Il ritorno nelle terre insanguinate: l’Operazione Krepost

Big Serge
bigserge.substack.com

Martedì 6 agosto, la guerra russo-ucraina ha preso una piega inaspettata con l’inizio di un assalto ucraino a livello di brigata nell’Oblast’ di Kursk, di fronte all’Oblast’ ucraino di Sumy. La decisione del comando ucraino di voler aprire un nuovo fronte in un momento in cui le difese sugli assi critici del Donbas stanno cedendo è aggressiva e pericolosa. Lo spettacolo sensazionale di un’offensiva ucraina nella Russia prebellica, in una regione operativamente lontana dal teatro critico della guerra, ha mandato in fibrillazione il pubblico e la maggior parte dei commentatori e degli osservatori sembra essersi subito affidata ai propri istinti narrativi di base. I russi “pessimisti” si sono affrettati a denunciare la vicenda come un catastrofico fallimento da parte del Ministero della Difesa russo, gli “accelerazionisti” hanno strombazzato l’irrilevanza delle linee rosse russe, mentre i commentatori filo-ucraini più disillusi si sono disperati per l’operazione, considerata uno spettacolo secondario e dispendioso che condanna il fronte del Donbass alla sconfitta.

Nell’attuale ecosistema dell’informazione, le persone si formano opinioni molto molto in fretta e l’eccitazione le porta spesso a gettare al vento la prudenza, nonostante l’orgia di disinformazione e inganno che circonda tali eventi. Vale la pena di notare, tuttavia, che sono passate solo due settimane dall’inizio di un’operazione che, a quanto pare, nessuno si aspettava, e quindi dovremmo essere cauti con le certezze e distinguere attentamente tra ciò che pensiamo e ciò che sappiamo. Tenendolo presente, facciamo un’attenta analisi dell’operazione ucraina nella sua forma attuale e cerchiamo di delineare il concetto strategico dell’assalto e le sue possibili traiettorie.

L’improvvisa e inaspettata esplosione dei combattimenti nell’oblast’ di Kursk ha ovviamente sollevato paragoni con la Battaglia di Kursk del 1943, che spesso viene erroneamente definita la “più grande battaglia di carri armati di tutti i tempi”. Per tutta una serie di ragioni, il paragone con quella famosa battaglia è sbagliato. L’Operazione Cittadella della Wehrmacht era stata un’operazione limitata e poco ambiziosa contro una difesa in piena allerta, caratterizzata da una mancanza di immaginazione strategica e di sorpresa strategica. L’attuale impresa ucraina potrebbe trovarsi all’estremità opposta dello spettro: altamente fantasiosa e probabilmente in modo pericoloso. Tuttavia, il ritorno di attrezzature militari tedesche nei dintorni di Kursk deve far riflettere. L’attuale campo di battaglia intorno alla città di Sudzha è proprio il luogo in cui, nel 1943, la 38ª e la 40ª armata sovietica si erano concentrate per una controffensiva contro la 4ª armata tedesca. La steppa sudoccidentale della Russia assapora di nuovo il sangue e la terra fertile si spalanca per accogliere i morti.

Krepost: Intenzioni strategiche

Prima di parlare del concetto strategico alla base dell’operazione ucraina a Kursk, riflettiamo brevemente su come chiamarla. Ripetere la frase “Operazione ucraina di Kursk” diventerà rapidamente stancante e arido, e chiamarla “Kursk” o “Battaglia di Kursk” non è una buona opzione – sia perché solleva una certa confusione sul fatto che ci si riferisca alla città di Kursk o all’oblast’ più ampio che la circonda, sia perché c’è già stata una battaglia di Kursk. Pertanto, suggerisco che per ora ci si riferisca semplicemente all’assalto ucraino come all’Operazione Krepost. L’offensiva tedesca del 1943 verso Kursk era stata chiamata in codice Operazione Cittadella, e Krepost (крепость) è una parola slava che indica una fortezza o una cittadella.

L’Ucraina ha compiuto ripetute incursioni oltre il confine russo nel corso di questa guerra – in genere attacchi di sorpresa verso l’Oblast di Belgorod, che si sono rivelati un disastro. La Krepost, tuttavia, si distingue dagli episodi precedenti per diversi aspetti, primo fra tutti l’utilizzo di brigate regolari dell’AFU piuttosto che unità paramilitari create dal GRU (ovvero il Direttorato principale dei servizi segreti ucraini, non il personaggio di Steve Carell della serie Cattivissimo me).

