“AS BESTAS” E LA SPECULAZIONE ENERGETICA DELL’EOLICO

Inizia con questa scena, rallentata, senza audio ma accompagnata da una musica dolorosa e distorta, As bestas, film del 2022 del regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen. Una scena i cui significati, anche sottili, si sveleranno lungo il corso dell’opera.

Siamo appunto fra le montagne galiziane, in un minuscolo paesino ormai quasi disabitato dove da due anni si sono trasferiti Antoine e Olga, due coniugi francesi che, cambiata radicalmente vita, ora si dedicano alla coltivazione biologica e vogliono sistemare alcuni ruderi per renderli nuovamente abitabili.

La convivenza però con alcune persone del luogo è tutt’altro che facile, in particolare con i loro vicini di casa, i fratelli allevatori Xan e Loren che vivono ancora assieme alla loro anziana madre. Sono nati e cresciuti lì, senza mai allontanarsi da quei luoghi aspri, non hanno studiato, hanno conosciuto solo la fatica, la povertà e l’odore della terra e delle bestie. L’alcol è l’unica medicina contro la rabbia e la tristezza. Antoine e Olga invece sono colti, hanno viaggiato in molte parti del mondo, Antoine era un professore universitario; sono francesi e per di più giunti in Galizia da pochissimo tempo e quindi percepiti quasi come dei piccoli invasori e colonizzatori.

Ma a far precipitare la situazione ci si mette l’offerta di un grosso colosso dell’energia “pulita” norvegese che vuole comprare molti terreni per impiantarci delle pale eoliche. Dei nove proprietari interessati dalla possibile vendita solo tre votano contro. Uno di questi è Antoine. Xan e Loren invece sono tra i più favorevoli alla vendita perché in essa vedono una possibilità di riscatto, la grande occasione che il destino ha loro porto per andarsene e costruirsi una nuova vita. Gli screzi con Antoine diventano odio, viscerale.

«Io sono qui da 52 anni, lui da 45, mia madre da 73 e ci siamo rotti i coglioni di essere dei poveracci. Ma guarda il peggio non è questo. Il peggio è che non lo sapevamo che eravamo dei poveracci finché non sono arrivati quelli delle pale eoliche a sventolarci tutti quei soldi in faccia. E adesso, ogni volta che mi alzo, alle cinque di mattina, con un dopo-sbornia della Madonna e la schiena che mi fa un male cane mi ricordo di te, e allora comincia un altro bellissimo giorno. […] Quei quattrini erano miei di diritto. Quei soldi mi spettavano di diritto, cazzo! E tu ti sei messo in mezzo tra me e i miei soldi! È chiaro?». Così Xan affronta Antoine in una tesissima scena al bar del paese, ormai vuoto. Soltanto Loren è con loro.

Il regista lavora con tutti gli strumenti che il cinema mette a disposizione per giocare con la tensione come in un crescendo. E quando sembrerebbe che si sia giunti al culmine di questa tensione, si riparte con un registro più pacato, ma poi l’onda monta nuovamente sino alla risoluzione finale. La fisicità degli attori, l’asperità dei paesaggi, i silenzi come gli scontri, le liti, il montaggio che gioca con la sospensione, con le ellissi così da creare un ritmo spezzettato, la musica ritmata, quasi ossessiva, tutto sembra portare il film sul piano dell’istintualità, dove la ragione, che pur tenta di giocare le sue carte, sembra dover soccombere. Anche perché lo spirito non entra mai in scena. E così gli uomini e le relazioni hanno un che di caotico, di ferino, di bestiale appunto, come recita il titolo. E non si pensi di poter isolare tale elemento solo da una parte, in un gruppo, in una famiglia, perché questa bestialità alla fine sembra avvolgere tutti, pur se in forme diverse. È come un magma psichico che intrappola e da cui non si crede di poter più uscire. Occorre la catastrofe perché si possa giungere alla catarsi.

Solo un film si dirà. Una narrazione cupa e pessimistica dell’animo umano, della lotta per la sopravvivenza ancora prima che per la conquista di un’identità. Ma il film ci riporta subito al realismo di tale narrazione. In primis perché As bestas è tratto da una storia vera, dalle vicende che hanno visto per protagonisti due coniugi olandesi, Martin e Margo, trasferitisi nel 1997 in un paesino della Galizia, Santoalla. Dopo una decina d’anni un’azienda decise di comprare molti terreni, tra cui quelli di Martin e Margo per impiantare una centrale eolica. La coppia si oppose, mentre altri abitanti del luogo volevano a tutti costi vendere i propri terreni. Le conseguenze e l’esito finale ebbero il tono della tragedia.

Realismo del film che parla a noi oggi, con l’assalto speculativo delle multinazionali dell’energia eolica, ad iniziare dalla Sardegna dove suddette multinazionali vogliono accaparrarsi per pochi soldi migliaia di ettari di terreno e di mare per installare gigantesche pale dell’altezza di circa 250 metri.

La forza dei “grandi”, della politica a cui non interessa minimamente il Bene comune, contro i popoli. Ma il film ci aiuta ad andare più a fondo e a non fermarci ad una prima analisi politica, economica e ambientale. Il gioco di chi ha il potere, è sempre quello di mettere i cittadini gli uni contro gli altri. Oggi il fronte che si oppone a queste speculazioni energetiche sembra compatto. Ma fino a quando? E fino a quanto?

