L’estate scorsa, l’azienda Mobilità di Marca (MOM), che gestisce il trasporto pubblico su ruota in provincia di Treviso, ha decretato un significativo aumento delle proprie tariffe. In risposta, l’Assemblea Siamo Mobilità – che riunisce studenti e genitori, organizzazioni ambientaliste e sindacali – ha lanciato una campagna per il potenziamento del trasporto pubblico locale, con una piattaforma rivendicativa che articola diritti sociali e ambientali. La vertenza è tuttora in corso, tra presidi, incontri con la direzione MOM e un sondaggio d’inchiesta sui bisogni di studenti e lavoratori rispetto alla mobilità pubblica. Su questo tema, proponiamo un contributo di Alberto Leoncini, avvocato trevigiano e autore del libro Economia mista e partecipazioni statali (Indipendenza-Francesco Labonia Editore).
Il sistema dei trasporti è uno spaccato estremamente efficace attraverso il quale leggere le divaricazioni sociali, le disuguaglianze e, più in generale, le storture di una società a capitalismo maturo: la campagna internazionale ‘ban private jets’ ha ben reso visibile l’enorme impatto ambientale dei voli privati, probabilmente il più emblematico status symbol di quell’1% della popolazione i cui odiosi privilegi sono invece oggetto di ostentazione quasi che si trattasse, con le parole dei nostri media, di ‘paperoni’ cioè, in fin dei conti, eccentrici personaggi con la bizzarra abitudine di nuotare nelle monete e usarle per i suffumigi. Niente di tutto questo: si parla di uno strato di popolazione per larga parte parassitario, sostanzialmente apolide in termini di appartenenza a una comunità, legittimato solo dalla libertà di circolazione dei capitali che l’ordinamento- in particolare comunitario- garantisce e custodisce.
Mentre le persone normali hanno l’angoscia di pagare le bollette, c’è chi può permettersi di retribuire personale per accendere a vuoto le proprie utenze in residenze fittizie a Montecarlo al fine di risultare lì residente: per gli altri l’unico ‘gocciolamento’ è quello dei tubi rotti!
Su tali premesse è chiaro l’intrinseco rilievo politico nell’esigere trasporti pubblici efficienti, in grado di coprire l’intera giornata anche negli orari più tardi, con mezzi a ridotte emissioni puntando a chiudere la filiera industriale della loro produzione possibilmente tramite un polo pubblico e rivendicare formule come il ‘biglietto climatico’: un terreno sul quale cimentare il necessario accumulo di forze, partendo da problemi patiti da strati estesi della popolazione e, comunque, decisivi per arginare il drammatico problema dell’inquinamento da particolato che affligge l’intero bacino padano, divenuto ormai il catino di ristagno delle emissioni nocive di mezzi di trasporto e allevamenti.
Su tale piattaforma rivendicativa può irrobustirsi una convergenza di soggettività e iniziative, essendo comuni i problemi della mobilità urbana. Se ciò è vero, altrettanto non può dirsi, finora, della risposta: alla drammatica fotografia che il rapporto di Legambiente ‘Pendolaria’ annualmente tratteggia e che impietosamente sintetizza lo stato dell’arte del nostro trasporto pubblico, seguono rivendicazioni al più dal carattere locale. Ci si muove a Milano per ATM pubblica, a Roma su ATAC e via elencando con prospettive d’intervento talvolta troppo anguste per articolare una dimensione efficace nell’ottenere dei risultati concretamente apprezzabili, d’altro si tratta di una questione di ordine più generale laddove si fatichi a concepire le rivendicazioni in una scala nazionale e unitaria nelle sue linee d’indirizzo.
Nella Lombardia che, secondo la vulgata dominante, guiderebbe assieme al Veneto la ‘secessione dei ricchi’ nel processo di regionalizzazione differenziata, il giunto dell’incidente ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018, costato la vita a tre persone, era rammendato con un pezzo di legno.
Nel 2018, in occasione del referendum cittadino promosso dai Radicali sulla messa a gara del trasporto pubblico locale a Roma, la proposta che Indipendenza ha formulato in seno al coordinamento per il NO è stata quella di una trasformazione di ATAC in una ‘azienda speciale di legalità costituzionale’ la cui proprietà fosse mantenuta in capo al Comune di Roma ma la sua gestione fosse affidata a quelle “comunità di lavoratori o di utenti” di cui parla l’art. 43 della Costituzione come opzione concretamente percorribile per i servizi economici di utilità generale. Una prospettiva in grado di rompere con il clientelismo politico nell’articolare in termini materiali e non enunciativi una formula di alternativa effettivamente funzionale ai bisogni della comunità, con meccanismi partecipativi e di controllo diffusi dando finalmente concretezza agli aneliti della Costituzione economica.
