze professionali prebelliche costituiscono la fascia alta di questo esercito, diventando brigate di fuoco che si spostano da un settore all’altro in battaglia per stabilizzare la situazione e condurre attacchi decisivi. Le formazioni di fascia bassa mantengono la linea e acquisiscono esperienza lentamente, aumentando la loro qualità fino a raggiungere la capacità di condurre operazioni offensive. La vittoria si ottiene creando formazioni di fascia bassa della massima qualità possibile.
Per trasformare le nuove unità in soldati in grado di combattere, anziché in folle di civili, è necessario l’addestramento e l’esperienza di combattimento. Una nuova formazione deve addestrarsi per almeno sei mesi, e solo se è composta da riservisti con un precedente addestramento individuale. I soldati di leva richiedono più tempo. Queste unità dovrebbero anche avere soldati e sottufficiali professionisti portati dall’esercito prebellico per aggiungere professionalità. Una volta completato l’addestramento iniziale, dovrebbero essere immessi in battaglia solo in settori secondari. Nessuna formazione dovrebbe scendere al di sotto del 70% della forza. Il ritiro anticipato delle formazioni permette di far proliferare l’esperienza tra i nuovi rimpiazzi, mentre i veterani trasmettono le loro abilità. In caso contrario, si perde esperienza preziosa, facendo ricominciare il processo da capo. Un’altra implicazione è che le risorse dovrebbero dare priorità ai rimpiazzi rispetto alle nuove formazioni, preservando il vantaggio di combattimento sia nell’esercito prebellico (alto) che nelle formazioni di recente costituzione (basso). Al fine di aumentare la qualità iniziale è consigliabile sciogliere diverse formazioni prebelliche (di fascia alta) per distribuire i soldati professionisti tra le nuove formazioni di fascia bassa,.
La dimensione militare
Le operazioni militari in un conflitto di logoramento sono molto diverse da quelle di una guerra di manovra. Invece di una battaglia decisiva ottenuta con una manovra rapida, la guerra di attrito si concentra sulla distruzione delle forze nemiche e della loro capacità di rigenerare la potenza di combattimento, preservando al contempo le proprie. In questo contesto, una strategia di successo accetta che la guerra duri almeno due anni e sia suddivisa in due fasi distinte. La prima fase va dall’inizio delle ostilità al punto in cui è stata mobilitata una potenza di combattimento sufficiente a consentire un’azione decisiva. La strategia prevede pochi spostamenti di posizione sul terreno, concentrandosi su uno scambio favorevole di perdite e sull’accumulo di potenza di combattimento nelle retrovie. La forma di combattimento dominante è il fuoco piuttosto che la manovra, integrata da estese fortificazioni e mimetizzazioni. L’esercito in tempo di pace inizia la guerra e conduce azioni di mantenimento, dando il tempo di mobilitare le risorse e addestrare il nuovo esercito.
La seconda fase può iniziare dopo che una delle parti ha soddisfatto le seguenti condizioni.
- Le forze appena mobilitate hanno completato l’addestramento e acquisito un’esperienza sufficiente a renderle formazioni efficienti in combattimento, capaci di integrare rapidamente tutti i propri mezzi in modo coeso.
- La riserva strategica del nemico è esaurita e non è in grado di rinforzare il settore minacciato.
- Viene raggiunta la superiorità di fuoco e di ricognizione, consentendo all’attaccante di ammassare efficacemente il fuoco su un settore chiave, negando al nemico la stessa possibilità.
- Il settore industriale del nemico viene degradato al punto da non essere in grado di rimpiazzare le perdite subite sul campo di battaglia. Nel caso in cui si combatta contro una coalizione di Paesi, anche le loro risorse industriali devono essere esaurite o almeno tenute in considerazione.
Solo dopo aver soddisfatto questi criteri dovrebbero iniziare le operazioni offensive. Esse devono essere lanciate su un ampio fronte, cercando di sopraffare il nemico in più punti con attacchi non in profondità. L’intento è quello di rimanere all’interno di una bolla stratificata di sistemi protettivi amichevoli, mentre si estendono le riserve nemiche esaurite fino al collasso del fronte. Solo allora l’offensiva dovrebbe estendersi verso obiettivi più profondi nelle retrovie nemiche. La concentrazione delle forze su un unico sforzo principale deve essere evitata, in quanto fornisce un’indicazione della posizione dell’offensiva e un’opportunità per il nemico di concentrare le proprie riserve contro questo punto chiave. L’offensiva Brusilov del 1916, che portò al crollo dell’esercito austro-ungarico, è un buon esempio di offensiva di atrito di successo a livello tattico e operativo. Attaccando lungo un ampio fronte, l’esercito russo impedì agli austro-ungarici di concentrare le proprie riserve, provocando un crollo lungo tutto la linea. A livello strategico, invece, l’offensiva di Brusilov è un esempio di fallimento. Le forze russe non riuscirono a porre le condizioni contro l’intera coalizione nemica, concentrandosi solo sull’Impero austro-ungarico e trascurando le capacità tedesche. I russi spesero risorse cruciali che non poterono sostituire, senza sconfiggere il membro più forte della coalizione. Per ribadire il punto chiave, un’offensiva avrà successo solo quando saranno soddisfatti i criteri fondamentali. Tentare di lanciare un’offensiva prima del tempo comporterà perdite senza alcun guadagno strategico, facendo direttamente il gioco del nemico.