Nelle precedenti incursioni verso Belgorod, gli ucraini avevano optato per l’uso di piccole formazioni irregolari come la “Legione della Libertà della Russia” e il “Corpo Volontario Russo”. Si tratta di quel tipo di unità nominalmente non appartenenti alle forze armate regolari che possono essere utili in certi contesti, perché consentono agli Stati di mantenere una facciata di plausibile negabilità – un buon esempio potrebbe essere l’uso da parte della Russia di forze speciali non identificate nell’annessione della Crimea del 2014. In una guerra attiva, tuttavia, queste formazioni paramilitari si sono rivelate eccezionalmente inefficaci. Comunque si chiamasse la “Legione della Libertà della Russia”, si trattava ovviamente di forze create dal governo ucraino, che utilizzavano armi ucraine e combattevano la guerra dell’Ucraina. L’apparenza non aveva ingannato nessuno, e assurdità come la “Repubblica Popolare di Belgorod” erano solo dei pessimi memi su Twitter.

È da notare, tuttavia, che l’incursione a Kursk non è stata intrapresa da forze travestite (per quanto male) da paramilitari russi indipendenti, ma da forze ucraine che operano come brigate dell’esercito ucraino regolare. Impegnare le risorse principali dell’AFU in un’incursione di terra in Russia, soprattutto in un momento di crisi operativa generale nel Donbas, è qualcosa di completamente diverso dal lanciare su Belgorod un battaglione paramilitare usa e getta.

Perché? Perchè l’aspetto più evidente della zona di Kursk è la sua distanza operativa dal teatro critico della guerra. Il centro di gravità di questo conflitto è il Donbass e la linea difensiva ucraina intorno alle città di Pokrovsk, Kostyantinivka, Kramatorsk e Slovyansk, con assi cruciali paralleli nel ponte di terra e sulla linea del fiume Oskil. La frontiera dell’Oblast’ di Kursk, dove gli ucraini stanno attaccando, è a più di 130 chilometri di distanza dalle battaglie secondarie intorno a Kharkov e a più di 200 chilometri dal teatro principale del conflitto. Data la portata di questa guerra e il ritmo dei progressi, Kursk potrebbe anche trovarsi sulla Luna.

In breve, l’operazione ucraina a Kursk non ha alcuna possibilità di essere di supporto agli altri fronti critici della guerra e, anche ipotizzando i risultati più favorevoli, non ha il potenziale per esercitare un’influenza operativa diretta su tali fronti. Perciò, se si analizza l’intenzione strategica che sta alla base della Krepost, si capisce che l’operazione non ha un’influenza operativa immediata sui fronti esistenti. Sono state proposte diverse opportunità, che esamineremo e contempleremo singolarmente.

1) L’ostaggio atomico

A sessanta chilometri dal confine ucraino si trova la piccola città di Kurchatov (dal nome di Igor Kurchatov, il padre dell’armamento nucleare sovietico) e la centrale nucleare di Kursk. La vicinanza di un impianto così evidentemente importante – e potenzialmente pericoloso – al luogo dei combattimenti ha subito portato molti a presumere che la centrale nucleare fosse l’obiettivo della Krepost.

Queste teorie sono molto riduttive e non supportate e partono dal presupposto che la centrale fosse l’oggetto di un gioco di prestigio, come se l’Ucraina potesse “vincere” raggiungendo la centrale. Non è affatto evidente che sia questo il caso. Si parla tanto di “cattura” dell’impianto da parte dell’Ucraina, ma la domanda rimane: per farne cosa?

L’implicazione sembrerebbe essere che l’Ucraina potrebbe usare l’impianto come ostaggio, minacciando di sabotarlo e di provocare una sorta di disastro radioattivo. Questo, tuttavia, sembra essere sia impraticabile che improbabile. L’impianto di Kursk è attualmente in fase di transizione, e i suoi quattro vecchi reattori RBMK (simili a quelli utilizzati a Chernobyl) sono stati gradualmente eliminati e sostituiti con nuovi reattori VVER. L’impianto è dotato di moderni scudi biologici, di un robusto edificio di contenimento e di altri meccanismi di protezione. Inoltre, le centrali nucleari non esplodono nel senso spesso temuto. A Chernobyl, ad esempio, c’era stata un’esplosione di vapore causata da certi difetti di progettazione che non esistono negli impianti attualmente in funzione. L’idea che i soldati ucraini possano semplicemente premere un gruppo di interruttori e far esplodere la centrale come una bomba nucleare non è realistica.

