Il Senso del Limite: Pecunia non olet

Questi racconti sono dedicati a Vittorio, il compagno di viaggio che tutti vorrebbero avere accanto

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«Nè la rivoluzione nè la riforma possono, in ultima istanza,
cambiare una società, senza che ci sia da raccontare una storia nuova e potente,
tanto persuasiva da bloccare i vecchi miti e trasformarsi nella storia preferita…
Se si vuole cambiare una società si deve narrare una storia alternativa».
IVAN ILLICH

Pecunia non olet

I

Chi fu che disse «Pecunia non olet?»

Pier Maria si soffermò un attimo, mentre ancora teneva in mano il coperchio della piccola scatola di metallo. Non si trattava forse dell’imperatore Tito Flavio Vespasiano? Non ricordava…

Si avvicinò la scatola al volto, annusò. Che si trattasse solo della sua suggestione? Sin da piccolo aveva sempre avuto una spiccata “memoria olfattiva”. Anche quando era arrivato a Limite, assieme ai suoi compagni fuggitivi, la sua prima sensazione era stata olfattiva: l’odore del fieno appena tagliato, l’elicriso, un lieve odore di stallatico in lontananza… a volte si convinceva che in certi luoghi perfino la pietra odorasse.

Adesso, dopo quasi un anno che viveva lì, si era disabituato a ricordare gli odori della sua precedente vita in pianura. I vestiti, e le poche cose che aveva portato con sè, avevano preso tutte l’odore dell’altopiano. L’unica eccezione era la piccola scatola di metallo. Cosa era stata un tempo? Si rigirò il coperchio tra le mani. Certamente una scatola di biscotti… ma era talmente consumata che a stento si sarebbe potuto dirlo.

Perché portare con sè quel denaro? A Limite non sarebbe servito, così gli avevano detto. Ma lui aveva voluto farlo ugualmente. I mazzetti di banconote erano ancora ben allineati, ognuno col suo elastico. Ogni tanto Pier Maria apriva la scatola, li contava – perché poi, non lo sapeva nemmeno lui – ché effettivamente non aveva mai avuto occasione di servirsene. Quel giorno per la prima volta si rese conto di quanto piacevole fosse l’odore che avvertiva quando apriva quella scatola.

Contò un’altra volta le banconote, se ne mise un mazzetto in tasca, poi richiuse la scatola e la ripose nell’armadio, prese il suo berretto ed uscì, diretto dal Consigliere Capo. Da tanto ci rimuginava. Come avrebbe reagito il Consigliere alla sua proposta?

II

«Vorrei acquistare un appezzamento di terra, qui a Limite».

Le parole di Pier Maria giunsero così, senza preamboli, agli orecchi del Consigliere Capo. Eppure non ne fu sorpreso più di tanto. O se lo era, non lo diede a vedere. Si lisciò lentamente i baffi e la barba bianca, quindi fece cenno all’uomo di sedersi. La sua abitazione era modesta – come erano tutte le case di Limite del resto. La parola soggiorno, o salotto, non esisteva a Limite. Si viveva in un’unica grande stanza che fungeva da cucina, sala da pranzo e, come in questo caso, luogo ove ricevere le visite. Oltre che una questione di semplicità, un ambiente unico era anche molto più economico da riscaldare in inverno. Quell’anno la stagione era stata più umida del solito e anche se ormai la primavera era alle porte, si accendevano ancora i camini e le stufe a legna. Il Consigliere indicò a Pier Maria uno dei due sedili in pietra ai lati del caminetto, si sedette a sua volta e prese ad attizzare il fuoco.

