Venezia81 – “Leurs enfants après eux”, il dramma francese sull’adolescenza, tra razzismo e vendetta nella Francia di periferia

Mescolando realismo sociale e mitologia adolescenziale, romanticismo e tragedia, i gemelli Ludovic e Zoran Boukherma realizzano un adattamento emozionante del romanzo di Nicolas Mathieu, edito in Italia da Marsilio.

Seguendo le avventure spericolate di due giovani in cerca di emozioni, trasgressione e anche amore, “Leurs enfants après eux” cattura perfettamente i diversi stati d’animo dell’adolescenza. Complice l’arsura di luglio che non lascia spazio ai sentimenti tiepidi, questo film racconta, nell’arco di quattro estati (1992, 1994, 1996 e 1998), le vite di adolescenti arrapati, disillusi, innamorati e confusi si intrecciano in vari modi in una piccola città dell’est della Francia colpita duramente dalla deindustrializzazione degli anni ’90.

Ma questo film è anche di più, disegnando un dramma sullo stato-nazione travestito da racconto di formazione, in un contesto che non offre un grande futuro alle sue giovani generazioni, ma che esacerba le tensioni di classe e razziali. Vivere a Heillange – borgo fittizio ma ampiamente rappresentativo di mille altre città in Francia – e all’ombra delle sue acciaierie dismesse porta la noia a generare malizia che a sua volta genera violenza. Ci sono troppe persone con troppo poco da fare, gli ex operai bianchi vivono in spoglie case a schiera e gli ex operai immigrati in un tristissimo condominio. Nessuno si muove perché non c’è un posto dove andare e così la più piccola trasgressione rischia di incancrenirsi per anni.

Il dramma ruota attorno a Anthony (Paul Kircher) e Hacine (Sayyid El Alami), figli di due ex operai siderurgici, e Steph (Angelina Woreth), una ragazza proveniente da un’agiata classe media. I loro destini si intrecciano per dare un ritratto di una generazione post-industriale perduta, i cui sogni di un destino diverso da quello dei loro genitori probabilmente non si realizzeranno. I Boukhermas aprono il racconto nell’estate del 1992, in un lago nei pressi di un bosco fuori città e arrivano fino al trionfo della Francia nella Coppa del Mondo del 1998. Sono gli anni del primo amore, quello che dà un senso a ogni cosa. Il momento agrodolce della vita che segna la fine dell’infanzia e il passaggio alla maturità. 

Anthony e Hacine hanno probabilmente più cose in comune di quanto vogliano ammettere. Entrambi provengono da famiglie povere, hanno un padre violento, entrambi cercano disperatamente di liberarsi da Heillange. Sono solo la storia e le circostanze a renderli nemici.

Se consideriamo come la disintegrazione sociale post-industriale degli anni ’90 abbia gettato le basi per le tensioni sociali e l’ascesa dell’estrema destra di cui è testimone la Francia di oggi, allora riusciamo anche a capire come il peso emotivo dell’adolescenza che oscilla tra l’aspettativa e la delusione, esarceba nei due giovani protagonisti il razzismo e la violenza pronta a esplodere, mentre stabiliscono lentamente che sono immagini speculari in tutto e per tutto, tranne che per il colore della pelle, come lo erano i loro padri prima di loro. 

“Il libro parla di determinazione sociale e dell’idea che questi personaggi rimarranno nello stesso posto, come i loro genitori prima di loro, e potenzialmente seguiranno la loro strada. Abbiamo deciso di limitare il film alla città e di concentrarci sui tempi dell’estate”, dice Zoran Boukherma. 

Il plauso dei registi sta nell’interpretare la realtà senza scimmiottarla, realizzando un film che fosse in sintonia con un pubblico più vasto, disseminando riferimenti alla cultura pop dell’epoca, dalla musica ai videogiochi. La bellissima fotografia di Augustin Barbaroux e la potente colonna sonora in mano a Bruce Springsteen creano un girotondo infinito che aiuta questa parabola sulla formazione a diventare un film crudo, intenso e viscerale. Un’istantanea della realtà sociologica che esiste e non possiamo ignorare.

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