È teoricamente possibile, si suppone, che gli ucraini possano tentare di introdurre quantità colossali di esplosivo e far saltare l’intero impianto, diffondendo materiale radioattivo nell’atmosfera. Pur non essendo certo un grande ammiratore del regime di Kiev, non posso fare a meno di dubitare della volontà del governo ucraino di creare intenzionalmente un disastro radioattivo che irradierebbe gran parte del loro stesso Paese insieme ad ampie zone dell’Europa centrale, soprattutto perché la regione di Kursk fa parte dello spartiacque del Dnieper.

La teoria della centrale atomica sembra terrificante, ma, in definitiva, è troppo fantasmagorica per essere presa sul serio. L’Ucraina non creerà intenzionalmente un disastro radioattivo in prossimità del proprio confine, che probabilmente avvelenerebbe il suo bacino fluviale principale e la trasformerebbe nel più odiato paria internazionale della storia. Persino con un Paese alla fine delle sue possibilità strategiche è difficile dare credito a un piano così strampalato, che utilizzerebbe mezzi di manovra critici dell’esercito regolare per catturare una centrale nucleare nemica e farla esplodere.

2) Un fronte di diversione

In un’altra formulazione, la Krepost è interpretata come un tentativo di sottrarre risorse russe ad altri settori più critici del fronte. L’idea di un “diversivo” in quanto tale è sempre attraente, al punto da diventare una sorta di tropo, ma vale la pena di considerare cosa potrebbe effettivamente significare nel contesto della generazione di forze relative in questa guerra.

Possiamo iniziare con il problema più astratto: l’Ucraina sta operando con un grave svantaggio nella generazione di forze totali, il che significa che qualsiasi allargamento del fronte graverà in modo sproporzionato sull’AFU. L’estensione del fronte con un asse di combattimento completamente nuovo – e strategicamente isolato – sarebbe uno sviluppo che va a sfavore della forza in inferiorità numerica. Ecco perché, nel 2022, avevamo visto i russi contrarre la linea del fronte di centinaia di chilometri come preludio alla loro mobilitazione. L’idea di estendere il fronte diventa un gioco di prestigio per gli ucraini; con un numero di brigate inferiore a quello dei russi per coprire più di 1.000 chilometri di linea del fronte, diventa discutibile quale esercito venga “deviato” a Kursk. Ad esempio, il portavoce della 110ª Brigata meccanizzata (attualmente attestata in difesa vicino a Pokrovsk) ha dichiarato a Politico che “le cose sono peggiorate nella nostra parte del fronte” da quando l’Ucraina ha lanciato la Krepost, e questo perché arrivano meno munizioni mentre i russi continuano ad attaccare.

Il problema più concreto per l’Ucraina, tuttavia, è che i russi hanno formato un gruppo d’armate settentrionali completamente nuovo, che copre Belgorod, Kursk e Bryansk, e sono in procinto di creare altre due armate equivalenti. Nella misura in cui la Krepost costringerà la Russia a dispiegare le proprie riserve, le basterà prelevarle da questo raggruppamento settentrionale, e non dalle formazioni russe che attualmente attaccano nel Donbass. Le fonti ucraine sono già di umore cupo, visto che non c’è stato alcun ritiro del raggruppamento russo nel Donbass. Finora, le unità russe identificate che combattono a Kursk sono state tutte prelevate da questo raggruppamento del nord.

Più precisamente, la Krepost sembra aver significativamente ridotto la forza ucraina nel Donbas, mentre ha colpito molto poco i russi. In un recente articolo dell’Economist sono state pubblicate interviste con diverse truppe ucraine che combattevano a Kursk, le quali hanno tutte dichiarato che le loro unità erano state “prelevate, senza poter riposare, da fronti sotto pressione nell’est con un preavviso di appena un giorno”. L’articolo prosegue citando una fonte dello Stato Maggiore dell’AFU, la quale osserva che le unità russe che stanno entrando a Kursk provengono dal gruppo di armate del nord, non dal Donbass. Un recente pezzo del New York Times, che annunciava trionfalmente il ridispiegamento delle forze russe, ammetteva che nessuno dei movimenti di truppe della Russia sta interessando il Donbass – al contrario, la Russia sta dispiegando unità fresche dall’asse di Dnipro.

E questo è il problema dell’Ucraina. Combattendo contro un nemico con una capacita superiore di generazione forza, i tentativi di deviare o riorientare i combattimenti rischiano di diventare un gioco di prestigio. La Russia ha circa 50 divisioni equivalenti sulla linea contro, forse, 33 per l’Ucraina – un vantaggio che è destinato a persistere, indipendentemente dalla loro disposizione sulla linea. L’aggiunta di 100 chilometri di fronte a Kursk è fondamentalmente in contraddizione con gli interessi fondamentali dell’AFU in questo momento, che si basano sull’economizzare le forze e sull’evitare una sovraestensione.