La fiamma viva ha sempre un non so che di ipnotico. Se ci si riunisce in una stanza con un fuoco acceso, in poco tempo tutti finiscono per non guardarsi più in faccia, i loro sguardi, uno dopo l’altro, vengono tutti catturati dalla luce rossastra. È una presenza forte quella del fuoco: ha la sua luce, ha la sua voce il crepitare sommesso ed ha il suo profumo, o almeno a Limite lo aveva, dato che i boschi in quota erano prevalentemente di abeti, e i limitesi erano soliti risparmiare le specie più in basso, castagni, noci, che usavano solo per i loro frutti. Tendevano sempre a salire un poco verso la montagna per approvvigionarsi di legna da ardere. C’erano anche faggi a onor del vero, ma il profumo di resina che si spandeva quando si poneva un pezzo legno di abete sul camino era un piacere a cui difficilmente si rinunciava.

Cedere al magnetismo del fuoco e fissare la fiamma aveva inoltre un altro grandissimo pregio: si poteva evitare di guardare il proprio interlocutore anche per un tempo lunghissimo, senza tuttavia apparire scortesi, nè dare l’impressione di essere infastiditi, o scocciati. Si poteva meditare a lungo cosa rispondere, senza tema di causare irrequietudine, il che conferiva ai dialoghi sempre un’immagine di grande saggezza, specialmente in caso di persone anziane, come era appunto il Consigliere Capo.

«Ti ho osservato molto» disse dopo un tempo indefinito il vecchio «Da molto tempo ti osservo. Sei forte, lavori di buona lena… si direbbe che ti piaccia»

«Siete un acuto osservatore, Consigliere Capo. Lavorare qui mi piace molto, avete ragione».

L’altro annuì: «E mi sento di poter dire che anche molti di noi hanno apprezzato il tuo impegno. Non sei certo uno scansafatiche. Ti alzi presto… non ti fa paura lavorare con la pioggia, nè con il vento…»

Pier Maria si lasciò scappare un sorriso. Davvero il Consigliere Capo lo stava osservando da tempo! E lo aveva osservato molto bene, non c’erano dubbi.

«Potresti dire di trovarti bene qui da noi a Limite, Pier Maria?»

«Oh sì Consigliere! Senza alcun dubbio. Mi trovo molto bene!»

«E dunque…?»

«Mi piacerebbe avere un pezzo di terra tutto mio… solo questo!».

Il Consigliere tornò a guardare il fuoco. E non parlò. Qualsiasi cosa avesse detto non sarebbe stata così eloquente come quel suo silenzio. In quel silenzio che profumava di resina, che crepitava e schioppettava in sordina, il fuoco pareva chiedere ad ogni scintilla «Perché?», «Perché?», «Perché?».

«Devo essere sincero Consigliere» si decise infine Pier Maria a proseguire «Non ho mai approfondito il vostro concetto di proprietà, ammetto di non essermi interessato più di tanto a capire come funzionano le cose qui a Limite… I primi tempi sono stati abbastanza impegnativi per noi, ambientarci non è stato facile. E ora che credo di aver ritrovato il mio equilibrio, se non del tutto almeno in parte, mi rendo conto che ci sono ancora tante cose che non so… ad ogni modo sono consapevole del fatto che qui tutti diamo una mano e condividiamo quanto la terra ci dona. La mia richiesta non mette minimamente in discussione tutto questo, potete esserne certi. Anzi, sento che “possedere” un pezzo di terra potrebbe farmi sentire ancora più legato a questa comunità e… come dire, sancire in modo ancora più ufficiale il mio impegno verso Limite»

Il Consigliere Capo annuì. E continuò a guardare il fuoco, senza parlare.

Tornava però, di tanto in tanto, a lisciarsi i baffi e la barba bianca. Pier Maria sapeva che per indole gli anziani di Limite non gradivano che si mettesse loro fretta. Erano abituati ai ritmi lenti della natura, da cui spesso traevano ispirazione anche per le faccende umane che nulla hanno a che vedere (ma era poi vero?) con le stagioni, il clima, gli alberi, gli animali.

«Per te è molto importante, vero?» disse infine il Consigliere. Pier Maria annui sospirando.

«D’accordo, se per te è importante sono disponibile ad accogliere la tua richiesta»

«Vi ringrazio molto Consigliere Capo!»

«Quale terreno avevi in mente?»

