Stone Butch Blues è un romanzo cult della narrativa queer statunitense, pubblicato per la prima volta nel 1993 e riedito nel febbraio 2024 da Asterisco Edizioni, con la traduzione in italiano di Bea Gusmano e Matu D’Epifanio.
Dalla presentazione e dal dibattito con Irene Villa, sensitive reader della versione più recente, emerge l’importanza della subcultura lesbica, butch, trans* e dissidente dei generi nel contesto statunitense, così come la sua influenza nel contesto italiano.
Il romanzo semi-autobiografico ci introduce, attraverso la vita di Jess e dei vari personaggi, ai cambiamenti che hanno segnato la società statunitense proprio a partire dalla comunità lesbica e queer. E ci dimostra anche la forza di questa comunità di fronte a tutta la violenza a cui erano e restano sottoposte le persone marginalizzate.
Irene Villa condivide l’importanza per il pubblico italiano di riscoprire questo romanzo, che dice ancora tanto sul nostro presente e serve a combattere le retoriche TERF e SWERF (transescludenti e sex worker escludenti) ancora molto presenti nel femminismo. Serve inoltre a comprendere la complessità delle costruzioni di genere e della sessualità, aiutando a prendere coscienza dei tanti livelli che assumono le prevaricazioni (in particolare l’omofobia, la lesbofobi a e la transfobia).
Infatti, la nuova edizione (la seconda in lingua italiana, dopo quella del 2004 edita da Il Dito e La Luna)nasce da una domanda dal basso che riguarda l’accessibilità e la reperibilità del testo. Ed è proprio a partire dalla necessità di una rilettura che utilizzi un linguaggio inclusivo, enfatizzi quanto le parole sono politiche, ricontestualizzi storie e tematiche che viene presentata la nuova edizione.
In relazione all’importanza del linguaggio, continua Irene Villa, la riappropriazione di un termine come “butch”, che ha un’origine negativa e infamatoria, implica come l’immaginario cambi a partire da una critica all’eterosessualità come unico metro per significare le parole e i pregiudizi che esse contengono.
Durante il dibattito viene spiegata l’intersezione delle identità, delle provenienze e delle diverse storie che Leslie Feinberg fa nel libro, e si discute sui ponti tra l’espressione del genere e l’orientamento sessuale, intrecciando femminismo, anticapitalismo e lotta di classe.
Emergono come ulteriori temi centrali e come lenti interpretative il desiderio, il valore dell’intimità (essendo l’intimità politica uno dei messaggi forti del romanzo) e il materialismo. Si parla con Irene Villa della dimensione del desiderio nell’accezione materiale che assume nel libro, in particolare la fisicità dei rapporti di genere nel loro funzionamento e nella possibilità di spazi di riconoscimento reciproci.
D’altro canto il materialismo è evidente dal modo in cui viene trattato il genere nel testo, nel quale a emergere sono lo sfruttamento nei luoghi del lavoro, il lavoro sessuale e gli aspetti della transizione relativi anche alla situazione economica, per nominarne alcuni.
Durante l’incontro si discute un’ulteriore dimensione espressa a partire dalla sua materialità e complessità, vale a dire la lotta anticapitalista e le difficoltà della classe operaia.
E’ un romanzo working class, continua Irene Villa, perché racconta delle lotte sindacali e delle battaglie sul posto di lavoro che permettono a loro volta di politicizzare e affondare il colpo anche sul genere e sulla sessualità. La posizione e la vocazione della classe operaia non sono unicamente un’ossatura teorica, ma un tratto identitario fondamentale che si esplica nel linguaggio di narrativa popolare che Leslie Feinberg segue e dal modo in cui parla di amore, di amicizia, di sesso e di comunità. Racconta i concetti come li vive e come li vede, con un tono melodrammatico nel quale il trauma è molto presente (altro elemento cardine del libro) e che può essere curato a partire dalle relazioni che Jess instaura con le persone e dall’appartenenza alla comunità.
Infine Irene Villa ribadisce l’importanza del linguaggio e del suo cambiamento, della consapevolezza del genere come costrutto che incarniamo in seguito a una negoziazione che ci permette di trovare dei patti e il significato delle categorie che, pur essendo oppressive, sono anche dei mezzi per comunicare. Infatti, “lesbica” è una parola che si usa per comunicare, un modo per manifestare delle espressioni della dimensione erotica e sessuale.
Stone Butch Blues è l’unico testo che parla di subcultura lesbica butch-femme tradotto in italiano, il che porta a questionarci sulla difficoltà che c’è in Italia a mettere a tema questa dimensione. È proprio la fatica che si fa nel contesto italiano ad affrontare questi temi che evidenzia maggiormente la necessità di farlo e come sia giunto il momento di raccontare queste storie sempre esistite.