Oggi, venerdì 24 maggio, si svolge la terza udienza dell’anno del processo a carico di Ilaria Salis.
Una delegazione degli osservatori dell’Associazione Giuristi Democratici sarà presente anche questa volta. Riportiamo alcune loro osservazioni preliminari, che verranno seguite dai altri report da Budapest.
Terza tappa del processo Salis con molte novità medio tempore.
Dal nostro punto di vista di osservatori non possiamo che rilevare che la tattica del silenzio auspicata da più parti tra la prima e la seconda udienza si era rivelata errata. Lo dimostra il fatto che i domiciliari concessi dal riesame ad Ilaria sono stati preceduti da due accadimenti di estremo interesse. Il primo è di natura politica e vede la nota decisione di candidare l’imputata alle prossime elezioni europee da parte di Alleanza Verdi Sinistra. La risposta politica alle provocazioni e abusi di diritto plasticamente riprodotti dalla illecita reiterata traduzione in ceppi della scorsa udienza non è tuttavia il solo dato da commentare. Alla chiusura della scorsa udienza si è palesata anche una risposta della magistratura italiana a fronte di possibile abuso dello stato membro. Ci riferiamo alla decisione della Corte appello di Milano del 28 marzo sulla richiesta di arresto europeo del coimputato Marchesi. Nelle more è stato pubblicato l’apparato argomentativo con cui la magistratura italiana ha rigettato le richieste ungheresi disponendo la liberazione dell’interessato.
La semplice lettura dei motivi della decisione evidenzia dati importanti:
Lo stato italiano si rifiuta di mandare nel carcere di Budapest l’imputato perché “l’esecuzione del mandato di arresto non può in alcun caso comportare la violazione di principi supremi dell’ordinamento costituzionale o dei diritti inalienabili della persona”. I rischi individuati sono relativi alla possibile detenzione in sfregio al divieto di trattamenti inumani e degradanti, esemplificati dall’esperienza subita da Ilaria, e dovuti anche alle plurime condanne della CEDU per casi di detenzione in vari istituti ungheresi e all’ultima relazione della Commissione per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa. Il fattore di rischio ora visto non è tuttavia il solo.
La Corte Milanese fa quindi espresso riferimento alla risoluzione 16.1.2024 del parlamento europeo (2024/2512 RSP) che ha rinnovato la propria preoccupazione in merito al deterioramento dello stato di diritto e della situazione dei diritti fondamentali in Ungheria. Il punto non è generico, ma specifico perché nelle pagine successive leggiamo altresì come la Corte constata che il consegnando potrebbe essere percepito, quanto meno sul piano dell’apparenza, come parte di una minoranza di opinione interessata da conflittualità particolarmente intense, come emerge dai casi di denunciate attività delittuose relative ai reati e azioni violente di gruppi estremisti di segno opposto (European Parliament, Study on right–wing extremism in EU, May 2022). La vulnerabilità, anche sotto questo profilo, è alla radice dei motivi per cui non si può estradare Marchesi e (aggiungiamo noi) non dorrebbe trovarsi detenuta Ilaria Salis.
Il ragionamento porta poi la Corte direttamente dentro il profilo di valutazione di una evidente mancanza del profilo di proporzionalità sia come forma di cautela nel processo in corso (largamente soddisfabile con misura meno afflittiva) sia sotto il profilo di una imputazione per lesioni lievi (reato, in Italia, da Giudice di Pace). In Ungheria il reato viene illecitamente potenziato con la previsione di un’aggravante di lesioni potenzialmente mortali che è un non senso giuridico.
Insomma pare che la risposta della magistratura italiana interpellata sia ben più accorta del “You know stato di diritto?” pronunciato dalla nostra premier in maniera poco accorta rispondendo ai cronisti…