Coordinamento No Triv: «Con il DL Energia l’Italia torna indietro di 20 anni»

Il 10 ottobre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il “DL Energia” (DL 17 ottobre 2024, n. 153), che è stato pubblicato il 17 ottobre in Gazzetta Ufficiale.
«I tempi di gestazione del decreto e la conseguente prospettiva di conversione in legge entro il prossimo 16 dicembre danno motivo di pensare a un unico disegno governativo, che da un canto rinuncia a ricorrere in Consiglio di Stato contro le sentenze emanate ad inizio anno dal TAR Lazio favorevoli alle pretese risarcitorie delle compagnie Oil&Gas, e dall’altro rilancia le attività estrattive azzerando il PiTESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee)» scrive il Coordinamento nazionale No Triv.
«Sono diverse, e tutte di segno negativo, le novità introdotte dall’art.2 in materia di ricerca e coltivazione di gas e petrolio sul territorio nazionale – prosegue il Coordinamento in una nota – In primo luogo si rende manifesta la scelta di rinunciare a qualsivoglia strumento di pianificazione: morto il PiTESAI, non se ne farà un altro. Se la scelta politica dell’Esecutivo per le rinnovabili si è concretizzata nell’emanazione di un “Decreto Aree Idonee”, appare quanto meno contraddittorio che identico criterio non sia stato adottato per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi. In concreto, il venir meno del PiTESAI e l’assenza di un nuovo eventuale Piano, in grado di tener conto dell’insostenibilità ambientale e sociale di nuove attività estrattive, di fatto favorisce la reviviscenza di ben 11 permessi di ricerca a mare e 18 su terra ferma, abrogati negli scorsi due anni per effetto del PiTESAI stesso (c. 8, art. 11 ter, Legge 12/2019) ed una nuova fioritura delle attività Oil&Gas sul territorio nazionale».
«Si badi bene: ciò potrebbe comportare nuove attività di ricerca anche di petrolio, così smentendo la volontà sbandierata dal Governo di limitare ricerca e coltivazione di idrocarburi al solo gas (c. 2 art. 2 DL 17 Ottobre 2024, n° 153) – si legge ancora nella nota – Ma c’è ben altro al proposito: le concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi già conferite alla data di entrata in vigore del decreto o da conferire sulla base di permessi rilasciati entro il 17 ottobre, proseguiranno per la “durata di vita utile” del giacimento, potendo comportare l’autorizzazione di nuovi pozzi e, quindi, di nuove attività estrattive. Quindi, nessun semaforo rosso per il petrolio. Il combinato disposto tra l’assenza di uno strumento di pianificazione e l’esautorazione di fatto della Commissione V.I.A. da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri porrà la Presidente del Consiglio dei Ministri Meloni nella condizione di far prevalere gli elementi di valutazione politica, prevedibilmente favorevoli all’Oil&Gas, su quelli di natura tecnica ed ambientale, difficilmente contaminabili dall’ideologia fossile.
Una seconda innovazione che avrà come effetto quello di spianare la strada all’esecuzione di opere connesse all’estrazione ed alla coltivazione di idrocarburi, è l’avvenuto ripristino del conferimento alle stesse del carattere di “pubblica utilità”, che determinerà principalmente due effetti: tali opere si porranno fuori dal contesto pianificatorio urbanistico e lederanno il diritto di proprietà delle aree che saranno interessate dalle stesse».
«Al netto di tutto questo, resta senza risposta l’annoso mistero: atteso che una volta estratti, gas e petrolio sono di proprietà dei soggetti privati chi li estraggono, che può quindi collocarli liberamente sul mercato, in cosa consisterebbe questo pubblico interesse? – prosegue il Coordinamento – Da cosa trarrebbe giovamento la collettività, ad esempio, rispetto all’estrazione ed alla commercializzazione del petrolio di Tempa Rossa, destinato in gran parte al mercato estero? Altra nota dolente è costituita dalla riformulazione del finora inefficace gas release , che, a determinate condizioni, avrà come effetto di trascinamento il venir meno del divieto, risalente al 2006, di cercare ed estrarre gas a meno di 12 miglia marine dalle linee di costa e dal perimetro delle aree naturali protette, potendo le compagnie Oil&Gas spingersi fino alla distanza di 9 miglia marine. La prima impressione è che il DL in parola sia un tentativo di funambolica abilità politica, a cavallo tra esigenze propagandistiche governative e concorso residuale alla manovra di bilancio. Facciamo un appello non formale a giuristi e forze politiche di opposizione che hanno realmente a cuore la difesa del bene comune e della salute pubblica nella prospettiva di una giusta transizione energetica e sociale, affinché si adoperino con acume e passione a rilevare e denunziare ogni aspetto di illegittimità che si nasconda nelle pieghe del recente dispositivo».

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