L’Iran nel mirino dell’Imperialismo

Non ce ne siamo accorti prima, ma il 16 dicembre a Malpensa viene arrestato un cittadino iraniano – svizzero di 38 anni: Mohammad Abedini-Najafabadi. Arrestato per conto degli Stati Uniti, in Italia. Tre giorni dopo, il 19 dicembre viene arrestata a Teheran la giornalista italiana Cecilia Sala, una che va in televisione a dire che il capo di Hamas Sinwar, poi ucciso da Israele, è un “magalomane psicopatico, incapace di provare compassione per gli altri e paura per sè”, mentre Zelenskiy è “un presidente coraggioso, l’uomo che ha scelto di non scappare, che ha dismesso la giacca e la cravatta per il pile verde oliva”.

Al di là dei fatti in questione legati alla giornalista mainstream di cui non sappiamo ancora i contorni, ufficialmente il complottista è l’iraniano arrestato a Malpensa, accusato di cospirazione, associazione a delinquere e violazione delle leggi sul commercio. Il suo ruolo sarebbe legato al sistema dei droni che avrebbe colpito, sempre secondo Washington, la base USA in Giordania, uccidendo tre marines nel gennaio scorso.

Najafabadi ora ha davanti la Corte d’appello, poi il Ministero della Giustizia avrà 10 giorni di tempo per rendere effettiva l’estradizione. Come finirà? La nostra (pur limitata) sovranità si è fermata a Sigonella, era il 1985.

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Cecilia Sala e Mohammad Abedini-Najafabadi

Fatto sta, che a noi comuni mortali ci vengono date in pasto notizie già vecchie, i due casi – forse intrecciati – sono in realtà in ballo da giorni, rivelati solo adesso. Complotti, cospirazioni, ritorsioni internazionali?

Quello che è sicuro è che l’Iran è nel mirino. Dalla rivoluzione islamica del 1979, dalla guerra fomentata contro l’Iraq, dagli attentati mirati, alle rivoluzioni colorate odierne.

Netanyahu l’ha detto a chiare lettere di fronte al Congresso Usa, era il 24 luglio scorso: l’obiettivo finale è Teheran, e l’ha riconosciuto pochi giorni fa anche l’Imam Khamenei, Guida Suprema del Paese, dopo che Damasco era caduta di botto sotto l’Isis di nuovo conio.

Riceviamo e pubblichiamo questa interessante analisi in merito:

L’IRAN NEL MIRINO DELL’IMPERIALISMO

Che l’Iran sia nel mirino dell’imperialismo non è certo una novità, tuttavia nella presente “stretta dei tempi” procedere alla disarticolazione della Repubblica islamica è per esso un obiettivo urgente dopo lo sventramento dell’Iraq e quello in atto della Siria. Per il grande reset imperialista dell’Asia occidentale, come sono assolutamente fondamentali la difesa dell’entità sionista/”Israele” nell’area ed il mantenimento sotto la propria sfera di controllo del Regno saudita, così è fondamentale la disarticolazione/smantellamento dello Stato iraniano.

Qui una soltanto delle numerose ed esplicite dichiarazioni d’intenti (di guerra) da parte degli strateghi american-sionisti:

Israel needs a Doolittle Raid

“…Israele non solo deve sostenere il morale israeliano per andare oltre l’ombra del 7 ottobre (come gli Stati Uniti hanno dovuto andare oltre l’ombra del 7 dicembre 1941), ma deve anche intraprendere azioni, forse anche contro l’Iran stesso, ma certamente contro i teatri che in questo momento languono (Yemen, Iraq, Siria), che segnalino strategicamente che non si tratta più solo di Hamas, né tantomeno dei palestinesi, ma di costringere lo stesso regime iraniano a rannicchiarsi nella paura di quale cosa imprevedibile Israele potrebbe fare dopo, e attraverso ciò riprendere l’iniziativa strategica e impostare l’agenda regionale per gravare sul regime di Teheran stesso. Israele deve prendere il controllo dell’agenda in ogni aspetto e forzare la mano dell’Iran a fare passi falsi. Israele ha bisogno di un raid Doolittle. O due… o tre.” – dal sito JEWISH NEWS SYNDACATE – 26 novembre 2023 https://www.jns.org/israel-needs-a-doolittle-raid/

 “Costringere lo stesso regime iraniano a rannicchiarsi nella paura”! scrivono tranquillamente questi criminal-strateghi.

La tremenda pressione dell’imperialismo si esercita in un momento particolarmente critico per lo Stato (capitalistico) iraniano. Non è questa la sede per analizzare le profonde criticità e tensioni economico-sociali che lo attraversano, ci limitiamo a riportare la seguente dichiarazione del nuovo presidente “riformista” Pezeshkian rilasciata nella drammatica vigilia del 1 ottobre, data storica della “frustata” missilistica inflitta all’entità sionista e scattata per decisione della Guida Suprema Khamenei e dell’IRGC/Corpo delle guardie della rivoluzione (contro il parere dei “riformisti”), ci sembra dia abbastanza l’idea della situazione:

Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian nel suo discorso ha toccato aspetti importanti che spiegano perché Teheran non ha fretta di impegnarsi in una guerra aperta con Israele nonostante la situazione tesa nella regione. Le sue parole danno un’idea chiara che in caso di un conflitto importante, l’Iran potrebbe essere sull’orlo del collasso, il che rende lo stato estremamente vulnerabile alle minacce interne ed esterne.