Guerra moderna
Il campo di battaglia moderno è un sistema integrato di sistemi che comprende vari tipi di guerra elettronica (EW), tre tipi fondamentali di difese aeree, quattro diversi tipi di artiglieria, innumerevoli tipi di aerei, droni da attacco e da ricognizione, ingegneri delle costruzioni e genieri, fanteria tradizionale, formazioni corazzate e, soprattutto, la logistica. L’artiglieria è diventata più pericolosa grazie all’aumento della gittata e al puntamento avanzato, ampliando la profondità del campo di battaglia.
In pratica, questo significa che è più facile ammassare il fuoco che le forze. La manovra in profondità, che richiede di ammassare la potenza di combattimento, non è più possibile perché qualsiasi forza ammassata sarà distrutta dal fuoco indiretto prima di poter ottenere un successo in profondità. Un’offensiva terrestre richiede invece una stretta bolla protettiva per respingere i sistemi d’attacco nemici. Questa bolla è generata dalla stratificazione di mezzi di controfuoco, di difesa aerea e di EW. Lo spostamento di numerosi sistemi interdipendenti è molto complicato e difficilmente avrà successo. Gli attacchi poco profondi lungo la linea avanzata delle truppe hanno maggiori probabilità di successo con un rapporto costi-benefici accettabile; i tentativi di penetrazione profonda saranno esposti al fuoco di massa nel momento in cui usciranno dalla protezione della bolla difensiva.
L’integrazione di questi mezzi che si sovrappongono richiede una pianificazione centralizzata e ufficiali di stato maggiore eccezionalmente preparati, capaci di integrare al volo più capacità. Ci vogliono anni per addestrare tali ufficiali e nemmeno l’esperienza di combattimento genera tali capacità in breve tempo. Le liste di controllo e le procedure obbligatorie possono alleviare queste carenze, ma solo su un fronte statico e meno complicato. Le operazioni offensive dinamiche richiedono tempi di reazione rapidi, che gli ufficiali semi-addestrati non sono in grado di eseguire.
Un esempio di questa complessità è l’attacco di un plotone di 30 soldati. Ciò richiederebbe sistemi EW per disturbare i droni nemici; un altro sistema EW per disturbare le comunicazioni nemiche impedendo la regolazione del fuoco nemico; e un terzo sistema EW per disturbare i sistemi di navigazione spaziale impedendo l’uso di munizioni guidate di precisione. Inoltre, gli attacchi a fuoco richiedono radar di controbatteria per sconfiggere l’artiglieria nemica. A complicare ulteriormente la pianificazione c’è il fatto che l’EW nemico localizzerà e distruggerà qualsiasi radar o emettitore EW amico che emetta per troppo tempo. Gli ingegneri (letterale nel testo, avrei utilizzato “sminatori”, N.d.T.) dovranno liberare i percorsi attraverso i campi minati, mentre i droni amici forniranno un supporto ISR e di fuoco strettamente legato al tempo, se necessario (questo compito richiede un grande addestramento con le unità di supporto per evitare di sganciare munizioni sulle truppe amiche che attaccano). Infine, l’artiglieria deve fornire supporto sia sull’obiettivo che nelle retrovie nemiche, colpendo le riserve e sopprimendone l’artiglieria. Tutti questi sistemi devono funzionare come una squadra integrata solo per supportare 30 uomini in diversi veicoli che attaccano altri 30 uomini o meno. La mancanza di coordinamento tra questi mezzi porterà ad attacchi falliti e a perdite terribili senza mai vedere il nemico. Con l’aumentare delle dimensioni delle formazioni che conducono le operazioni, aumentano anche il numero e la complessità dei mezzi che è necessario integrare.
