Venezia81 – “Wolfs”, la notte da lupi non troppo solitari di Brad e George

George Clooney e Brad Pitt hanno superato i 60, sono stati partner in crime diverse volte e non facevano un film insieme dai tempi di Burn After Reading, del 2008 scritto, montato, prodotto e diretto dai fratelli Coen. Dopodiché sono “belli belli in modo assurdo”, con l’eleganza di chi si vuol far ricordare e non solo notare – grazie Giorgio (Armani ndr) – e si completano come un piatto di patatine fritte con il ketchup.

Jon Watts, che dopo anni di supereroi torna sul pianeta terra per raccontare la storia di due fixer che devono risolvere una faccenda parecchio delicata, opta per un’operazione intelligente riuscendo ad amalgamare i personaggi e esaltando la chimica che c’è tra le due star, in perfetto stile Ocean’s (in tutte le sue versioni).

Woolfs è un tranquillo poliziesco della domenica sera (verrà trasmesso in streaming su Apple TV+ dal 27 settembre), è un film molto piacevole, dove c’è della gente figa che sa di esserlo e caricaturizza il comportamento da gente figa: qui sta il vero divertimento, perché di fatto questo è un thriller che fa ridere.

Quando un procuratore distrettuale newyorkese di mezza età si ritrova in una lussuosa stanza d’albergo con un ventenne morto, insanguinato e seminudo, va nel panico, ma ha il buon senso di comporre un numero segreto che le è stato dato proprio per fronteggiare situazioni al limite. Clooney – stretto in una giacca di pelle nera – si presenta e inizia a cancellare tutte le possibili tracce. Tuttavia, con un colpo di scena inaspettato, si presenta anche Pitt, vestito in modo identico, per conto della misteriosa proprietaria dell’hotel, che non vuole assolutamente che venga fatta una cattiva pubblicità al buon nome della sua azienda.

La situazione diventa ulteriormente irritante quando Brad Pitt e George Clooney, che interpretano due facce della stessa medaglia, capiscono che sono costretti a lavorare insieme, e traspare che in passato sono stati e sono tuttora grandi antagonisti. E non è ancora finita, perché si scopre che il giovane di cui si dovrebbero sbarazzare non solo è ancora vivo, ma nasconde uno zaino con quattro panetti di droga purissima.

Ed è così nello skyline di Manhattan che si consuma l’odissea notturna, che bisogna concludere entro l’alba – sentenzia Pitt. Non sono i colpi di scena a tenere insieme i pezzi di trama ma è proprio lo star system che regge e accompagna il pubblico dal minuto 1 fino alla fine.

I due fixer con la barba grigia, la schiena malmessa e gli occhiali da lettura nel taschino non hanno un nome, implicitamente il film vuole che li consideriamo come Pitt e Clooney. “Avete gli stessi vestiti, parlate allo stesso modo, siete praticamente la stessa persona”, si meraviglia il giovane affidatogli, impersonato da Austin Abrams, da EuphoriaThe Walking Dead, che interpreta il suddetto tizio morto e resuscitato, noto solo come “ragazzo”. 

Pitt è il più sfrontato dei due e Clooney è il più scontroso, ma sono entrambi due tipi riservati, che camminano e parlano lentamente, c’è tensione e umorismo tra loro, mentre in alcune sequenze non c’è nemmeno quasi nessun dialogo. 

Woolfs lascia innumerevoli domande senza risposta riguardo agli altri personaggi e all’ipotetica risoluzione del caso, con un finale aperto che lascia presagire – si spera – a un sequel.

Jon Watts ha fatto l’esatto contrario di ciò che ci si aspetta da un film d’azione, non ci sono scene di adrenalina pura, colpi di scena eclatanti e un sovraccarico di dramma. Ci sono Pitt e Clooney che come dice “il ragazzo”, che è un newyorkese sfigato come pochi, sono piacenti, loro ammiccano e con lo sguardo rispondono “ehi, non siamo più ragazzini, ne siamo consci, ma guarda come siamo invecchiati bene”.

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