Pier Maria si alzò e si diresse verso la finestra: «Si vede bene anche da qui… ecco è quello» disse indicando fuori non appena il Consigliere gli si avvicinò «Il terreno a nord di quel noce, fino al muretto laggiù»

«D’accordo» disse il Consigliere, tornando a sedersi accanto al camino.

«E… riguardo al prezzo?» azzardò ancora Pier Maria. Di nuovo una lunga pausa in cui il Consigliere osservò il fuoco. Pier Maria si sedette di nuovo anche lui vicino al camino.

«Fai tu una proposta» disse il Consigliere «L’idea è tua, suppongo avrai pensato anche a questo, no?»

Pier Maria estrasse il mazzetto di banconote che aveva con sè e lo porse al Consigliere: «Ecco, pensavo, se per voi va bene, questa potrebbe essere una somma di denaro adeguata»

Il Consigliere Capo prese le banconote, tolse l’elastico, le contò (sempre con molta calma) e alla fine disse: «Sta bene, possiamo concludere il nostro accordo».

Pier Maria balzò in piedi con un gran sorriso sulle labbra. Strinse le mani calorosamente al Consigliere Capo e si congedò da lui. Si avvicinava l’ora di cena, il Consigliere pose altra legna sul fuoco, poi riprese le banconote che aveva ricevuto da Pier Maria, le fermò con l’elastico e le lasciò sulla grossa mensola di legno sopra al camino.

III

«Tu cosa?!» gridò Sura allibita.

Quando il Consigliere Capo aveva convocato gli altri Custodi, dicendo che aveva una comunicazione importante da fare, nessuno si immaginava quello che sarebbe accaduto di lì a poco.

«Ho venduto un pezzo di terra a Pier Maria» ripetè calmo l’uomo. Raccontò loro del dialogo avuto col giovane, ripetendo esattamente ogni sua parola. «So cosa state pensando» aggiunse poi, vedendo lo stupore negli occhi della ragazza «Ma fidatevi, credo che accettare la sua proposta fosse l’unica cosa saggia da fare»

I Custodi restarono tutti in silenzio, i loro volti erano imperscrutabili. Solo Sura mostrava chiaramente le emozioni che la stavano scuotendo: «Cosa accadrà adesso?» disse.

«Proprio niente» la tranquillizzò il Consigliere Capo «Pier Maria continuerà a dare una mano come sempre, se il mio intuito non sbaglia, credo anche che sarà ancora più solerte nel lavoro. È sempre stato un buon lavoratore, questo dobbiamo ammetterlo» gli altri annuirono tutti, Sura compresa.

«E quanto ai prodotti della… “sua” terra?» chiese uno dei Custodi.

«Non riuscirà a produrre tutto ciò di cui ha bisogno per vivere, questo è certo. Avrà abbondanza di alcune cose, e carenza di altre. L’accordo prevede che consegnerà comunque i prodotti a voi Custodi e che continuerà ad utilizzare le scorte della nostra comunità, esattamente come prima»

«Da quanto ci stai dicendo….» riflettè un altro Custode a voce alta «Pare davvero che non sia cambiato nulla. Se è così, perdonami, che senso ha tutto questo?»

«Questo dovresti chiederlo a lui!» sorrise il Consigliere Capo «È lui che ha cercato me, non il contrario».

«Consigliere!» disse Sura ammiccando, per la prima volta con un sorriso «Ora stai giocando agli enigmi della Sfinge! Ti conosco bene, so perfettamente che se hai acconsentito, deve esserci un motivo. Un tuo motivo intendo. Dei motivi di Pier Maria, sinceramente, credo che non sapremo mai quanto vorremmo. Che opportunità hai visto in quest’affare?»

«Non vedo che opportunità ci possa essere» interruppe uno degli altri «Non abbiamo mai avuto terreni di proprietà qui a Limite, tutti i terreni sono sempre stati considerati beni comuni. Questo cambiamento, se di cambiamento si tratta, perché non ho ancora ben capito cosa significhi “possedere” un terreno, come può rappresentare un’opportunità?»