Pezeshkian ha sottolineato che se scoppiassero gravi conflitti interni o una guerra, l’Iran potrebbe cessare di esistere come stato unito. In questo caso, singole regioni del paese, come Azerbaigian, Kurdistan, Khuzestan e Baluchistan, potrebbero dichiarare la propria indipendenza e creare i propri governi. Un simile scenario, secondo il leader iraniano, porterebbe al caos completo e alla disintegrazione del paese.

Il presidente ha anche osservato che in caso di crisi interna, l’Iran non può contare sull’aiuto di altri paesi. Ogni regione agirà nel proprio interesse, cercando di prendere il potere o aumentare la propria influenza, il che porterà a una divisione nel paese e a un aumento dei conflitti. Secondo Pezeshkian, questo è ciò che rende una guerra con Israele, così come qualsiasi altro conflitto importante, estremamente indesiderabile per l’Iran.

“Non vogliamo il caos nel nostro Paese” , ha sottolineato il presidente, affermando la volontà dell’Iran di mantenere l’unità e l’armonia al suo interno.
Подробнее на: https://avia-pro.net/news/prezident-irana-zayavil-chto-strana-ne-budet-vstupat-v-voynu-s-izrailem-iz-za-livana-ili

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Il 12 dicembre Netanyahu, ebbro della perfetta riuscita (al momento!) delle operazioni in Siria e del colpo politico-militare assestato alle forze dell’Asse della resistenza, sparge sale sulle ferite rivolgendosi al popolo iraniano (non è la prima volta che lo fa) affinché si liberi “del regime oppressore degli ayatollah” seguendo l’esempio dei “ribelli” e dei… “rivoluzionari” (sic!) siriani. Si potrebbe pensare che questo genere di “appelli al popolo” sono controproducenti (nell’ottica “del cambiamento” auspicato dall’imperialismo) dato il pulpito da cui provengono cioè dato il boia matricolato che li lancia “al popolo”. Ma questo tipo di esche, questi “approcci tattici” particolarmente contorti-diabolici sono propri della mentalità sionista. (E non solo, vedi ad esempio “le tattiche” adottate da un George Soros – che sionista non si dichiara e non è – e dalla sua velenosissima Open Society: do you remember Otpor?) Comunque sia, il boia Netanyahu mette il dito nella piaga cioè nella materia su cui la società iraniana (le classi sociali che compongono il capitalismo iraniano) dibatte e si divide.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è rivolto ai cittadini dell’Iran con un messaggio aperto, in cui ha espresso la speranza per la liberazione del paese dal regime dittatoriale. Nel suo discorso, ha criticato duramente le azioni delle autorità iraniane, accusandole di finanziare gruppi terroristici a spese di fondi che potrebbero essere utilizzati per lo sviluppo dell’Iran stesso.

“I vostri tiranni hanno speso oltre 30 miliardi di dollari per sostenere Assad in Siria. Oggi, quel regime è caduto dopo 11 giorni di combattimenti. Miliardi sono andati a sostenere Hamas e Hezbollah, ma le loro risorse e i loro leader sono stati distrutti”. “Stiamo parlando di soldi”, ha detto Netanyahu, aggiungendo che i soldi potrebbero essere investiti nella costruzione di strade, scuole e ospedali.

Netanyahu ha anche sottolineato che le attuali sconfitte dell’Iran in Medio Oriente sono il risultato non solo delle sue politiche aggressive, ma anche del suo desiderio di imporre una tirannia fondamentalista nella regione. Il leader israeliano ha definito le azioni del suo paese una difesa della civiltà dalla barbarie, sottolineando che Israele vuole la pace, ma continuerà a difendere i suoi confini.

Netanyahu ha dedicato particolare attenzione al popolo iraniano, affermando che rappresenta la principale minaccia per il regime.

“Le autorità iraniane hanno paura di voi. E un giorno, sono sicuro, questo cambierà. L’Iran sarà libero”. “Siamo molto vicini gli uni agli altri”, ha detto, esprimendo la speranza per un futuro in cui Iran e Israele possano coesistere in pace.

