La sanità sciopera rivendicando difesa e allargamento del SSN

Per oggi, 20 Novembre, è convocato uno sciopero del personale medico e sanitario da alcuni sindacati e associazioni di categoria, soprattutto di quelli de3 medic3. La situazione di definanziamento, insufficienza e inadeguatezza è sotto i riflettori tutti i giorni da qualche tempo a questa parte: nonostante i roboanti propositi del post-pandemia, la salute è sotto il crescente attacco di una ragione privatizzatrice inesorabile, che sta intaccando il diritto alla salute costituzionalmente sancito (art. 32). Abbiamo raggiunto Nicola Vinci dell’esecutivo nazionale di Chi Si Cura di Te?, sindacato nazionale di giovani medici e specializzandi, per capire dal punto di vista di chi lavora nel Sistema Sanitario Nazionale il passaggio dello sciopero e della lotta per un sistema sanitario pubblico e democratico.

Oggi è convocato uno sciopero nazionale (con una manifestazione a Roma) del personale medico e sanitario. Che ne pensate della piattaforma rivendicativa?

Siamo come sempre a sostegno di tutte le mobilitazioni e le vertenze atte a denunciare condizioni di lavoro divenute ormai insostenibili. La piattaforma rivendicativa di domani presenta molti punti condivisibili, in particolare riguardo la trasformazione del contratto di specializzazione in un contratto di formazione lavoro, la denuncia dell’insufficienza delle risorse stanziate, che non basteranno ad adeguare i salari nemmeno all’inflazione, la denuncia del clima di violenza verso il personale sanitario.

Non condividiamo però alcuni punti: siamo contrariɜ alla richiesta defiscalizzazione delle prestazioni. Bisogna pagare di più le lavoratrici e i lavoratori mettendo più risorse, la defiscalizzazione è una via sbagliata perché il SSN si regge sulla fiscalità generale. Perché, se si defiscalizza il lavoro del personale medico, non si dovrebbero defiscalizzare anche gli altri redditi da lavoro? Ma se si procedesse così così non ci sarebbero più risorse per nessun servizio pubblico. Defiscalizzare significa tagliare il ramo su cui il SSN siede. La defiscalizzazione del lavoro può essere realizzata, ma deve essere una misura progressiva, riguardare tutti i lavoratori e le lavoratrici e non portare a una diminuzione di risorse per i servizi pubblici, venendo compensata da uno spostamento del carico fiscale verso la rendita e i patrimoni.

Non comprendiamo poi la richiesta di svincolare il lavoro nel SSN dal regime della pubblica amministrazione. Pensiamo che potrebbe essere un grimaldello per trasformare tutte le lavoratrici e i lavoratori del SSN in convenzionatɜ creando un mercato di lavoro e prestazioni che penalizzerebbe la capacità del SSN di garantire i servizi e che, alla lunga, deteriorerebbe anche le condizioni di lavoro. Già oggi esiste personale convenzionato, come gli e le MMG che, al netto di una retribuzione maggiore, hanno però molti meno diritti: per citarne alcuni, la possibilità di avere periodi di ferie e malattia, nonché la tutela di maternità/paternità che è peggiore rispetto a quella che spetta al personale dipendente. Il reale rispetto degli orari di lavoro è una chimera, tant’è che soprattutto lɜ giovanɜ professionistɜ non vedono male la possibilità di una trasformazione verso la dipendenza.

Quali sono i motivi che pensate siano emergenziali che spingono tanti professionisti ad abbandonare il sistema sanitario nazionale per lavorare come gettonisti? Lo sciopero di domani affronta in maniera corretta queste problematiche?

Le condizioni di lavoro del personale sanitario in Italia sono profondamente influenzate dal continuo definanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che ha effetti diretti sia sulla qualità delle cure fornite ai pazienti, sia sulle condizioni lavorative del personale. La carenza di risorse si traduce in strutture sovraffollate, mancanza di personale e una gestione sempre più precaria, con il conseguente aumento dello stress lavorativo per medicɜ, infermierɜ e personale sanitario in generale. Si aggiungono stipendi bassi per tutte le lavoratrici e i lavoratori, ancora di più per quellɜ non medicɜ, soprattutto se confrontati al livello dei salari in Europa. Pensiamo che la battaglia sui salari non sia solo del mondo della sanità, ma un problema nazionale che riguarda tutte le lavoratrici e i lavoratori di tutti i settori, e che possa essere vinta solo convergendo.

Questo degrado dei servizi di cura non solo compromette la qualità delle prestazioni sanitarie, ma incrementa anche i rischi di violenza sia fisica sia psicologica, con una pericolosa escalation delle aggressioni nei confronti del personale.