Perché il potere sa giocare d’astuzia e non usa fin da subito tutte le sue carte. Attende e osserva, dall’alto, le mosse del suo avversario. Magari alzando in un secondo momento l’offerta economica, o proponendo una diversa soluzione che appare come un “buon compromesso”. E così il fronte popolare può incrinarsi, e infine cedere e spaccarsi definitivamente.

Nel film, seppure i personaggi sono forse costruiti puntando all’estremizzazione dei caratteri, lo scontro si protrae per lungo tempo fino a sfibrare le menti dei contendenti. L’uno sempre più inferocito contro l’altro. Si lavora ai fianchi e non solo frontalmente, corrompendo altri proprietari per far loro votare favorevolmente alla vendita dei terreni. Un gioco estenuante, di nervi, di viscere, di soldi, con l’obiettivo che l’altro ceda, esausto e annichilito.

Guardiamo allora ad un passato molto recente, al periodo del famigerato greenpass. Anche qui il potere ha calato l’asso quando la partita sembrava in bilico. All’inizio del 2022 ha reso possibile scaricarsi facilmente la tessera verde andando in farmacia. Potremmo dire, senza timore di sbagliare, che circa l’80% di chi si opponeva a tale infame misura è corso a scaricarselo cercando ogni espediente possibile. I discorsi su un fronte che doveva restare unito, che doveva ragionare come un Noi e non come tanti piccoli Io si sono dissolti nel giro di poche settimane. Chapeau al potere!

Non solo, ancora oggi, quando si esprime tale “ovvietà” si alzano gli scudi, si accampano le più ridicole scuse e giustificazioni, dimostrando che non si è capaci di una riflessione obiettiva, sui princìpi; si sprofonda invece sempre nel discorso personalistico. Senza nemmeno rendersene conto si entra nel dominio dell’istintualità, appena temperata dalla ragione. E il pensiero spirituale, ovvero metafisico e simbolico? Non si è mai veduto né sentito.

Il principio da difendere era, prima di tutto, che bisognava mettere da parte ogni rivendicazione personale e guardare al Bene maggiore che non poteva che essere un Bene di e per tutti, che imponeva il sostegno vicendevole e il sacrificio, se necessario. Sì, il sacrificio.

È stata una prova che la Storia ha permesso ed è stata mancata. Anche la speculazione energetica a cui stiamo assistendo proprio oggi è la riproposizione della medesima prova. Cambiamo le forme esteriori, ma la sostanza profonda è la medesima. Ma per leggerla come tale bisogna vedere come le mosse, gli atteggiamenti del potere non sono altro che lo specchio di questa umanità e quindi anche di ciascuno di noi. Soltanto che in loro, questi si mostrano ingigantiti ed estremi. L’individualismo è in fondo un veleno che scorre nelle vene dell’uomo d’oggi, in ogni uomo. Chi oggi è davvero capace di un gesto d’amore oblativo, di una condivisione disinteressata, di sacrificare il proprio tempo e le proprie risorse per metterle al servizio di un Bene più grande, per la comunità? Chi è capace di tener fede alla parola data, ad un principio superiore quando il costo da pagare si fa alto, altissimo? Le eccezioni confermano la regola, al punto che tali parole suonano addirittura ridicole alle orecchie dell’uomo d’oggi, sembrano sciocche e idealistiche visoni di uno squilibrato. Il fatto è che questa è un’umanità talmente decaduta da non sapere più nemmeno quale sia la vera statura dell’Uomo. Perché noi ragioniamo, contro ogni evidenza, come se “questa società” potesse durare chissà ancora per quanto. Mentre al contrario siamo prossimi alla sua deflagrazione. E solo dopo ci sarà la catarsi. E dunque per recuperare la reale statura dell’Uomo, le prove si rendono necessarie e non possono essere che prove di fuoco. Ma bisogna prima riconoscerle per decidere di superarle. Bisogna riconoscere che siamo tutti, al fondo del fondo di noi stessi, come Xan, Loren, Antoine e Olga. Nella magmaticità degli eventi possiamo facilmente sprofondare.

Chiudiamo con le parole sferzanti di un grande intelletto, di un vero uomo della Tradizione morto quasi 60 anni fa, Attilio Mordini, con la speranza che alcuni fra noi le sappiano fare proprie. Le categorie di cui lui parla sono ovviamente categorie dell’anima.

«Se è caratteristica del plebeo e del proletario combattere e magari sacrificare la propria vita nella certezza della vittoria, se è caratteristica del borghese combattere anche quando le sorti sono molto dubbie per difendere certi interessi, è caratteristica tutta aristocratica combattere anche sapendo di perdere, è caratteristica tutta aristocratica saper vivere spiritualmente già oltre l’ostacolo, saper vivere già di vita eterna nell’adempimento della propria missione nel mondo».

Di Massimo Selis, giubberossenews.it

Fonte: https://giubberossenews.it/2024/07/03/as-bestas-e-la-speculazione-energetica-delleolico/

NOTA: Le immagini riportate nell’articolo sono di proprietà di Arcadia Motion Pictures / Caballo Films / Cronos Entertainment

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