Il discorso di Netanyahu giunge in un momento in cui gli alleati dell’Iran nella regione hanno subito grandi sconfitte. La caduta di Bashar al-Assad in Siria, la distruzione delle infrastrutture di Hamas e l’eliminazione di importanti strutture di Hezbollah hanno rappresentato colpi significativi all’influenza dell’Iran. Il primo ministro israeliano ha collegato questi eventi ai successi militari del suo Paese, sottolineando che sono supportati dalla comunità internazionale, tra cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Подробнее на: https://avia-pro.net/news/netanyahu-k-grazhdanam-irana-odnazhdy-vasha-strana-stanet-svobodnoy

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Quanti soldi, quante risorse, potrebbero essere spesi e impiegate “a favore del popolo iraniano” e del “pacifico sviluppo” del paese! e invece… E invece il “regime tirannico degli ayatollah” le dilapida per le sue ambizioni espansioniste, per i suoi Assi della resistenza che non portano da nessuna parte se non la minaccia di guerra, di distruzione e di miseria per il popolo… dice il messaggio lanciato al popolo iraniano dal boia Netanyahu. E’, fondamentalmente, la stessa critica/contestazione che le opposizioni politico-sociali iraniane (non necessariamente quinte colonne in affitto dell’imperialismo) rivolgono ai “fondamentalisti” che hanno in mano l’apparato statale, l’IRGC e, seppur indirettamente, la stessa Guida Suprema Khamenei. E’, fondamentalmente, la stessa contestazione al regime fatta dalle “opposizioni di classe” interne iraniane le quali negano la tremenda pressione che l’imperialismo esercita sul paese: si tratta di una “distrazione delle masse” per stornare i proletari iraniani dalla lotta “contro i padroni” dicono costoro, da buoni “ortodossi” marxisti. Falsi ortodossi!

(Si noti che nel caso della Russia le opposizioni politiche al patriota borghese Putin – e non parliamo delle quinte colonne “alla Navalny” – basano fondamentalmente la loro contestazione “al tiranno” russo sullo stesso motivo: non è vera, non è reale la minaccia occidentale che incombe sul paese… La guerra in Ucraina è una guerra di aggressione voluta da Putin per “distrarre le masse”, per estendere il suo regime autoritario…)

Da parte nostra smentiamo categoricamente questo genere di contestazione “al regime tirannico” (degli ayatollah, di Putin):

la minaccia imperialista sul paese (Iran, Russia..) è assolutamente reale ed incombente. Le masse popolari, il proletariato (di Russia, di Iran…) non possono estraniarsi dalla lotta contro l’imperialismo. Non possono disertare questo terreno di lotta.

Ciò che noi contestiamo alle attuali direzioni statal-patriottiche-borghesi della lotta contro l’imperialismo democratico o la democrazia imperialista che dir si voglia è il modo con cui esse conducono tale lotta (vedi sopra: Chi tradisce chi?). In breve: per domare e battere la belva imperialista è necessaria la “linea Lenin” e non la “linea Putin” e nemmeno quella “Khamenei” (verso il quale noi comunque ci togliamo il cappello).

Nostre chiacchere “teoriche” a parte, ecco qui sotto, spiegata dal politologo russo Sergei Markov, l’alternativa concreta e molto urgente che si para davanti al governo della Repubblica Islamica:

L’Iran si è trovato in una situazione che richiede di prendere una decisione critica, afferma il politologo Sergei Markov. Il paese ha subito una serie di sconfitte in Siria, che hanno indebolito significativamente la sua influenza nella regione. La perdita di comunicazione con il Libano attraverso il territorio siriano, gli attacchi israeliani alle strutture iraniane e la morte di generali chiave del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche hanno inferto un duro colpo alle posizioni geopolitiche di Teheran. Secondo l’esperto, questi eventi indicano che l’Iran sta perdendo la guerra ibrida in corso con Israele.

Donald Trump potrebbe svolgere un ruolo speciale nell’aumentare la pressione su Teheran, che, dopo essere tornata alla Casa Bianca, come suggerisce Markov, potrebbe lanciare un ultimatum insieme a Israele. Nel contesto della crescente pressione esterna, l’Iran dovrà scegliere tra un confronto radicale, un cambiamento nel corso politico o uno sviluppo accelerato di armi nucleari.

Lo scienziato politico sottolinea che lo scenario di guerra lunga richiederà la mobilitazione di risorse significative e la prontezza per un confronto prolungato con Israele e l’Occidente. Questa opzione consentirà a Teheran di mantenere l’indipendenza, ma esacerberà i problemi economici e sociali all’interno del paese. La possibilità di cambiare il corso politico, implicando il trasferimento del potere alle forze filo-occidentali, significherà in realtà una concessione a un ultimatum e un rifiuto di una politica regionale attiva. Un tale passo danneggerà seriamente la reputazione dell’Iran in Medio Oriente. La terza opzione, associata alla creazione accelerata di armi nucleari, comporta alti rischi di attacchi militari e isolamento nell’arena internazionale, ma può diventare una leva di influenza nei futuri negoziati.

Secondo Markov, i tentativi dell’Iran di destreggiarsi tra queste opzioni non daranno più risultati. La situazione attuale richiede che Teheran sia decisa e faccia una chiara scelta di strategia che determinerà non solo il futuro ruolo dell’Iran nella regione, ma anche la sua capacità di resistere alle pressioni esterne. Подробнее на: https://avia-pro.net/news/iranu-grozit-masshtabnaya-voyna-v-blizhayshem-vremeni

Claudio, Nucleo Comunista Internazionalista

28.12.2024

Le opinioni epresse nel presente articolo non necessariamente rappresentano quelle della redazione.

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