Il fenomeno delle aggressioni fisiche, psicologiche, razziste e sessuali da parte dei pazienti è in forte aumento, spesso alimentato dalla frustrazione per i tempi d’attesa, la scarsità di personale e la difficoltà di accesso alle cure. Tuttavia, oltre a questa violenza esterna, il personale sanitario, le donne, la comunità LGBTQIA+ e persone razzializzate in particolare, sono espostɜ anche a comportamenti aggressivi o discriminatori da parte di altrɜ colleghɜ, in un ambiente lavorativo che talvolta non offre adeguate protezioni o strumenti per contrastare il mobbing, le discriminazioni e le molestie. Questi comportamenti, insieme alla difficoltà di conciliare vita privata e professionale, creano un ambiente che può risultare alienante e demotivante.

Inoltre, l’organizzazione piramidale e rigidamente gerarchica del lavoro, che caratterizza molti ospedali e strutture sanitarie, accentua la distanza tra le diverse figure professionali e soffoca la possibilità di un coinvolgimento diretto di chi lavora nella gestione e nell’organizzazione delle cure. Domina una visione alienante del lavoro, dove le decisioni vengono prese da una ristretta élite dirigenziale senza tener conto delle reali necessità del personale in prima linea.

Quali pensi siano le criticità da affrontare subito dal punto di vista dei giovani medici, specializzandi e non, e quali quelle a cui mettere mano sul lungo periodo?

È imprescindibile un adeguamento della spesa sanitaria che risponda concretamente ai bisogni della popolazione e garantisca condizioni di lavoro dignitose per gli operatori sanitari. Occorre migliorare poi la qualità degli ambienti di lavoro e le condizioni delle strutture, con un’attenzione particolare alla prevenzione del burnout e con l’adozione delle misure per l’emersione, l’arginamento e la prevenzione delle violenze sul personale.

Rivendichiamo anche la creazione di un sistema di partecipazione attiva e orizzontale nella sanità, un nuovo sistema di gestione che favorisca il dialogo tra pazienti, caregiver e personale sanitario a tutti i livelli professionali, in grado di migliorare la qualità dell’ambiente di lavoro e, conseguentemente, quella delle cure.

Infine, la figura dellɜ specializzandɜ deve essere profondamente rivisitata. Si rende ormai necessario trasformare lɜ specializzandɜ in lavoratori e lavoratrici a tutti gli effetti, dotatɜ di un contratto di formazione-lavoro che riconosca la loro condizione di dipendenza economica e professionale, prevedendo adeguate garanzie salariali e diritti lavorativi come ferie, malattia e congedi parentali. Un simile intervento non solo migliorerebbe le condizioni economiche e professionali degli specializzandi, ma contribuirebbe anche a una più equa distribuzione delle risorse e a un sistema sanitario più giusto e sostenibile, in cui chi lavora per la salute della comunità venga adeguatamente riconosciutə, protettə e valorizzatə.

Che valutazione date della finanziaria? Che tipo di approccio sta avendo il governo Meloni rispetto alle problematiche di cui abbiamo parlato?

È una finanziaria che, al netto di alcune misure  positive ad esempio sul cuneo fiscale, riteniamo fondamentalmente insufficiente. Per quanto riguarda la sanità i fondi stanziati non basteranno nemmeno a coprire l’inflazione, e una parte consistente dell’aumento del fondo sanitario nazionale viene riservata ad acquistare maggiori prestazioni dalla sanità privata, indebolendo il servizio sanitario nazionale anziché investire sulle persone che ci lavorano. È estremamente preoccupante poi l’aumento vertiginoso della spesa militare, che apre a foschi scenari per il futuro del paese, soprattutto se si considera il combinato disposto con il ddl.1660, un attacco violentissimo alla libertà di manifestare dissenso.

Pensate di attraversare in qualche modo la data del 29 (sciopero generale convocato da CGIL, UIL e sindacalismo di base)?

La nostra organizzazione ha un dialogo continuo tanto con la CGIL quanto col sindacalismo di base COBAS, SUDCobas e USB, sempre nel rispetto della reciproca indipendenza e autonomia decisionale. Pensiamo però che contribuire alla creazione e allo sviluppo di reti tra realtà politiche è una responsabilità che dobbiamo assumerci a fronte di un panorama associativo e politico sempre più  frammentato.

Questo, dunque, si sostanzia nell’essere sempre prontɜ a instaurare relazioni con chi sceglie di condividere con noi un terreno di lotta. Riteniamo pienamente condivisibile la piattaforma del 29 novembre a cui vogliamo aderire.

Per quanto riguarda la modalità sappiamo che le specializzande e gli specializzandi formalmente non possono scioperare, essendo consideratɜ amministrativamente studenti e non lavoratori e lavoratrici, quindi potrà andare a manifestare chi non sarà in servizio o chi avrà preso un giorno di assenza giustificata.

Teniamo a ricordare come organizzazione che le specializzande e gli specializzandi non possono essere utilizzati per coprire i servizi lasciati scoperti dal personale in servizio in sciopero. Siamo quindi a disposizione per agire a tutela di tutte le specializzande e gli specializzandi qualora vi siano costretti, tanto nella giornata di domani quanto in quella del 29.

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