È ricordando la dedica a Toni Negri di tutto il programma politico e culturale del Festival che inizia la presentazione della raccolta di articoli uscita da poco per Deriveapprodi “Un viaggio immobile. Cronache per la Folha de S.Paolo”, con Clara Mogno, curatrice del libro.
La raccolta nasce lo scorso autunno, grazie al ritrovo di una cartella di dattiloscritti, pensanti tra il 1996 e il 2005 per il giornale brasiliano Folha de S. Paulo, scritti da Negri tra l’esilio parigino e il carcere a Roma. Si tratta di un assortimento estremamente eterogeneo, spiega la curatrice Clara Mogno, lo sguardo di Toni va dalla globalizzazione ai mondiali Corea-Giappone del 2002, fino a Spinosa e Machiavelli. Il tutto caratterizzato dalla curiosità che spinge verso il viaggio e la scoperta di cose nuove; è attraverso la diversità dei temi trattati che si articolerà l’intervista alla curatrice.
Partendo dall’articolo del 1996 “Attendendo impero”, uscito negli stessi anni di scrittura ed elaborazione del famosissimo “Impero”, che riferimenti cogliamo in questo articolo quasi rivelatorio?
Pubblicato quattro anni prima dell’uscita del celebre saggio “Impero” scritto a quattro mani con Micheal Hardt, è un articolo che riesce ad anticipare alcune delle categorie chiave presenti nelle opere successive di Negri. Nell’articolo si analizzano i rapporti tra l’avanzamento di questa nuova categoria di potere mondiale, l’Impero, e lo stato nazione, visto come “reperto archeologico o guscio vuoto” che continua però a perpetrare meccanismi di violenza ed esclusione.
Il diritto e in particolare modo il diritto internazionale, spiega Mogno, entra in gioco ed è preso come una spia della costituzione dell’Impero, perché attraverso il diritto «costruisce nuove centralità e nuove gerarchie di comando su scala globale», incidendo sulla giurisprudenza degli Stati-nazione ma anche sul diritto commerciale.
A partire da questa analisi Mogno riprende: “Negri afferma la necessità di pensare la liberazione di tutte e tutti dallo sfruttamento a livello mondiale e di come creare spazi e modi di libertà cosmopoliti fuori dallo stato nazione e contro le logiche del capitale”.
Nel saggio “Europa Europa” Toni si dichiara apertamente “europeista”, ma allo stesso tempo aveva le idee ben chiare su un progetto di Europa comune che già allora appariva soffocato dalla sua costituzione commerciale e finanziaria.
“Potremmo dire che l’Europa è molte cose, e può essere letta da prospettive estremamente diverse. L’Europa e l’europeismo di Negri, la loro lettura e il tentativo di azione trasformatrice sono tesi verso un’idea di Europa che non sia solo tessere una comunità economica e finanziaria”.
L’Europa che traspare in questi scritti, come in tutta la produzione di Negri, è fondamentalmente un progetto oltre che una pratica continua contro la guerra, ed in questo è implicata una critica allo stato nazione da una parte, e un desiderio di libertà e di costruzione di alternativa sugli assi di liberazione mondiale dal capitale in un senso cosmopolita dall’altra.
Si tratta quindi di capire che ruolo gioca l’Europa in relazione alla tendenza – letta attraverso la categoria di “Impero” – del capitalismo nella globalizzazione. “Il progetto della costituzione dell’Europa primariamente contro la guerra risulta fallimentare all’ora come oggi, in questo emerge la urgente necessità di risignificare e riempire di senso questo progetto”.
Un altro tema ricorrente è quello dello Stato nazione che ritroviamo nell’articolo sul ritorno del “nazionalismo di sinistra”. In questo articolo iniziano a intravedersi contraddizioni politiche che oggi sono all’ordine del giorno.
“Riprendere la figura dello stato nazionale è anacronistico oltre che pericoloso” spiega Mogno dopo aver letto una citazione dall’articolo. “L’unica cosa realmente utile è pensare di agire a livello globale, prendere quindi l’impero per come si dà e organizzare un contrattacco che sia all’altezza, senza riprendere in mano strumenti archeologici come lo stato nazione, che lo era 26 anni fa come oggi”.
Molti degli articoli parlano ovviamente di filosofia: il suo eterno amore Spinosa ma non solo. Cosa si trae da questi spunti?
Necessariamente negli articoli ritornano gli argomenti di studio accademico di Toni, ma soprattutto emerge uno stile filosofico. Si tratta di uno stile filosofo libero dalle categorizzazioni dalle scuole filosofiche, che le oltrepassa per dare spazio ad una curiosità che abbraccia un senso reale di potenza, trasmesso da Spinosa, che risulta poi trasformazione. “Provare a costruire critiche del presente, a partire da brillante un senso di libertà”.
Diversi articoli parlano di calcio, del Toni tifoso (“Io, Toni Negri, milanista”), ma anche appassionato e analista. Il libro si chiude proprio con una appendice sul calcio e l’ultimo articolo si intitola “il calcio anticipa la globalizzazione”. Cosa ci dici in merito?
“Aveva il grande pregio di essere milanista” scherza Clara nell’iniziare a rispondere alla domanda.
Nel calcio ritroviamo una passione “che fa muovere” sia dal punto di vista del pensiero sia del desiderio di stare insieme.”
In questi articoli si rimanda al “goal più bello della vita”, ricordo che fa riferimento ad una partita Padova-Torino in cui Toni era ancora bambino. Una partita descritta come una dinamica Davide-Golia in cui il Padova soltanto alla fine trova il modo di fare questo fatidico goal e vincere il gigante. Il tutto viene solo immaginato poiché Toni, troppo piccolo per vedere effettivamente la partita, fantasticò su dinamiche in realtà molto diverse, in uno sviluppo per cui il “General intellect” viene messo in atto contro la grande Torino.
Nell’ottica della globalizzazione il calcio viene letto come ulteriore segnale dell’eliminazione dello stato nazione, dove le squadre funzionano e vincono perché hanno una composizione globale e diversificata, che oscurano le appartenenze nazionali in funzione di una vittoria del comune.
Toni ha parlato a lungo del ’68, avendolo vissuto da protagonista. Nell’articolo riportato nel libro lo descrive come uno spartiacque tra moderno e post-moderno, in cui ritorna il tema della doppia forza: la riarticolazione del comando da un lato e la capacità di soggettività rivoluzionarie di creare nuove forme di politica dall’altro.
Nelle ultime battute di questo articolo Toni ci dice: “Se è stata una rivoluzione politica mancata, è stata una rivoluzione ontologica completamente riuscita”.
In questa lettura, commemorare il ’68 risulta abbastanza superfluo, ma centrale sarebbe “creane di nuovi”, per l’invenzione continua di forme di contro potere.
Il tema dell’eredità al momento risulta estremamente politico: la capacità, che Toni incarnava, del pensiero critico di innervare i movimenti sociali con l’obbiettivo di reinventare nuove forme all’altezza dei tempi che attraversiamo. Su questi temi c’è un cantiere aperto con Euronomade.
“Una delle cose che ci lascia Toni è propri un senso di vitalismo e vitalità quasi incontenibile, che si traduce nello studio in curiosità e brillantezza. Questo studio è estremamente ancorato alla realtà, lo permea, per capirla e per trasformarla, abbandona ogni feticismo e si rivolge ad un comune”.
Con queste parole Clara Mogno risponde all’ultima domanda di questa intervista, alla scoperta dell’ultima raccolta di articoli di Toni Negri.