Implicazioni per le operazioni di combattimento
Le azioni a fuoco in profondità – oltre 100-150 km (la gittata media dei razzi tattici) dietro la linea del fronte – mira ad annullare la capacità del nemico di generare potenza di combattimento. Si tratta di impianti di produzione, depositi di munizioni, centri di riparazione, infrastrutture energetiche e di trasporto. Particolarmente importanti sono gli obiettivi che richiedono capacità produttive significative e che sono difficili da sostituire/riparare, poiché la loro distruzione infliggerà danni a lungo termine. Come per tutti gli aspetti di una guerra di logoramento, sarà necessario perché questi attacchi abbiano effetto, con tempi che si aggirano intorno agli anni. I bassi volumi di produzione globale di munizioni di precisione a lungo raggio, le efficaci azioni di inganno e occultamento, le grandi scorte di missili antiaerei e la pura capacità di riparazione di Stati forti e determinati si combinano per prolungare i conflitti. Un’efficiente stratificazione delle difese aeree deve includere sistemi di fascia alta a tutte le quote, abbinati a sistemi più economici per contrastare le piattaforme d’attacco massicce di fascia bassa del nemico. Unitamente alla produzione su larga scala e a un’efficace EW, questo è l’unico modo per sconfiggere il fuoco in profondità del nemico.
La vittoria in una guerra di logoramento è assicurata da un’attenta pianificazione, dallo sviluppo della base industriale e dell’infrastruttura di mobilitazione in tempo di pace e da una gestione ancora più attenta delle risorse in tempo di guerra.
Il successo di una guerra di logoramento si concentra sulla conservazione della propria potenza di combattimento. Ciò si traduce solitamente in un fronte relativamente statico, interrotto da limitati attacchi locali per migliorare le posizioni, utilizzando l’artiglieria per la maggior parte dei combattimenti. La fortificazione e l’occultamento di tutte le forze, compresa la logistica, è la chiave per ridurre al minimo le perdite. Il lungo tempo necessario per costruire le fortificazioni impedisce un movimento significativo sul terreno. Una forza d’attacco che non riesce a trincerarsi rapidamente subirà perdite significative provocate dal fuoco dell’artiglieria nemica.
Le operazioni difensive permettono di guadagnare tempo per sviluppare formazioni da combattimento di basso livello, consentendo alle truppe appena mobilitate di acquisire esperienza in combattimento senza subire pesanti perdite in attacchi su larga scala. Lo sviluppo di formazioni da combattimento di basso livello con esperienza genera la capacità di future operazioni offensive.
Le fasi iniziali di una guerra di logoramento vanno dall’inizio delle ostilità al momento in cui le risorse mobilitate sono disponibili in gran numero e pronte per le operazioni di combattimento. Nel caso di un attacco di sorpresa, può essere possibile una rapida offensiva di una delle due parti finché il difensore non riesce a formare un fronte solido. Dopodiché, il combattimento si consolida. Questo periodo dura almeno un anno e mezzo o due anni. Durante questo periodo, sarebbe preferibile evitare le grandi operazioni offensive. Anche se i grandi attacchi hanno successo, causano perdite significative, spesso per guadagni territoriali insignificanti; un esercito non dovrebbe mai accettare una battaglia a condizioni sfavorevoli. In una guerra di resistenza, qualsiasi terreno che non abbia un centro industriale vitale è irrilevante. È sempre meglio ritirarsi e conservare le forze, indipendentemente dalle conseguenze politiche. Combattere su un terreno svantaggioso brucia le unità, perdendo soldati esperti che sono fondamentali per la vittoria. L’ossessione tedesca per Stalingrado nel 1942 è un esempio lampante di combattimento su un terreno sfavorevole per ragioni politiche. La Germania bruciò unità vitali che non poteva permettersi di perdere, solo per catturare una città che portava il nome di Stalin. È anche saggio spingere il nemico a combattere su terreni svantaggiosi attraverso operazioni informative, sfruttando obiettivi nemici politicamente sensibili. L’obiettivo è costringere il nemico a spendere riserve materiali e strategiche vitali in operazioni strategicamente insignificanti. Un’insidia fondamentale da evitare è quella di essere trascinati nella stessa trappola che è stata tesa al nemico. Nella Prima guerra mondiale, i tedeschi fecero proprio questo a Verdun, dove pianificarono di usare la sorpresa per conquistare un terreno chiave e politicamente sensibile, provocando costosi contrattacchi francesi. Sfortunatamente, i tedeschi caddero nella loro stessa trappola. Non riuscirono a conquistare subito un terreno chiave e difendibile e la battaglia si trasformò in una serie di costosi assalti di fanteria da parte di entrambi gli schieramenti, con il fuoco dell’artiglieria che devastava la fanteria attaccante.
