Il Chiapas sta vivendo una guerra in cui bande criminali organizzate, protette e alleate con gruppi economici e politici a diversi livelli di governo, terrorizzano i popoli della regione. In quello stato, nel sud-est del Messico, si possono identificare diversi tipi di violenza, di cui se ne distinguono quattro. In primo luogo, la violenza delle élite e dei gruppi di potere contro i popoli. Si tratta di violenze razziste e coloniali da parte di caciques, finqueros, proprietari terrieri, uomini d’affari e politici; strutture di potere di gruppi e famiglie incarnate in uomini che pensano che “la vita di un indigeno valga meno di un pollo”; Famiglie che ereditano il potere pubblico: nonni, figli e nipoti che governano da qualsiasi partito.
Un secondo tipo di violenza è quello delle aziende e delle corporazioni che privano i popoli delle loro risorse; aziende di bevande analcoliche che saccheggiano l’acqua con l’autorizzazione del governo; compagnie minerarie che sfruttano la terra e le persone; le agroindustrie che usurpano i territori e spremono i contadini; le industrie turistiche che occupano i territori che prima appartenevano alle popolazioni e che condannano gli abitanti a lavori precari.
Il terzo tipo di violenza che si identifica sono quelle ordinate, fomentate e permesse dallo Stato contro i popoli organizzati, in particolare contro i popoli zapatisti. C’è la violenza repressiva come l’incarcerazione politica o azioni intimidatorie da parte delle forze ufficiali. C’è anche la violenza commessa da gruppi paramilitari, gruppi che sono stati finanziati, addestrati, autorizzati o protetti dallo Stato per fare la guerra ai popoli zapatisti e ai popoli che li sostengono. Troviamo anche le azioni belligeranti di gruppi corporativi, cioè gruppi che avevano un’origine legittima di organizzazione popolare, ma che sono stati poi cooptati da organizzazioni politiche o economiche per realizzare controinsurrezioni e guerre contro lo zapatismo, i suoi alleati e i popoli in resistenza.
Un quarto tipo di violenza che vediamo è quello delle corporazioni criminali che, alleate con gruppi politici ed economici, cercano di eliminare la resistenza per imporre i loro affari: tratta di esseri umani, traffico di droga, tratta di donne, vendita di armi, estorsioni e molti altri affari illegali piuttosto redditizi. Questi gruppi hanno strutture armate come migliaia di sicari, carri armati fatti in casa, droni e armi ad alta potenza. Come le società economiche, le società criminali competono tra loro per avere il controllo del business. Lo fanno con mezzi politici ed economici e soprattutto con la guerra. I loro alleati politici garantiscono loro l’impunità.
Queste quattro forme di violenza si articolano nella stessa guerra che ha tra i suoi obiettivi la colonizzazione dei territori, la promozione del mercato, l’eliminazione della resistenza, l’imposizione della legge degli affari e della legge del crimine organizzato. Una guerra coloniale, capitalista, paramilitare e criminale contro lo zapatismo, contro i popoli che resistono e contro i popoli in generale. Una guerra di controinsurrezione e una guerra del sistema contro i popoli.
Il Messico sta vivendo un’intensificazione della guerra e della violenza dal 2006 con il governo di Felipe Calderón. Tuttavia, dal 2021, lo Stato del sud-est sta vivendo una situazione particolare: i cambiamenti nei poteri reali e formali hanno portato le società criminali a contestare il controllo del confine, le nuove rotte commerciali che derivano dai megaprogetti e il traffico di esseri umani. A quanto sopra si aggiunge il funzionamento di organizzazioni aziendali che cercano risorse da progetti sociali, così come le dispute politiche di gruppi potenti.
La guerra che si è diffusa in tutto il paese trova oggi il suo epicentro in Chiapas, senza che ciò significhi che il resto del paese sia in pace. È tempo di guardare al passato recente e vedere tutto ciò che la guerra in Messico ha distrutto. Nel conteggio dei danni, un elemento spicca: quasi tutte le organizzazioni popolari e i popoli che hanno resistito dal basso all’espropriazione neoliberista sono stati brutalmente attaccati dalla criminalità organizzata, mentre lo Stato garantisce l’impunità.
La guerra contro i popoli zapatisti non si è fermata dal 1994. Direttamente con l’esercito, indirettamente con i paramilitari e i gruppi corporativi, e oggi anche con i gruppi della criminalità organizzata, la guerra in Chiapas tocca oggi nuove dimensioni e ci chiama all’allerta. Le denunce che gli zapatisti hanno fatto di recente ci invitano ad agire di fronte all’emergenza, così come l’assassinio di padre Marcelo Pérez.
Il Chiapas è oggi l’epicentro di una guerra che si è diffusa in tutto il paese. Con il Chiapas abbiamo l’obbligo di alzare la voce e parlare di questa guerra che ci ferisce ogni giorno come società. Esigere oggi la fine degli attacchi contro le comunità zapatiste significa anche esigere la fine della guerra in Chiapas e in tutto il Messico. Che la pace rimanga l’obiettivo.
Pubblicato su La Jornada, traduzione Christian Peverieri.
Immagine di copertina: Miguel Ángel García Guerra