Cosa sta succedendo in Bangladesh?

Cosa sta succedendo in Bangladesh: tra piazze studentesche in rivolta, governo in fuga e repressione.

Il 4 agosto, la Premier bengalese Sheikh Hasina si è dimessa dal suo incarico e ha lasciato il paese, volando in elicottero in India.

Il suo governo è caduto dopo un mese di proteste cittadine lanciate da collettivi universitari di tutto il Bangladesh, proteste che hanno preso la forma di una vera e propria rivolta. La repressione è stata feroce: le forze dell’ordine hanno ucciso almeno 300 persone, si contano a migliaia quelle ferite.

Che cosa è successo?

Il 5 giugno, l’Alta Corte ha reintrodotto la quota che riserva il 30% dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione per li discendenti di chi ha combattuto nella Guerra di liberazione del Bangladesh del 1971.

La quota era stata abolita nel 2018 dopo non poche proteste: è innegabile come la reintroduzione di questa quota sia causata dalle pressioni di Seikh Hasina e del suo partito, la Lega Popolare Bengalese o Lega Awami.

Seikh Hasina, figlia del padre fondatore del Bangladesh Seikh Mujibur Rahman, è in carica dal 2009 e ha di fatto trasformato il paese in una dittatura.

Dalla reintroduzione delle quote, sono iniziate una serie di proteste spontanee e pacifiche. Non facenti riferimento a nessun partito o forza politica, queste piazze si sono ritrovate sotto il nome di SAD (Students Against Discrimination).

Il sistema delle quote prevede che, oltre al 44% dei posti assegnati per merito, il 26% venga assegnato a minoranze quali donne, persone disabili, minoranze etniche ecc. 

Il SAD non chiedeva un’abolizione di queste quote, ma solo del 30% assegnato, che rappresentando lo 0.12-0.2% della popolazione hanno di fatto un posto di lavoro assicurato, un lavoro che in Bangladesh permette di condurre una vita agiata.

COSA E’ SUCCESSO DURANTE LE PROTESTE

– 5 – 9 luglio: iniziano proteste pacifiche, in particolare a Dacca, la capitale.

– 10 – 13 luglio: le proteste si evolvono in grandi blocchi stradali. Si verificano i primi scontri con la polizia e il primo attacco della Chhatra League, giovanile del partito al governo.

– 14 luglio: la premier qualifica chi protesta come “Razakars”, di fatto uno slur traducibile con “traditori della patria”. 

– 15 luglio: la Chhatra League attacca diversi manifestanti in diversi atenei e anche l’Ospedale Universitario di Dhaka.

– 16 luglio: si verificano diversi morti durante gli scontri. Il governo dichiara la chiusura a tempo indefinito di tutte le scuole e università del paese.

– 18 luglio: mentre le proteste e la repressione si intensificano, il governo taglia l’accesso a internet in tutto il paese.

– 22 – 28 luglio: diversi arresti all’interno del movimento studentesco, viene lanciato in seguito un comunicato che annuncia la fine delle proteste nel paese.

La repressione attuata è stata inquietante: la polizia ha usato lacrimogeni, manganelli, proiettili di gomma. Si contano più di 300 morti. La Chhatra League ha utilizzato pratiche squadriste e fasciste. Qualsiasi persona, in particolare se giovane, era in pericolo: venivano effettuate perquisizioni in casa, sequestrati cellulari, arresti solo per il fatto di studiare all’Università.

Nonostante la repressione, gli scontri e le morti, le proteste non si sono fermate: il 4 agosto è stata organizzata una lunga marcia verso il palazzo della premier, assaltandolo. Sheikh Hasina ha lasciato il paese. Al momento si è creato un governo ad interim, al cui capo c’è il Premio Nobel per la Pace Yunus Muhammad.

“Confidiamo in Yunus”, dice uno dei portavoce del SAD. La situazione al momento è ancora incerta, e del futuro del paese ancora non si sa molto. Certo è che le proteste studentesche hanno preso una piega molto più grande di una semplice riforma: nonostante la repressione, il popolo bengalese si è rivoltato contro uno Stato e un governo fascisti.

È importante notare, in un contesto globale sempre più conflittuale, anche gli interessi occidentali nella regione, in primis quelli degli Stati Uniti. Il 30 ottobre 2023, gli USA, insieme ai loro alleati più stretti (UK, Australia, Canada, Giappone, Corea del Sud e Norvegia) hanno firmato un comunicato n cui invitano governo e opposizione a lavorare insieme per garantire elezioni libere imparziali partecipate e pacifiche. Il Bangladesh è l’economia che in Asia è cresciuta di più negli ultimi dieci anni, grazie soprattutto al settore tessile, legato al fast fashion di cui è secondo esportatore nel mondo. 

Inoltre, ci sono due fattori che mettono in allerta gli USA e i loro alleati: 

1. Tra le democrazie del sub continente indiano, il Bangladesh è visto come la più debole. Ciò permetterebbe agli USA di agire con più forza, con meno rischi sul piano geopolitico. 

2. Il coinvolgimento della Cina: sotto il regime sempre più autoritario di Hasina, il paese ha aderito alla Belt and Road Initiative, ricevendo 26 miliardi di dollari di investimenti dalla Cina tra il 2016 e il 2022. Questo mette chiaramente in difficoltà gli Stati Uniti.

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