Una breve stagione che non finisce

di Luca Cangianti

Serge Quadruppani, La breve stagione, trad. Maruzza Loria, postfazione di Wu Ming 1, Alegre, 2024, pp. 224, € 16,00 stampa, € 8,99 ebook.

Una rapina finita male «decapita» la gioventù di quattro amici dell’ultragauche francese. È il 1975 e il sottoproletario del gruppo, Simon, finisce in prigione. Gli altri, Bruno, Marie e Michel, dotati di maggior capitale culturale ed economico, lo abbandonano al suo destino. Passano diciassette anni, Simon esce. Quali sono le sue intenzioni nei confronti dei vecchi compagni con i quali sognava di cambiare il mondo?

È questo l’innesco della Breve stagione, un romanzo raggelante e al tempo stesso caldo come solo l’abbraccio della rivoluzione sa essere. Firma quest’opera Serge Quadruppani: celebre autore di noir, traduttore in lingua francese di scrittori italiani (Andrea Camilleri, Massimo Carlotto, Sandrone Dazieri, Valerio Evangelisti, Alberto Prunetti, Wu Ming e molti altri), saggista, giornalista, militante degli anni settanta che ancora oggi, con un velo d’ironia, si definisce «un ultragauche anarcho-autonome».

Il libro, pubblicato nel 2000 e tradotto in italiano tre anni dopo, come ricorda Wu Ming 1 nella postfazione, torna in libreria per merito delle Edizioni Alegre. Il tema del tradimento («c’è stata talmente tanta gente che se l’è svignata, tutti denunciavano tutti») e dell’eclissarsi dello slancio rivoluzionario, è affrontato con una strumentazione stilistica estremamente originale. Il punto di vista onnisciente galleggia nell’aria come un drone, s’infila nella testa di tutti i personaggi al tempo stesso, ne rivela le meschinerie e i sentimenti più delicati, si rivolge al lettore, s’intrufola negli interni, striscia meticolosamente tra i mobili, indugia sulle fotografie di una rivolta sbiadita e rimossa. Poi schizza all’esterno tra querce e pini marittimi, e ci sommerge con la ricchezza inesauribile della fauna volatile: allodole, capinere, monachelle, regoli, zigoli, aironi, fenicotteri rosa, cigni reali, gallinelle d’acqua, voltolini eurasiatici e persino piro-piro boscherecci e sgarze ciuffetto. Insomma, Quadruppani è un ribelle anche nei confronti della manualistica narratologica, ma lettori e lettrici gli sono grati perché il risultato è sorprendente: gli occhi non si staccano dalla pagina, la suspense non allenta la morsa sulle viscere e nel frattempo noi siamo lì, sul litorale del sudest francese, cementificato e corroso da racket innominabili, con «i piedi che tastano il suolo di terra battuta» oppure nell’interno di un’auto che «sa di sigaretta e di cane bagnato.» Siamo una diciassettenne, Nausicaa, che si schiude alla vita e un uomo che ha passato quasi vent’anni in galera. I loro dialoghi, nell’apparente immediatezza fatta di desiderio, vendetta, amore e rabbia, scavano a fondo. Sono una resa dei conti, ma anche una breccia sulle possibilità di rivolta che sono sempre presenti per chi abbia cuore e intelligenza sufficienti a farsi sorprendere.

In Une histoire personnelle de l’Ultra-gauche, un’autobiografia che meriterebbe d’essere tradotta in italiano, Quadruppani scrive: «Le vecchie storie hanno una loro importanza, vivono ancora in maniera sotterranea, ricche di potenzialità. Si tratta di qualcosa di difficilmente visibile e ancora non realizzato, ma comunque presente.» In un altro passaggio dello stesso libro aggiunge che, a differenza del lungo ’68 italiano finito nella militarizzazione del conflitto sociale, negli arresti di massa, nelle torture e nella repressione, «il Maggio francese non è stato vinto… c’è stata la ripresa del giugno dello stesso anno e una sensazione, che si ripresenterà spesso negli anni seguenti, che i francesi sono sempre pronti a fare la rivoluzione, almeno fino alle prossime vacanze estive.»
Si tratta di concetti che ricordano la poetica di Valerio Evangelisti e il valore delle passate battaglie perse che alimentano l’immaginario di quelle future. La breve stagione, pur non concedendo nulla al buonismo e all’ottimismo, si iscrive in questo orizzonte. Il Maggio francese sarà stato pure breve, ma non è finito.

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