3) Uno strumento di contrattazione

Un altro filone di pensiero suggerisce che la Krepost potrebbe essere uno sforzo per rafforzare la posizione dell’Ucraina nei negoziati con la Russia. Un anonimo consigliere di Zelensky avrebbe dichiarato al Washington Post che lo scopo dell’operazione era quello di sequestrare del territorio russo per usarlo come merce di scambio in futuri negoziati. Questa opinione è stata poi confermata dal consigliere senior Mykhailo Podolyak.

Se prendiamo per buone queste affermazioni, forse siamo arrivati alla motivazione strategica della Krepost. Se l’Ucraina intende davvero occupare un’area dell’Oblast’ di Kursk e usarla per contrattare la restituzione del territorio ucraino prebellico nel Donbass, allora dobbiamo porci l’ovvia domanda: si sono bevuti il cervello?

Un piano del genere si scontrerebbe immediatamente con due problemi insormontabili. Il primo sarebbe un evidente errore di valutazione dell’effettivo valore delle fiches sul tavolo. Il Donbass – il cuore degli obiettivi di guerra della Russia – è una regione altamente urbanizzata di quasi sette milioni di abitanti che, insieme alle annesse Zaporozhia e Kherson, costituisce un collegamento strategico critico con la Crimea e garantisce alla Russia il controllo del Mar d’Azov e di gran parte del litorale del Mar Nero. La possibilità che il Cremlino prenda in considerazione l’idea di abbandonare i suoi obiettivi nel Donbass semplicemente per recuperare in modo incruento alcune piccole città nel sud-ovest di Kursk è, in una parola, una follia. Sarebbe, per usare le luminose parole del Presidente Trump, “il peggior accordo commerciale nella storia degli accordi commerciali“.

Se l’Ucraina pensava che il sequestro di un territorio russo avrebbe reso Mosca più disponibile ai colloqui di pace, ha sbagliato di grosso i calcoli. Il Cremlino ha risposto dichiarando un’operazione antiterrorismo negli Oblast di Kursk, Byransk e Belgorod, e Putin – lungi dall’apparire umiliato o vile – ha proiettato rabbia e sfida, mentre i funzionari del Ministero degli Esteri hanno suggerito che l’operazione di Kursk ora preclude ogni negoziato.

L’altro problema nel cercare di tenere Kursk come merce di scambio è, beh, che bisogna tenerlo. Come discuteremo tra poco, questo sarà molto difficile per l’AFU. Sono riusciti a ottenere una sorpresa strategica e a fare una modesta penetrazione a Kursk, ma ci sono una serie di fattori cinetici che rendono improbabile la sua tenuta nel tempo. Affinchè qualcosa sia utile come merce di scambio, deve essere in vostro possesso: questo costringerebbe quindi l’Ucraina a impegnare le forze sul fronte di Kursk a tempo indeterminato, e a tenerlo fino alla fine.

4) Un puro spettacolo

Infine, arriviamo all’opzione più nebulosa: la Krepost sarebbe stata concepita solo per scandalizzare e mettere in imbarazzo il Cremlino. Questa è certamente la soluzione sensazionalistica su cui sono confluiti gran parte dei commentatori, che hanno goduto del ribaltamento delle sorti e dello spettacolare cambio di direzione dell’Ucraina che invade la Russia.

Tutto ciò fa presa sul pubblico straniero, naturalmente, ma, alla fine, non ha molta importanza. Non ci sono prove che la presa del Cremlino sul conflitto o l’impegno della società russa a sostenere la guerra stiano vacillando. Questa guerra ha visto una lunga sequenza di “imbarazzi” per la Russia, i ritiri del 2022 da Kharkov e Kherson, gli attacchi aerei ucraini su Sebastopoli, gli attacchi dei droni e gli atti di terrorismo nel profondo della Russia, fino al bizzarro ammutinamento della PMC di Wagner. Nessuno di questi elementi ha distolto l’attenzione del Cremlino dagli obiettivi centrali della guerra, che restano la conquista del Donbass e il costante esaurimento delle risorse militari dell’Ucraina. L’AFU avrebbe gettato un gruppo delle sue sempre più scarse riserve strategiche nell’Oblast’ di Kursk solo per scandalizzare e mettere in imbarazzo Putin? È possibile. Avrebbe importanza? Assai improbabile.