Prospettive da coltivarsi anche altrove, a partire da Treviso, dove Assemblea Siamo Mobilità sta portando all’attenzione collettiva la situazione di MOM e le correlate criticità del servizio di trasporto pubblico urbano ed extraurbano: l’assenza di una linea circolare nei quartieri di Treviso (dove peraltro si concentrano molti dei poli scolastici della città), orari e frequenze drammaticamente ridotti, carenze nel trasporto per gli studenti, scarsissima attenzione per le formule di trasporto per le fasce deboli (si pensi alla formula anziani, ad oggi con requisiti estremamente angusti e praticamente privi di progressività, questione tutt’altro che irrilevante alla luce dell’atavico problema parcheggi nelle aree degli ospedali Ca’ Foncello e San Camillo, entrambi serviti dalla linea 1) sono questioni ben note e che rendono tutt’altro che attrattivo il servizio di trasporto pubblico nella Marca, basti pensare che nella stazione delle autocorriere del capoluogo è stata perfino chiusa la biglietteria!
Nel contesto che ci è dato e sotto il tallone delle politiche austeritarie e del quadro vincolistico eurounitario rivendicare formule come il biglietto climatico è pura accademia, tuttavia è sufficiente una scorsa alla documentazione contabile e gestionale presente nel sito di MOM per comprendere come modifiche in termini migliorativi siano esigibili da subito: trasparenza e razionalizzazione delle consulenze alcune delle quali perlomeno discutibili con integrale pubblicazione delle annualità non presenti come da obbligo normativo, miglioramento della comunicazione istituzionale (il profilo X è inattivo da oltre un anno e il canale Telegram serve solo per comunicare notizie sulla mobilità senza alcuna effettiva promozione anche in un’ottica di miglioramento della ricettività turistica, si pensi in particolare al comprensorio delle colline dell’Alta Marca e ai collegamenti con il litorale e gli scali aeroportuali di Treviso e Venezia, YouTube non vede aggiornamenti da un anno), revisione del quadro dei fitti passivi che oggi pesano- a fondo perduto- per circa mezzo milione di euro all’anno sul bilancio, attivazione su vasta scala del servizio di trasporto biciclette in un’ottica di intermodalità e sviluppo del cicloturismo, revisione della contabilità di magazzino specie per quanto riguarda la cedibilità/permuta di pezzi di ricambio non più funzionali al parco mezzi e oggetto di svalutazione, internalizzazione dei servizi, sono alcuni passi da potersi immediatamente compiere per liberare risorse finalizzate all’avvio delle istanze qui sostenute, oltre ovviamente alla già richiesta attivazione di una consulta in rappresentanza degli utenti.
Le criticità oggettive nel servizio e la correlata difficoltà a riacquistare le quote di mercato e utenza perse con la pandemia rendono necessario tale cambiamento. Tuttavia, la risposta alle difficoltà contabili derivanti dalla sequela di aumenti patita dai passeggeri nell’ultimo frangente hanno portato alla richiesta, recentemente formulata dai vertici di MOM, di incentivare il controllo sui biglietti da parte degli autisti, quando appare evidente che solo l’ampliamento e la fidelizzazione della platea dei fruitori del servizio di trasporto pubblico sono in grado di portare gli auspicati benefici economici e ambientali.
Iniziative che richiedono, prima che la volontà politica, un cambio culturale ben lungi dal manifestarsi da parte di una classe dirigente, non solo locale e non solo conservatrice, che concepisce la mobilità incentrata sull’auto privata e gli spazi delle città funzionali a quest’ultima, continuando pervicacemente a riversare risorse a tale prospettiva sotto forma di infrastrutture (dalla Pedemontana fino al Park Vittoria di Treviso, solo per restare nella Marca), incentivi nonostante la deindustrializzazione galoppante concretizzatasi in questo primo quarto di secolo e, appunto, boicottaggio sistematico di ogni forma di mobilità collettiva il cui simbolo indiscusso è senz’altro l’assetto dei collegamenti nella conurbazione Padova-Treviso-Venezia con il definitivo affossamento, nel 2018, della metropolitana di superficie.
Su questi presupposti è chiaro che l’onestà vada premiata: non si può quindi che encomiare il capogruppo di Fratelli d’Italia al Comune di Treviso, Guido Bertolazzi, che alla seduta consiliare del 15 febbraio 2024 ha finalmente detto di non pensare che “Treviso in futuro diventerà una città pedonalizzata”. Una benemerita operazione trasparenza a partire dalla quale incalzare le contraddizioni del blocco dominante alle nostre latitudini.