Sura continuava a sorridere, lentamente stava iniziando a capire, e per la prima volta fu orgogliosa di sè e di quel barlume di intuito che, pur essendo ancora giovane, stava sviluppando e che poteva offrire agli altri.

«Se il Consigliere Capo ha veduto una opportunità» disse la ragazza «Credo proprio che non si tratti di agricoltura… ma di pedagogia» Colse un istintivo e repentino guizzo negli occhi del Consigliere che le diede conferma che il suo intuito non sbagliava.

«Ho la netta sensazione» proseguì «Che tu abbia visto l’occasione di insegnare qualcosa al nostro amico, non è così?» Il Consigliere Capo le si avvicinò e la abbracciò. Stava facendo notevoli progressi, suo padre Maso aveva visto bene quando l’aveva proposta per il ruolo di Custode in sua vece. Il suo intuito era notevole. L’emotività era ancora forte in lei, spesso era irruenta – come tutti i giovani del resto – ma sapeva frenarsi all’occorrenza, e riflettere. E questo era un grande pregio.

Certo, nè lei nè gli altri avrebbero potuto comprendere fino in fondo il mistero che si celava in quello strano accordo tra Pier Maria e il Consigliere Capo. Sura era troppo giovane, e gli altri forse troppo smemorati per ricordarsi delle convenzioni che vigevano in pianura. Sta di fatto che nessuno di loro aveva chiesto niente riguardo al prezzo. Di fatto il concetto stesso di denaro era talmente lontano dalla mente dei Custodi e di Sura, che nessuno di loro ne fece menzione.

IV

Tra la porzione di terreno che era già seminata prima del suo acquisto, e la porzione di orto che aveva allestito personalmente, l’appezzamento di Pier Maria era davvero rigoglioso, e con la buona stagione prometteva una produzione di tutto rispetto. A Pier Maria capitava spesso di sedersi su uno dei muretti di confine, solo per ammirare le piantine che stavano spuntando. Da un certo punto di vista, si diceva, avevano ragione i limitesi: osservare la natura è qualcosa che rigenera. Era quasi sicuro di sentirsi meglio da quando possedeva quel terreno.

A quel punto, indisturbato, un pensiero fece capolino tra gli altri. Lievemente, senza spingere, pian pianino Pier Maria iniziò a maturare una certezza, suffragata anche da quello che vedeva spuntare dal terreno.

«Voglio più terra» si disse infine, e tornò ad aprire la piccola scatolina di metallo. E tornò dal Consigliere Capo. La scena – fatto salvo che il fuoco stavolta era spento – si ripetè quasi alla lettera. Il Consigliere Capo, vista la bella stagione, fece accomodare Pier Maria davanti casa. Così, invece di fissare il fuoco, il vecchio prese a guardare l’orizzonte. Ma a parte questo, tutto si svolse, nè più e nè meno, come la volta precedente.

La storia non finisce qui. La scena si ripetè più e più volte. Pier Maria acquistava via via porzioni sempre maggiori di terra. Ora, naturalmente, l’uomo era ben conscio del fatto che non avrebbe potuto lavorare da solo tutta quella superficie. Sparse quindi la voce: chi era interessato a lavorare per lui sarebbe stato ben accolto. Allora accadde un fatto curioso: nessuno degli amici che erano fuggiti, come lui, dalla pianura si presentò. Le persone che si fecero avanti erano tutte limitesi. Pier Maria tuttavia non ci fece caso più di tanto. Era ben contento che la sua impresa stesse crescendo, e non era mai stato il tipo da farsi troppe domande.

Una questione però non poté evitare di affrontare: come avrebbe pagato i suoi lavoratori? Di usare il denaro che aveva con sè non se ne parlava. Per prima cosa i limitesi non lo avrebbero mai accettato, inoltre, facendo due conti, sarebbe finito in men che non si dica. No, non era quella la strada. Restava un’unica alternativa: dividere con i braccianti una parte del raccolto. I limitesi si mostrarono disponibili e l’accordo venne presto concluso.