È molto comune, soprattutto sui social media, vedere una sorta di esultanza per il grande capovolgimento dell’Ucraina che libera la Russia, e gli aggiornamenti sul campo di battaglia fanno spesso riferimento all’AFU che “libera” l’oblast’ di Kursk. Tutto ciò è, ovviamente, molto infantile e privo di significato. Una volta che ci si astrae dallo spettacolo, l’intera impresa sembra ovviamente scollegata dalla logica più ampia della guerra in Ucraina. Non è per nulla chiaro come l’occupazione di una stretta fetta della frontiera russa sia correlata agli obiettivi di guerra autoproclamati dall’Ucraina, in pratica la riconquista dei confini del 1991, o come l’allargamento del fronte potrebbe promuovere una fine negoziata dell’insediamento, o – se è per questo – come la piccola città di Sudzha possa essere uno scambio equo per l’hub di transito del Donbass di Pokrovsk.

In definitiva, dobbiamo riconoscere che la Krepost è uno sviluppo militare molto strano: un esercito già logorato su un fronte di 700 chilometri e che ha di fronte un nemico più forte ha volontariamente aperto un nuovo asse di combattimento indipendente che non ha alcuna sinergia operativa con i teatri critici della guerra. C’è una certa soddisfazione nel portare la guerra in Russia e scandalizzare il Cremlino. Forse Kiev spera che il semplice turbamento della situazione induca le forze armate russe a commettere un errore o a distogliere truppe dal Donbass, ma finora l’asse di Kursk non ha intaccato la forza russa in altri teatri. Forse gli ucraini pensano davvero di poter conquistare abbastanza terreno da poterlo usare come merce di scambio, ma, per farlo, dovranno tenerlo. O forse stanno semplicemente perdendo la guerra e la disperazione genera strane idee.

La storia probabilmente concluderà che la Krepost era stata si una scommessa ma, alla fine, troopo azzardata. Il crudo calcolo sul campo mostra che l’attuale traiettoria della guerra, semplicemente, non funziona per l’Ucraina. I progressi russi su tutta la linea di contatto sono stati costanti e inarrestabili per tutta la primavera e l’estate e il devastante fallimento ucraino nella controffensiva del 2023 ha dimostrato che sbattere contro difese russe vigili e radicate non è una buona risposta. Di fronte alla prospettiva di un lento strangolamento a est, l’Ucraina ha cercato di sbloccare il fronte e di introdurre un ritmo più cinetico e aperto.

Sul terreno

Il problema più grande con le teorie più fantasiose ed esplosive dell’Operazione Krepost è abbastanza semplice: i risultati sul terreno non sono molto buoni. L’attacco è stato limitato nella sua scala e nella sua avanzata, ma lo shock e la sorpresa dell’operazione hanno permesso alla narrazione di andare fuori controllo, sia da parte degli esuberanti sostenitori ucraini sia da parte dei soliti catastrofisti nell’orbita del Cremlino, che ormai, da anni, lamentano e prevedono l’imminente sconfitta russa.

Cominciamo con un breve schizzo della Krepost, delle unità coinvolte e dello stato dell’avanzata. Dovremmo iniziare con una nota sulla composizione del raggruppamento d’assalto ucraino e su ciò che questo ci dice sullo stato dell’AFU.

Subito dopo l’inizio della Krepost, l’ORBAT [ordine di battaglia] ucraino ha iniziato a materializzarsi in modo assai confuso. Il problema di base, per dirla nei termini più elementari, è che ci sono troppe brigate presenti nell’operazione. Attualmente ci sono non meno di cinque brigate meccanizzate (22esima, 54esima, 61esima, 88esima, 116esima), una brigata di difesa territoriale (103esima), due brigate d’assalto aereo (80esima e 82esima) e una serie di battaglioni annessi – l’equivalente di una dozzina di brigate totali. Per dirla senza mezzi termini, è chiaro che non ci sono dodici brigate (30.000 effettivi) in questa sezione del fronte e questo è un vero e proprio rompicapo. Il mistero dell’ordine di battaglia diventa ancora più grande se si considera la sorprendente varietà di veicoli che sono stati avvistati (e distrutti) a Kursk. L’elenco comprende, come minimo, i seguenti mezzi:

° KrAZ Cougar
• Senator
• Oshkosh M-ATV
• Kozak-2
• Bushmaster
• Maxxpro MRAP
• Stryker
• BTR-60M
• BTR 70/80
• VAB
• Marder 1A3
• T-64
• BAT-2
• BREM-1
• Ural 4320
• AHS Krab
• Buk
• M777
• Grad
• 2S1 Gvodzika
• 2k22 Tunguska
• 2S7 Pion
• M88AS2 Hercules
• BMP1
• PT-91
• BTR-4E
• MTLB

