di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org
Una delle esperienze che normalmente i guariti raccontano è anche quella di aver cambiato radicalmente la loro vita, nel senso che nessuno guarisce se non passa attraverso un cambiamento scelto di tutte quelle situazioni della vita, e anche quelle relazioni, che procurano sofferenza.
Quindi il curarsi, il prendersi cura di sé, comprende una bonifica della vita riguardo a tutte quelle situazioni, quelle relazioni, che a volte ci trasciniamo, perché le abbiamo ereditate o perché crediamo ci siano indispensabili ma che, invece, ci procurano sofferenza.
Invece di prendere medicine, la maggior parte dei guariti, per quanto riguarda la statistica personale che io ho, hanno in sé sperimentato questo cambiamento radicale.
Ad esempio, gente che ha lasciato un lavoro che non gli apparteneva, che non sentiva suo; gente che ha dovuto rinunciare a delle storie d’amore perché non erano nutrienti, non erano costruttive, non erano evolutive; e anche persone che si sono ricordate chi erano, cosa desideravano da bambini e improvvisamente sono tornate a ciò a cui avevano rinunciato.
Nessuno guarisce senza cambiare.
Senza essere passato da questo.
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Così Giulietta Bandiera, saggista, biografa, docente di una scuola di psicodinamica e counseling transpersonale a Milano, in una delle tante conferenze sullo sviluppo del potenziale umano che tiene in tutta Italia (a fine post il VIDEO che riporta le parole sopra trascritte).
Trovo completamente condivisibile il suo pensiero: la malattia spaventa, ma è anche un’occasione importante per guarire le piaghe dell’anima, mettere in atto quei cambiamenti che possono permetterci di tornare a vivere meglio di prima.
Se ci mettiamo in ascolto del corpo, ogni sintomo ci parlerà. Smetterà di apparire come qualcosa da contrastare esclusivamente con i farmaci diventando, invece, anche occasione per un dialogo con noi stessi.
I sintomi, infatti, sono sempre messaggi del nostro organismo che ci sta dicendo che qualcosa è fuori equilibrio. E non è mai un caso, né il luogo in cui si manifestano, né il momento in cui compaiono. Per interpretarli è necessario essere attenti. E anche disponibili a porsi delle domande.
Dunque, per prima cosa, la malattia ci invita a fermarci.
A capire dove siamo, come stiamo vivendo, quali sono i pensieri e le emozioni prevalenti, come ci stiamo nutrendo (intendo in senso lato, quindi non solo il cibo, ma tutto ciò che stiamo facendo entrare nel nostro organismo), cosa è in eccesso nella nostra vita e cosa, invece, manca.
In questa ottica la guarigione non è, allora, semplicemente la remissione momentanea di certi sintomi, ma un percorso impegnativo da intraprendere con determinazione, nella consapevolezza che corpo, mente e anima sono collegati e che si può superare la prova della malattia curando sì la nostra parte più fisica, ma che non è possibile farlo senza interpellare anche le nostre dimensioni più sottili: psichica e spirituale.
Aprire gli occhi e prendere coscienza del nostro mondo interiore significa poi, di conseguenza, dare inizio a una necessaria rivoluzione personale.
Si può guarire infatti, ma solo se siamo capaci di allontanarci da ciò che ci fa male, se siamo in grado di avviare nel nostro quotidiano delle trasformazioni, dei cambiamenti che ci possano traghettare verso qualcosa che rispecchia meglio ciò che siamo veramente al di là dei meccanismi di sopravvivenza, spesso schemi sfavorevoli, che abbiamo adottato nell’arco dell’esistenza.
Prendere la decisione di cambiare la propria vita significa anche lasciare l’atteggiamento di vittima per assumersi la responsabilità della propria felicità e della propria evoluzione; riconoscere che abbiamo dei punti forti, dei limiti e dei punti deboli; cercare di sviluppare i punti forti, di superare i limiti e di vincere punti deboli; apprezzarsi invece che disprezzarsi; considerarsi importanti quanto gli altri; superare la paura del giudizio altrui; vedere la vita come un’amica ed essere aperti ad imparare ad ogni nostra esperienza.
Un lavoro enorme che non sempre siamo in grado di fare da soli e, allora, sarà bene trovare il professionista giusto che possa accompagnarci in questo viaggio.
Sì, perché decidere di guarire è come decidere di partire per un viaggio.
Ed è un’avventura che richiede forza, coraggio, pazienza, tempo, ma che può essere affrontata e portata a termine con successo.
Perché siamo nati per essere felici, non per soffrire.
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