Emerse però un problema, che inizialmente Pier Maria non aveva considerato.

Le abitudini di Limite prevedevano che solo i Custodi in carica avessero l’autorità di disporre del raccolto che, proprio per questo motivo, veniva… “raccolto” (i limitesi amavano i giochi di parole) nei magazzini comuni. Come avrebbe potuto Pier Maria conciliare la sua attività con le abitudini consolidate di quella comunità che – questo gli apparve chiaro sin da subito – non avrebbe potuto essere sconvolta più di tanto dalle sue idee? Doveva trovare un compromesso che non irritasse i limitesi e che fosse equo e positivo per entrambi.

Pensò a lungo, e alla fine si convinse che sarebbe stato sufficiente introdurre una sorta di contabilità dei prodotti raccolti. Pier Maria poteva benissimo portare i suoi prodotti ai magazzini comuni assieme agli altri. Una sorta di libro contabile avrebbe tenuto conto delle singole quantità conferite, in modo da poter sapere in ogni momento cosa apparteneva alla comunità e cosa a Pier Maria. Quando propose la cosa ai Custodi, questi non rifiutarono, anche se non mostrarono di aver ben compreso il metodo che veniva loro proposto. Convennero quindi che dovesse essere Pier Maria stesso ad occuparsene, affiancandoli nel loro lavoro presso i magazzini. Col tempo, dissero, avrebbero imparato, ma per ora era bene che Pier Maria sovrintendesse alle scritture contabili, visto che, oltretutto, era un suo interesse.

Così iniziò la doppia vita di Pier Maria: contadino la mattina e contabile alla sera. Non fu un impegno da nulla. I Custodi non erano avvezzi a quel tipo di ragionamento, e presto Pier Maria si convinse che non avrebbe potuto mai lasciarli totalmente a loro stessi.

Molti sono gli aneddoti che si potrebbero raccontare. Molte cose curiose ed interessanti accaddero a Limite in quel periodo, e chissà, forse indagando tra i limitesi si potrebbero scovare ricordi degni di essere trascritti. Per il momento è tuttavia sufficiente dire che ad un certo punto Pier Maria si trovò di fatto ad essere il “proprietario” di tutta la terra coltivata di Limite. Le cose andavano bene, il lavoro nei campi era perfetto, tutto filava liscio, tant’è che spesso lo stesso Pier Maria si compiaceva e si complimentava con i “suoi” braccianti. I limitesi gli sorridevano gentilmente, ma quasi sempre, non appena egli si allontanava un poco, prendevano a mormorare tra di loro: «Ma le cose non andavano forse bene anche prima? Cosa è cambiato in realtà?»

«Non è cambiato nulla» finiva sempre per concludere qualcuno di loro «Lavoriamo, ci dividiamo i prodotti, mangiamo allo stesso modo. Le quantità che spettano ad ognuno di noi sono le solite e così le quantità che conserviamo per la semina. L’unica cosa diversa è che Pier Maria passa ore su quei documenti nei magazzini… lo si vede scrivere, cancellare, riscrivere, contare, ricontare…. mah! Questa gente di pianura è proprio buffa».

In realtà i limitesi non avevano colto un’altra profonda differenza, che invece a Pier Maria era molto evidente: il denaro della scatolina era quasi completamente finito! Questo iniziò a provocare a Pier Maria una certa irrequietudine che, unita all’impegno della contabilità, si rivelò presto fonte di un’ansia crescente che di lì a poco gli tolse il sonno. Si rigirava nel letto rimuginando; pensieri molesti si affacciavano sulla soglia della coscienza, impedendogli quel riposo ristoratore di cui nessun contadino può fare a meno.

Seguendo i consigli di alcune anziane donne limitesi, provò ad utilizzare alcune erbe per calmarsi: biancospino, melissa, camomilla, valeriana… macché. La tensione non accennava a diminuire.