Si tratta di un lungo elenco. C’è una discrepanza tra il numero di brigate e i diversi tipi di veicoli identificati a Kursk e le dimensioni effettive del raggruppamento AFU. Sembrerebbe quindi che gli ucraini abbiano prelevato i mezzi da una serie di brigate diverse e li abbiano concentrati in un pacchetto d’attacco per Kursk, piuttosto che dispiegare queste brigate come tali.

La situazione sembrerebbe molto simile alla pratica tedesca della Seconda Guerra Mondiale di formare Kampfgruppen, o gruppi da battaglia. Man mano che la Wehrmacht diventava sempre più sovraestesa, i comandanti tedeschi avevano iniziato ad allestire formazioni improvvisate composte da sottounità sottratte alla linea, a seconda delle necessità: prendete un battaglione di fanteria da questa divisione, rubate una dozzina di panzer da quell’altra divisione, requisite una batteria da quel reggimento, e voilà: avete un Kampfgruppe.

Nella voluminosa letteratura sulla Seconda Guerra Mondiale, i Kamfgruppen sono stati spesso considerati come una prova delle meravigliose capacità di improvvisazione della Germania e dell’abilità dei loro comandanti, dotati di sangue freddo, di racimolare potenza di combattimento da risorse scarse. Non c’è nulla di specificamente errato in questo, ma si tende a perdere di vista il punto più importante: i Kampfgruppen erano diventati un fenomeno solo a guerra inoltrata, quando la Germania stava perdendo e il suo regolare ordine di battaglia stava venendo stravolto. Mettere insieme formazioni mutevoli può aiutare a evitare il disastro, ma non è un’opzione superiore al dispiegamento di brigate organiche in quanto tali.

Sembra che a Kursk ci sia un Kampfgruppe ucraino, con elementi di una varietà di brigate diverse – con un intero guazzabuglio di veicoli diversi – che formano un gruppo che probabilmente non supera i 7-8.000 uomini. Al di là dei progressi che stanno facendo a Kursk, questo non suggerisce nulla di buono sullo stato dell’AFU. Per lanciare questa offensiva, hanno dovuto prelevare truppe dalle unità che stavano combattendo attivamente nel Donbass e trasferirle rapidamente a Sumy per concentrarle in un gruppo d’attacco improvvisato. Si tratta di un raggruppamento debole di un esercito debole.

In ogni caso, la forma di base dell’offensiva ucraina è abbastanza chiara. Gli elementi meccanizzati (comprese le brigate meccanizzate e d’assalto aereo) costituivano i mezzi di manovra critici, mentre le truppe di difesa territoriale della 103a fornivano protezione al fianco nord-occidentale del raggruppamento.

Il raggruppamento ucraino è stato in grado di ottenere qualcosa che si avvicina alla sorpresa totale – un fatto che ha sorpreso molti, data l’ubiquità dei droni da ricognizione russi in teatri come il Donbass. In effetti, il terreno era molto favorevole all’Ucraina. Il lato ucraino del confine sull’asse Sumy-Kursk è coperto da una fitta foresta che ha offerto agli ucraini la rara opportunità di nascondere l’allestimento delle proprie forze, mentre la presenza della città di Sumy a soli 30 chilometri dal confine fornisce una base di appoggio. La situazione è molto simile a quella dell’operazione ucraina di Kharkov del 2022 (il risultato più impressionante della guerra per l’AFU), in cui la città di Kharkov e la cintura di foreste che la circonda avevano fornito l’opportunità di organizzare forze in gran parte passate inosservate. Queste opportunità non esistono nel sud ucraino, pianeggiante e per lo più privo di alberi, dove l’offensiva ucraina del 2023 era stata sorvegliata e pesantemente bombardata quando era ancora in fase di avvicinamento.

In ogni caso, grazie alla sorpresa strategica, le forze ucraine sono riuscite ad avere la meglio sulla sottile difesa russa e a penetrare il confine nelle prime ore dell’attacco. Le difese russe in queste regioni consistono principalmente in ostacoli come fossati e campi minati e non presentano posizioni di combattimento ben preparate. La natura di queste barriere suggerisce che i russi erano principalmente concentrati nell’ostacolare e interdire le incursioni, piuttosto che nel difendersi da un vero e proprio assalto. All’inizio delle operazioni, alcuni elementi dell’88° erano riusciti a circondare la compagnia di fucilieri russi di stanza al valico di confine e a fare un numero considerevole di prigionieri. Le ormai famose immagini che circolano e che mostrano molte decine di russi arresi provengono da questo posto di blocco, situato letteralmente sul confine di Stato.

