Dalla solitudine della società virtuale alla solitudine dell’eremitaggio?

Uno dei tanti ed eclatanti paradossi dell’odierna società virtuale è che nella storia non è mai stato possibile avere così tanti contatti con le altre persone e allo stesso tempo sentirsi soli. Più “amici” virtuali si hanno e più si rischia di rimanere soli; infatti anche a livello istituzionale il problema della solitudine diventa sempre più grave e ingestibile. Ma è una conseguenza del tipo di società che si sta costruendo dove l’altro è un immagine sullo schermo e la comunicazione è fatta di frasi in stile cinguettio, emoticon, messaggi vocali o roba simile. I grandi venditori di merci è proprio questo che vogliono: persone divise, parcellizzate e il più possibile sole, perché così spendono di più e dipendono in tutto e per tutto dalla società dei consumi.

Ormai in città ci sono percentuali sempre più alte di single e le persone fanno fatica pure a convivere con qualcuno. E quando ci si abitua a vivere da soli, il prossimo viene visto come una scocciatura da tenere a debita distanza attraverso appunto uno schermo di cellulare, dove ci basta un click per attivare o chiudere una relazione. Allo stesso tempo però, essendo noi animali sociali e avendo sempre vissuto in gruppo, abbiamo una innata propensione alla relazione. E che questo sia naturale e ovvio lo dimostra anche il fatto che esista il genere femminile e quello maschile. Quindi da una parte si è spinti naturalmente ad avere relazioni, dall’altra non si vuole avere nessuna problematica che la relazione potrebbe dare, perciò meglio tenerla a debita distanza di click. Del resto relazionarsi all’altro è difficile; l’altro può essere imprevedibile, diverso da noi, non gestibile come vorremmo, ma questo è il bello, altrimenti saremmo tutti delle fotocopie e sai che noia. E l’obiettivo dei potenti è infatti un mondo di automi, prevedibili quindi gestibili a piacimento e questo mondo lo stanno costruendo con il nostro benestare e supporto più o meno conscio. La relazione con l’altro è una sfida impegnativa ma bellissima e indispensabile per una sana crescita ed evoluzione. Inoltre perché la relazione sia tale, c’è bisogno di dedicarle tempo, ma chi ce l’ha più il tempo per gli altri in carne ed ossa se si devono coltivare le migliaia di relazioni virtuali del costante bombardamento social? Il tempo per le relazioni deve poi essere inserito nel lavoro e nelle mille incombenze della vita moderna, quindi alla fine per un altro non virtuale di tempo ne rimane ben poco o niente. Le reazioni a questa situazione sono: rimanere da soli, prendere un cane o un gatto che sono assai meno problematici degli esseri umani e in più, sopratutto per quello che riguarda i cani, obbediscono, oppure desiderare una situazione da soli però in un contesto meno disumano di quello cittadino. Ecco quindi aumentare un morboso interesse per le persone che hanno fatto scelte di eremitaggio e in rete hanno milioni di visualizzazioni. Ma perché c’è tale interesse se tanto queste scelte non le farà mai nessuno se non uno 0,00000 qualcosa? Forse si invidiano tali persone, forse esasperati e ingabbiati dalle proprie scelte di vita che non si riesce a cambiare, si vorrebbe mandare a quale paese tutto e non avere più niente a che fare con nessuno? E per quei pochissimi che poi queste scelte le realizzano per davvero, sembrerebbe che sia più facile vivere di bacche e radici in solitudine piuttosto che relazionarsi con qualcuno. Ma a volte queste scelte estreme sono conseguenza di traumi o cattive esperienze con l’altro, però qualche neuroscienziato ci dice che i traumi depurati dell’emotività possono diventare saggezza e insegnamento, quindi non necessariamente chi ha avuto brutte esperienze deve rinchiudersi in una grotta a fare da attrazione per la morbosità altrui. Invece di mandare a quel paese il mondo e costruirsi realtà ben poco sostenibili dato che da soli non si va lontano, sopratutto quando si diventa anziani, non sarebbe il caso di capirlo il mondo e capirsi e non reagire negativamente? Non sarebbe il caso di ricostruire il senso di comunità che fa sentire tutti importanti e tutti degni di esistere? Stare soli non è nella psiche e nel corpo degli esseri umani, può esserci qualcuno che ha interesse per questa dimensione ma sono rarissime eccezioni che confermano quindi la normalità nel relazionarsi con gli altri. Collaborare, aiutarsi, condividere, confrontarsi, crescere insieme in maniera non virtuale sono tutti aspetti che fanno parte della nostra umanità e sono l’antidoto ad una vita fatta di consumismo e inevitabile solitudine.

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