Non passò molto tempo che Pier Maria si convinse che le cose non potevano continuare in quel modo. Alla fine maturò una decisione che forse molti dei suoi amici della pianura avrebbero giudicato folle. Solo ora si compiacque del fatto che i suoi amici fuggitivi si fossero tenuti lontani da quell’impresa, evitandogli a questo punto l’imbarazzo di dover ammettere il proprio errore e di dover tornare sui suoi passi.

Un giorno (era ormai autunno inoltrato) si recò dal Consigliere Capo e gli disse: «Credo di aver sopravvalutato le mie capacità, se così possiamo dire. Devo dirvi che, in tutta onestà, non posso proseguire in questa impresa. Sono venuto a chiedervi se per caso non foste interessati a riacquistare tutta la mia terra, e ritornare al vecchio modo di fare di un tempo…».

Anche questa volta il Consigliere Capo prese a lisciarsi i baffi e la barba, ma la sua espressione era alquanto più rilassata e, potremmo dire, quasi serena. Come era accaduto la stagione precedente, il fuoco scoppiettava nel camino, e i due si accomodarono sui sedili in pietra ai lati. Questa volta fu il Consigliere Capo a rompere il ghiaccio: «Comprendo la tua preoccupazione Pier Maria» disse «Se senti di non poter andare avanti, saremo ben lieti di tornare alla vecchia gestione. Tuttavia…» aggiunse quando vide che l’altro iniziava a sorridere «Tuttavia non ho ben compreso cosa intendi con “riacquistare”. Mi puoi spiegare meglio?»

«Beh è semplice Consigliere» continuò Pier Maria con un sorriso «Quando ho acquistato da voi la terra vi ho pagato col denaro che avevo e… suppongo che non lo abbiate speso, giusto? So che qui a Limite… ecco, come dire, non siete soliti utilizzarlo come facciamo noi in pianura»

«No infatti. In questo hai ragione, non ho… speso le tue banconote»

«Quindi, se a voi sta bene, mantenendo lo stesso prezzo, potreste riacquistare la terra e restituirmi esattamente quanto vi ho pagato».

«No, non posso»

«Non potete? E perché mai?»

«Non ho più le banconote che mi hai dato»

«Come sarebbe a dire non le avete più? Mi avete appena detto di non averle spese….»

«Non le ho spese infatti»

«E allora… che cosa mai ci avete fatto?»

Il Consigliere Capo prese ad attizzare il fuoco. Scostò un poco le braci, e raccolse un poco di cenere, ai lati, riponendola in un secchio.

«Senti che profumo!» disse, avvicinando il secchio a Pier Maria «La cenere di abete è ottima per fare la lisciva, sai? Quanto alle banconote» proseguì visto che l’altro praticamente aveva smesso di respirare «Ovviamente le ho usate per accendere il camino! Qui a Limite non abbiamo mai molta carta»

«Accendere il camino? Con i soldi? State scherzando!»

«No mio caro, perché dovrei? La carta è ottima per accendere il camino»

«Ma quello era denaro!»

«Era. Hai detto bene. Ora è cenere. Hai sentito che buon profumo?»

«Voi non capite…»

«Ragazzo mio, qui ti devo correggere. Ho idea che sia tu a non capire…»

Il Consigliere Capo e Pier Maria si fissarono a lungo. Poi il vecchio parlò. Fece notare a Pier Maria l’ovvio che egli non aveva ancora visto: da quando era diventato progressivamente “proprietario” della terra, aveva dovuto chiedere ad altri di lavorarla assieme a lui, ma questo già si faceva prima. Aveva dovuto pagarli in natura, dividendo con loro i prodotti, ma anche questo si faceva già prima. In realtà nulla era cambiato! E quando Pier Maria rispose che adesso la terra era sua, il Consigliere Capo gli fece notare che anche il concetto di proprietà non voleva dire assolutamente nulla, non a Limite almeno. Poteva forse Pier Maria mangiare tutto quello che la “sua” terra produceva? No. Poteva tenerlo in eterno nei magazzini? Nemmeno. Poteva, infine, lavorare da solo tutta la terra? Neanche questo. E quindi? La sua “proprietà” cosa era in realtà? Nulla. L’unico cambiamento erano i libri contabili che ora Pier Maria compilava ogni sera. Ma perché poi? Non ce n’era assolutamente bisogno. Poteva chiedere agli altri se voleva: ogni limitese aveva continuato a lavorare esattamente allo stesso modo, ed a mangiare esattamente allo stesso modo. Con o senza contabilità per loro non faceva alcuna differenza.