La compagnia di fucilieri russi catturati al posto di blocco sul confine

Il duplice effetto di sorpresa strategica, insieme alle immagini di un numeroso gruppo di personale russo catturato, ha permesso alla narrazione dell’attacco di rompere ogni contenimento. Nei giorni successivi avevano iniziato a circolare numerose informazioni errate, secondo cui gli ucraini avevano catturato la città di Sudzha, a circa 8 chilometri dal confine.

In effetti, era diventato subito chiaro che l’avanzata ucraina su Sudzha aveva già cominciato a impantanarsi con il rapido afflusso di rinforzi russi nell’area. Le forze ucraine avevano trascorso gran parte del 7 e 8 agosto consolidando le posizioni a nord di Sudzha e lavorando per circondare la città, che si trova sul fondo di una valle. Alla fine avevano catturato la città, ma il ritardo era costato loro giorni preziosi e aveva permesso ai russi di spostare i rinforzi nel teatro.

Situazione generale: 7-8 agosto

I primi giorni dell’operazione erano stati molto difficili da gestire, soprattutto perché gli ucraini avevano lanciato colonne motorizzate lungo le strade, facendole arrivare il più lontano possibile, cosa che aveva portato ad affermazioni esagerate sulla profondità dell’avanzata ucraina.

È ormai chiaro che l’avanzata iniziale ucraina dipendeva sia dalla mobilità che dalla sorpresa strategica, ma entrambi questi fattori si erano esauriti all’incirca entro il quinto giorno dell’operazione. Venerdì 9 agosto, l’avanzata ucraina si era in gran parte fermata quando i russi avevano stabilito efficaci posizioni di blocco, anche nelle città di Korenevo e Bol’shoe Soldatskoe. Molte delle penetrazioni ucraine più lontane, inoltre, erano solo colonne meccanizzate isolate che avevano colpito il più lontano possibile lungo la strada prima di tornare indietro o cadere in imboscate.

Mettiamo tutto insieme e quello che otteniamo è una breccia ucraina abbastanza limitata e modesta in territorio russo, che va da Korenevo (ancora saldamente sotto il controllo russo) a ovest fino a Plekhovo a est – un’estensione di poco più di 40 chilometri. (25 miglia). Sudzha è sotto l’occupazione ucraina, ma le loro posizioni non si sono estese molto oltre: la profondità massima di penetrazione è di circa 35 chilometri.

Pur avendo catturato Sudzha, ma non essendo riuscita a irrompere su nessuno degli assi principali fuori dall’area, l’Ucraina si trova ora ad affrontare una realtà tattica molto spiacevole. La loro fugace visione di un’operazione aperta e mobile si è dissipata e Kursk si sta trasformando in un altro fronte, con tutte le difficoltà che ne conseguono. Al momento gli ucraini occupano un modesto saliente all’interno della Russia, con al centro la città di Sudzha (6.000 abitanti).

Saliente di Kursk: situazione generale

Visto che non ci sono progressi, l’AFU sta attualmente lavorando per consolidare ed estendere i fianchi del saliente. Il punto focale in questo momento sembra essere l’ansa interna del fiume Seim, che si snoda oltre il confine e corre per circa 12 chilometri all’interno della Russia. Recentemente gli ucraini hanno abbattuto diversi ponti sul Seim con l’intenzione di isolare la sponda meridionale. Se la loro avanzata di terra riesce a spingersi fino al Seim a sud di Korenevo (attraverso un fronte attualmente difeso dalla 155a brigata di fanteria marina russa) hanno una ragionevole possibilità di tagliare e catturare la sponda meridionale del Seim, compresi i villaggi di Tektino e Glushkovo.

Tutto ciò è ragionevolmente interessante, in termini di minuzia tattica, ma non ha molta attinenza con le due importanti questioni strategiche per l’Ucraina: vale a dire, se i loro successi operativi a Kursk valgano una sconfitta nel Donbass, e se i loro guadagni valgano le perdite che stanno subendo. Affronteremo subito quest’ultima questione.

