A Padova l’accampata studentesca per la Palestina è iniziata venerdì 10 maggio nel cortile di Palazzo Bo. È stata la quinta città in Italia dove la protesta ha preso piede dopo Bologna, Napoli, Roma e Palermo) ed è stata seguita da Milano (Statale e Politecnico) e oggi anche da Venezia, Torino e Siena. Un elenco destinato ad allungarsi.
Dalle 8 del mattino di lunedì 13 maggio sono stati bloccati tutti gli accessi al palazzo del Bo, mentre si stavano tenendo alcune lezioni della facoltà di giurisprudenza e con alcuni studenti già all’interno della struttura. A partire dall’accampamento gli studenti hanno deciso di fare un blocco all’interno del dipartimento per portare l’attenzione su quello che sta accadendo in Palestina.
Centinaia di studenti hanno animato i cortili di palazzo Bo con canti e cori chiedendo un riconoscimento, da parte dell’università, del genocidio in corso a Gaza e la recisione degli accordi con le istituzioni israeliane.
La governance dell’università ha impedito alle persone di uscire e di entrare dal palazzo.
Anche dopo la fine delle prime lezioni della mattina gli studenti hanno dovuto aspettare a lungo per poter uscire dalle porte sbarrate. Ci sono stati dei tentativi di far uscire le persone tramite vie di fuga disposte nei sotterranei del palazzo, che hanno chiuso non appena hanno visto avvicinarsi i manifestanti.
Anche nel momento in cui i manifestanti sono spostati dalle porte per lasciare che le persone potessero uscire, la sicurezza dell’università non glielo ha permesso, se non dopo molto tempo. C’è stata una chiara volontà di chiudere qualsiasi forma di dialogo con gli studenti da parte dell’ateneo. Né la rettrice, né alcun prorettore o delegato si è presentato.
Mentre alcuni studenti e studentesse cercavano una possibilità di apertura degli ingressi, la sorveglianza dell’università “Civis” decideva a priori in base all’aspetto fisico delle persone chi far entrare e uscire.
Quando delle persone sono riuscite ad uscire, un ragazzo ha cercato di tenere la porta aperta e da quel momento le circa venti persone che attendevano hanno provato ad entrare.
A quel punto la sorveglianza si è interposta tra la porta e gli studenti e le studentesse, spintonando e strattonando una ragazza fino ad arrivare a lanciarla per terra.
Dopo questo fatto l’ingresso è rimasto bloccato per tutte le persone, compresi docenti e personale amministrativo.
La mattinata è proseguita con degli spostamenti negli altri dipartimenti per diffondere le motivazioni dell’occupazione e per manifestare le istanze che questo movimento sta portando avanti.
Arrivati al dipartimento di scienze politiche, dove in aula M si teneva la conferenza “Diritti e libertà in Iran, il movimento di liberazione e il ruolo delle donne” organizzata dal professor Berti, gli studenti sono entrati intenzionati a mostrare la solidarietà alla lotta per la liberazione delle donne in Iran, per mettere in luce il fatto che queste situazioni di oppressione derivano dalle stesse dinamiche coloniali e patriarcali, e per contestare le posizioni del docente che ha organizzato la stessa conferenza.
Tutto ciò non è stato possibile a causa degli attacchi, sotto forma di aggressioni verbali, da parte del docente e di alcuni dei relatori.
La mobilitazione studentesca non si arresta, questa sera in accampata alle 18.30 ci sarà un’assemblea e domani un presidio in occasione del senato accademico.