«Tu credi che il denaro abbia un valore? Sbagli, Pier Maria. Il denaro misura un valore. E sai quale valore misura? Quello della ricchezza del territorio in cui viene messo in circolazione. Se tu avessi voluto comprare terra da coltivare, ma qui intorno ci fossero stati solo sassi e roccia, a che ti sarebbe servito il tuo denaro? La nostra terra ha un valore, non quelle banconote che hai portato dalla pianura. I nostri semi hanno un valore, la nostra acqua. Con la terra, i semi e l’acqua si può produrre cibo che possiamo mangiare. Puoi forse mangiare il denaro? No, non puoi. Puoi comperarci del cibo, oh certo che puoi. Solo se qualcuno è disposto ad accettare il tuo denaro però. E qui a Limite, non lo troverai. E sai perché? Perché qui abbiamo capito che il denaro è uno strumento alquanto imperfetto per misurare il valore delle cose»

«Io… non capisco. Perché sarebbe imperfetto?»

«Perché non si consuma. Non marcisce, resta sempre uguale»

«Ma questo è un bene! Come si potrebbe conservare a lungo se si consumasse?»

«Esattamente per questo è un male! Vedi le cose al contrario, ragazzo mio. Il denaro non deve essere conservato a lungo. Come il grano. Ne teniamo da parte, certamente, ma non per più di una stagione. Lo maciniamo, lo mangiamo e, soprattutto, lo seminiamo. Perché tenerlo semplicemente da parte? Sarebbe un controsenso. E allora, se il denaro serve per misurare il valore di cose che deperiscono, perché non deperisce anche lui?» Pier Maria era sempre più confuso.

«Ma… voi lo avete accettato però. Perché lo avete fatto?»

«Perché sapevo che prima o poi sarebbe accaduto quello che oggi, effettivamente, è accaduto. Sapevo che saresti tornato da me».

«Quand’è così, perdonate Consigliere, allora perché non avete tenuto da parte il denaro?»

«Ti è mai mancato qualcosa da quando sei arrivato qui a chiederci ospitalità? Ti abbiamo mai negato qualcosa? Certo, non abbiamo tutte le comodità a cui in pianura siete abituati, ma quello che abbiamo lo abbiamo sempre condiviso con te, non è così?»

«Beh… sì»

«E nessuno di noi sapeva che avevi quel denaro! Pier Maria, nessuno di noi ti considerava in virtù del tuo denaro, ma per quello che sei. E sei un bravo lavoratore, ti sei inserito bene nella nostra comunità. Quando tu hai iniziato a lavorare assieme a noi… la nostra comunità – uso un’espressione che a voi di pianura piace tanto – è diventata più ricca. Ora rifletti e ti prego…» disse scandendo bene le parole «Rispondi solo dopo averci pensato bene. Quando il denaro della tua scatola ha iniziato… a circolare a Limite, siamo diventati più ricchi? E soprattutto: ora che ho bruciato il tuo denaro, siamo diventati più poveri?»

Ci fu un lungo silenzio. Una lacrima iniziò lentamente a solcare il viso di Pier Maria. Era talmente stordito che non era nemmeno corso ad asciugarsi gli occhi. Mostrare che stava piangendo sarebbe stata una vergogna per lui in pianura. Ora, davanti al fuoco, davanti al Consigliere, non aveva nemmeno la forza di muoversi.