Il problema fondamentale per gli ucraini, dal punto di vista tattico, è che, per una serie di ragioni, i combattimenti a Kursk li lasciano completamente esposti ai sistemi d’attacco russi. La zona occupata dagli ucraini intorno a Sudzha è una regione povera di strade, collegata al lato ucraino del confine solo da una manciata di strade esposte che non offrono alcun riparo. Ciò lascia la logistica ucraina altamente vulnerabile agli attacchi dei Lancet e dei droni FPV. Inoltre, i tentativi di sostenere adeguatamente l’avanzata richiedono che le AFU portino risorse preziose vicino al confine, esponendole ad attacchi.

Gli attacchi ucraini sui ponti del Siem ne sono un buon esempio. In teoria, abbattere i ponti e proteggere la sponda sud del Siem ha senso come modo per mettere in sicurezza il fianco occidentale della loro posizione intorno a Sudzha, ma gli attacchi ai ponti hanno comportato l’arrivo in zona di preziosi lanciatori HIMARS, che sono stati rilevati dall’ISR russo e distrutti.

Cercare di fornire una difesa aerea al saliente ucraino è probabilmente altrettanto proibitivo in termini di costi, poiché implica parcheggiare le scarse risorse di difesa aerea delle AFU in prossimità del confine russo. Abbiamo già visto i russi trarre vantaggio da questo, con la distruzione di un sistema IRIS-T fornito dall’Europa.

Creando un fronte all’interno della stessa Russia, gli ucraini hanno volontariamente accettato di esporre la loro logistica, combattendo all’ombra della base di sostegno materiale della Russia. Finora i risultati sono stati in gran parte disastrosi. A Kursk sono stati registrati e geolocalizzati un totale di 96 attacchi contro veicoli e posizioni ucraine, e le perdite di veicoli ucraini sono pari a quelle delle prime settimane dell’offensiva ucraina a Robotyne, la scorsa estate.

A differenza di Robotyne, tuttavia, non esiste nemmeno una forte motivazione teorica per incorrere in pesanti perdite su questo asse di avanzamento. Anche una generosa previsione per le prossime settimane lascia l’Ucraina in un vicolo cieco a Kursk. Supponiamo che si spingano fino al Seim e costringano i russi ad abbandonare la sponda meridionale, a catturare Korenevo e a ritagliarsi un fronte di 120 chilometri a Kursk: e allora? È uno scambio equo per l’agglomerato Toretsk-New York, o Pokrovsk, dove i russi continuano ad avanzare costantemente?

La Krepost minaccia quindi di trasformarsi in un’altra Volchansk, o Krinky, un pozzo di logoramento isolato e disconnesso dagli assi cruciali della guerra. Il controllo di Sudzha non esercita alcuna influenza sulla capacità della Russia di sostenere la battaglia nel Donbass o intorno a Kharkov, ma crea un altro vuoto che risucchierà preziose risorse ucraine, in una folle rincorsa verso il nulla. Se un mese fa aveste suggerito che i russi avrebbero potuto escogitare un modo per attirare e bloccare gli elementi di manovra di non meno di cinque brigate meccanizzate ucraine, insieme a una varietà di disparati elementi di supporto, questo sarebbe stato visto come una mossa vantaggiosa per loro – eppure questo è esattamente ciò che l’AFU ha fatto volontariamente con la Krepost.

La Krepost, in definitiva, riflette la crescente frustrazione ucraina per l’andamento della guerra nell’est, dove l’AFU si è logorata nello scontro industriale con il suo vicino più grande e potente. Lanciando un pacchetto meccanizzato assemblato segretamente contro un settore del fronte poco difeso e precedentemente ausiliario, sono brevemente riusciti a riaprire le operazioni mobili, ma la finestra di mobilità era troppo piccola e i guadagni troppo magri. È ormai chiaro che la decisione di dirottare le forze su Kursk ha minato la già precaria difesa del Donbass. L’Ucraina occupa Sudzha e potrebbe benissimo liberare la riva sud del fiume Seim, ma, se ciò avvenisse a scapito di Pokrovsk e Toretsk, questo è uno scambio che l’esercito russo sarebbe felice di fare.

L’AFU sta spendendo risorse scarse e attentamente gestite nel perseguimento di obiettivi operativamente irrilevanti. L’euforia di combattere la Russia ed essere di nuovo all’attacco può certamente fare miracoli per il morale e creare uno spettacolo per i sostenitori occidentali, ma l’effetto è di breve durata – come un uomo al verde che scommette il suo ultimo dollaro, tutto per il brivido momentaneo della scommessa.

Big Serge

Fonte: bigserge.substack.com
Link: https://bigserge.substack.com/p/back-to-the-bloodlands-operation
20.08.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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