Quando inizia la seconda fase, è necessario lanciare l’offensiva su un ampio fronte, cercando di sopraffare il nemico in più punti con attacchi poco profondi. L’intento è quello di rimanere all’interno della bolla stratificata di sistemi protettivi amici, allungando al contempo le riserve nemiche esaurite fino al collasso del fronte. Si verifica un effetto a cascata in cui una crisi in un settore costringe i difensori a spostare le riserve da un secondo settore, per poi generare una crisi a sua volta. Quando le forze iniziano a ritirarsi e ad abbandonare le fortificazioni preparate, il morale crolla, con l’ovvia domanda: “Se non riusciamo a tenere la mega-fortezza, come possiamo tenere queste nuove trincee?“. La ritirata si trasforma quindi in rotta. Solo allora l’offensiva dovrebbe estendersi verso obiettivi più profondi nelle retrovie nemiche. L’offensiva degli Alleati nel 1918 ne è un esempio. Gli Alleati attaccarono lungo un ampio fronte, mentre i tedeschi non avevano risorse sufficienti per difendere l’intera linea. Una volta che l’esercito tedesco iniziò a ritirarsi, fu impossibile fermarlo.
La strategia di logoramento, incentrata sulla difesa, è controintuitiva per la maggior parte degli ufficiali occidentali. Il pensiero militare occidentale considera l’offensiva come l’unico mezzo per raggiungere l’obiettivo strategico decisivo di costringere il nemico a venire al tavolo delle trattative a condizioni sfavorevoli. La pazienza strategica necessaria per creare le condizioni per un’offensiva si scontra con l’esperienza di combattimento acquisita nelle operazioni di controinsurrezione all’estero.
Conclusione
La condotta delle guerre attrito è molto diversa da quella delle guerre di manovra. Durano più a lungo e finiscono per mettere alla prova la capacità industriale di un Paese. La vittoria è assicurata da un’attenta pianificazione, dallo sviluppo della base industriale e dallo sviluppo delle infrastrutture di mobilitazione in tempo di pace, e da una gestione ancora più attenta delle risorse in tempo di guerra.
La vittoria si ottiene analizzando attentamente i propri obiettivi politici e quelli del nemico. La chiave è riconoscere i punti di forza e di debolezza dei modelli economici concorrenti e identificare le strategie economiche che hanno maggiori probabilità di generare il massimo delle risorse. Queste risorse possono poi essere utilizzate per costruire un esercito massiccio utilizzando la combinazione di forza e armi di fascia alta/bassa. La condotta militare della guerra è guidata da obiettivi strategici politici generali, realtà militari e limiti economici. Le operazioni di combattimento non si svolgono in profondità e si concentrano sulla distruzione delle risorse nemiche, non sulla conquista del terreno. La propaganda è usata per sostenere le operazioni militari, non viceversa. Con pazienza e un’attenta pianificazione, è possibile vincere una guerra.
Purtroppo, molti in Occidente sono convinti che i conflitti futuri saranno brevi e decisivi. Questo non è vero proprio per le ragioni sopra descritte. Anche le medie potenze globali hanno sia la geografia che la popolazione e le risorse industriali necessarie per condurre una guerra di logoramento. Pensare che una grande potenza si tirerebbe indietro in caso di sconfitta militare iniziale è un’illusione. Qualsiasi conflitto tra grandi potenze sarebbe visto dalle élite avversarie come esistenziale e perseguito con tutte le risorse a disposizione dello Stato. La guerra che ne risulterà sarà di attrito e favorirà lo Stato che ha un’economia, una dottrina e una struttura militare più adatte a questa forma di conflitto.
Se l’Occidente vede seriamente un possibile conflitto tra grandi potenze, deve esaminare con attenzione la propria capacità industriale, la dottrina di mobilitazione e i mezzi per condurre una guerra prolungata, piuttosto che condurre manovre che coprano un solo mese di conflitto e sperare che la guerra finisca subito dopo. Come ci ha insegnato la guerra in Iraq, la speranza non è un metodo.
Il tenente colonnello (in pensione) Alex Vershinin ha 10 anni di esperienza in prima linea in Corea, Iraq e Afghanistan. Negli ultimi dieci anni, prima del pensionamento, ha lavorato come ufficiale addetto alla modellazione e alle simulazioni nello sviluppo di concetti e nella sperimentazione per la NATO e l’esercito statunitense.
Il Royal United Services Institute (RUSI) è il più antico e il più importante think tank del Regno Unito in materia di difesa e sicurezza.
Segnalato da Pepe Escobar. Traduzione (IMC) di CptHook per ComeDonChisciotte