Rimase immobile a lungo. Quando si alzò, il Consigliere non proferì parola, lo accompagnò alla porta, gli dette una amichevole pacca sulle spalle e lo lasciò uscire. Poi tornò ad accudire il fuoco.

Di quello che accadde quella notte a Pier Maria, i limitesi vennero a conoscenza solo all’indomani. Non vedendolo nei campi si preoccuparono e alcuni di loro andarono a casa sua, pensando che fosse rimasto addormentato. In realtà, rientrando dopo essere stato dal Consigliere Capo, Pier Maria era talmente scosso che aveva iniziato a tremare. Nel salire gli scalini che portavano alla sua porta, era scivolato procurandosi (questo venne appurato in seguito) una brutta frattura ad un piede. Si era gettato sul letto in stato confusionale, senza capire se stesse peggio per la caduta o per quanto era accaduto dal Consigliere.

Le conseguenze furono che dovette rimanere immobile a lungo. Ma il terreno, suo o della comunità (a questo punto che importanza aveva?) non fu trascurato. Gli altri, compreso che Pier Maria non avrebbe potuto fare la sua parte per un bel po’, come era consuetudine, lavorarono di più in modo da sopperire alla sua mancanza.

Ogni giorno qualcuno andava a fargli visita, lo aiutava nelle faccende domestiche, spesso condividendo il pasto con lui. Un giorno anche Sura volle andare a trovarlo. Fu una situazione curiosa. Sura era di poco più giovane di Pier Maria, ma per il ruolo che ricopriva a Limite, quello di Custode del Grano, tutti le mostravano un rispetto che ora Pier Maria avvertiva con un certo imbarazzo. Lei però fu molto gentile con lui, non gli fece pesare la sua posizione, anzi, fece di tutto per farlo sentire a suo agio.

«Quando sono nata, mio padre e gli altri erano appena arrivati qui sull’altopiano» le disse «Perciò sono cresciuta secondo i princìpi che i limitesi si sono dati. A differenza di mio padre e degli altri anziani, non ho ricordi di una precedente vita in pianura. Questo rende molte cose più facili da un lato… ma mi toglie anche la possibilità di un confronto. Conosco certe cose solo dai racconti di mio padre…»

«Credo che tu sia una persona molto fortunata, Custode Sura. Sono sicuro che tuo padre ti avrà trasmesso al meglio i valori in cui crede. Quanto ai confronti… forse in certi casi è meglio non farne, credimi…»

«Quando il Consigliere Capo ci disse che ti aveva venduto il primo pezzo di terra mi sono arrabbiata con lui. Ma mi fidavo di lui, mi sono sempre fidata. E ho capito presto che lo ha fatto perché voleva che tu capissi qualcosa – non sapevo ancora cosa – ma sapevo che era qualcosa che non si poteva insegnare a parole. Era qualcosa che voleva che tu provassi di persona…»

Pier Maria annuì pensieroso: «Lo ripeto, sei fortunata. Non solo per avere tuo padre, ma anche per avere il Consigliere Capo. Credimi se ti dico che non c’è stato periodo in tutta la mia vita in cui ho imparato tante cose come quest’ultima stagione. Il Consigliere Capo è stato… beh, è stato spietato con me. Ma ha fatto bene, perché lo meritavo…»

«C’è una cosa che vorrei chiederti, se posso» azzardò Sura.

«Certo»

«Se una cosa del genere ti fosse accaduta giù in pianura… questo incidente intendo. Come avresti fatto? Come funzionano le cose giù da voi quando qualcuno si fa male e non può lavorare? Non ci sarà mica di mezzo il denaro anche per le questioni di salute, vero?»

Ecco, quella fu l’ultima della lunga serie di cose che Pier Maria imparò da quell’esperienza.

Imparò che si può piangere e ridere nello stesso momento.

***

Ci vediamo a Limite, tra due mesi, con il prossimo racconto.

Non mancare!

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