Dall’Abbecedario dei Soulèvements de la Terre: Disarmo

Sta per uscire l’edizione italiana dell’Abbecedario dei Soulèvements de la Terre (Orthotes, 2024), a cura di Claudia Terra e Giovanni Fava. Il 6 settembre alle 20.30 a Vicenza, nell’ambito del dibattito plenario “Acqua bene comune? Le lotte contro l’estrattivismo idrico e l’inquinamento da Pfas” del Woods Climate Camp, alcun* militant* dei Soulèvements de la Terre e la co-curatrice Claudia Terra presenteranno il volume per la prima volta in Italia. In vista dell’appuntamento, pubblichiamo in anteprima la voce “Disarmo” dell’Abbecedario, firmata da Lotta Nouqui.

Disarmo 

Nel 1975, l’esplosione della pompa del circuito idraulico della centrale di Fessenheim, allora in costruzione, guidata tra gli altri dalla pioniera ecofemminista Françoise d’Eaubonne, segnò l’entrata in scena del sabotaggio agli albori del movimento ecologista in Francia. Lo stesso anno, sull’altra sponda dell’Atlantico, veniva pubblicato The Monkey Wrench Gang di Edward Abbey. Questo romanzo iniziatico racconta di come un gruppo di insospettabili statunitensi, innamorati e innamorate della vita nei loro grandi spazi aperti, si organizza in sordina per smantellare i bulldozer o far saltare in aria una diga. Al di là di alcune sue inclinazioni politiche discutibili, il libro ha aperto la strada alla pratica tanto popolare quanto maliziosa dell’eco-sabotaggio, le cui mille e una tecnica sarebbero poi state compendiate dieci anni dopo nella famosa guida Ecodefense.

Da allora, in piccoli gruppi di notte o a frotte di giorno, sradicamenti, sbullonamenti, forature e altri fuochi di gioia hanno immancabilmente accompagnato le grandi mobilitazioni ambientaliste nei campi di OGM e nelle ZAD. L’immediata efficacia di questi vari interventi li ha resi il bersaglio di continui tentativi di criminalizzazione e di etichettamento forzato sotto la categoria di azioni “violente” e, perché no, “terroristiche”.

Agli inizi del 2020, nel momento in cui si cercano nuove forme di resistenza sulla scia delle marce per il clima, il sabotaggio soffre di una reputazione sulfurea: una pratica tanto rischiosa quanto marginale. Le prime azioni di Youth For Climate e di Extinction Rebellion prevedono il più delle volte misure simboliche o si accontentano di blocchi temporanei, che si presuppone ottengano un consenso maggiore nell’opinione pubblica.

Tuttavia, l’urgenza del cambiamento climatico da un lato, e la capacità delle multinazionali come Lafarge di soffocare le nuove occupazioni dei loro siti dall’altro, rendono necessario un aumento della pressione.

In questo contesto, una nuova generazione di militanti, non essendo stata presa in considerazione dai propri governi, guarda con attenzione alle prospettive aperte dal geografo svedese Andreas Malm nel suo libro Come far saltare un oleodotto: «Privare una raffineria dell’elettricità, fare a pezzi un’escavatrice: rendere obsoleti certi beni è tutto sommato un’impresa fattibile. La proprietà privata non appartiene a un altro pianeta: non c’è una legge tecnica o naturale o divina che, in quest’emergenza, la renda inviolabile».

Il martedì 29 giugno 2021, il termine “disarmo” è stato rivendicato in seguito all’occupazione simultanea di quattro cementifici Lafarge da parte dei Soulèvements de la Terre e di Extinction Rebellion. Centinaia di occupanti non soltanto hanno bloccato il sito, ma affermano anche di aver messo fuori uso i materiali, allagato o cementificato i macchinari e insabbiato i serbatoi delle attrezzature per mantenere i cantieri fermi anche dopo la loro partenza: «Lafarge e i suoi complici non sentono la rabbia delle generazioni che lasciano senza futuro, in un mondo devastato dalle loro malefatte. I loro silos e i loro miscelatori sono armi che ci uccidono. Non si fermeranno se non li costringeremo a farlo. Per questo continueremo a smantellare con le nostre mani questa infrastruttura del disastro. Chiediamo a tutti coloro che si battono per la terra di occupare, bloccare e disarmare il cemento».

Rispetto a “sabotaggio”, il termine “disarmo” offre il vantaggio di esplicitare direttamente la portata etica dell’azione e la natura degli obiettivi, e di collegare il fine con i mezzi. Mentre nel Codice penale il sabotaggio si riferisce alla “distruzione di infrastrutture di importanza vitale per il paese”, il disarmo prende di mira infrastrutture tossiche e distruttive. È una questione di autodifesa, una necessità vitale di fronte alla catastrofe.

Qualche mese dopo, il portavoce di Bassines Non Merci annunciava, nel bel mezzo di un cantiere e accanto a una ruspa smantellata, che “per ogni bacino costruito, tre saranno distrutti”. All’appello sarebbero seguiti immediatamente i fatti. Nella sua forma più partecipata, 3.000 persone hanno squarciato un bacino con dei taglierini mentre la Confédération paysanne smantellava la pompa. E di soppiatto, gruppi dai nomi sgargianti come la “Gang della taglierina a rotelle” o i “Fremen del Marais Poitevin”, hanno disarmato altri dodici bacini, con tanto di tutorial video di corredo. In questo modo, si aumenta il livello di pressione sul sistema di irrigazione, sui costi della messa in sicurezza e sui dubbi circa l’attuabilità di queste infrastrutture.

Laddove il “disarmo” è ormai spesso invocato per caratterizzare interventi contro una serie di altri obiettivi, i servizi di intelligence si allarmano per il ruolo svolto dai Soulèvements de la Terre nella «diffusione e accettazione di modalità operative più offensive» e nel passaggio compiuto da «attivisti solitamente dediti alla disobbedienza civile verso la resistenza civile». La procedura di dissoluzione va allora compresa come un tentativo di arginare un’ipotesi politica che minaccia di diventare realtà: il disarmo sarà per le rivolte ambientaliste del XXI secolo ciò che il sabotaggio, teorizzato da Émile Pouget, è stato per alcuni grandi scioperi operai dell’inizio del XX secolo, prerequisito quanto spina dorsale.

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