Tu chiamala, se vuoi, democrazia

Noi del Bar di Don Chisciotte ci siamo chiesti cosa voglia significare ormai il termine democrazia. Ne sentiamo parlare ovunque, in vario modo, ma, in realtà, la finalità è quella di richiamare sacri valori di partecipazione popolare o piuttosto, l’esigenza di riscrivere le regole (temiamo) a scapito della partecipazione popolare al voto? A fronte della questione astensionismo e delle nuove realtà e dinamiche sociali rispetto al dopoguerra negli anni ’50, quali potrebbero essere le nuove sfide per rinnovare le democrazie occidentali, che ci paiono in grave crisi?

Il motivo scatenante della nostra discussione è stata la dichiarazione di Mattarella a Trieste, qualche giorno fa, che abbiamo tentato di intrepretare e commentare.

… le condizioni minime della democrazia sono esigenti: generalità e uguaglianza del diritto di voto, la sua libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine e non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze.

Non è democrazia senza la tutela dei diritti fondamentali di libertà, che rappresentano quel che dà senso allo Stato di diritto e alla democrazia stessa.

Una democrazia “della maggioranza” sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione, per la confusione tra strumenti di governo e tutela della effettiva condizione di diritti e di libertà.

Ma se una democrazia non è che l’espressione della volontà della maggioranza dei votanti, cos’altro può essere?

Buona visione!

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