Verdiana Siddi
L’arte attinge dalle sue stesse radici e si fa eterna quando incarna il suo presente e ne intuisce la direzione: non è solo messaggio, ma anche linguaggio inedito e anticipatore, eppure efficace nel suo tempo.
Tra il II ed il III secolo d.C, la vasta espansione dell’Impero Romano lungo tutto il bacino del Mediterraneo, dall’Atlantico all’Asia minore, combinava nuove coesistenze culturali. Il neonato modello di anarchia militare spostava l’identificazione del potere. Nel medesimo contesto irrompeva il sempre più diffuso culto cristiano. Inizia così la crisi di un’intera epoca.
Dal V secolo le esigenze della committenza si faranno didattiche e divulgative, dall’immagine dipenderà la concezione comune del nuovo ideale divino, seppur trascendente ed ultraterreno, e i vecchi ordini naturalistici dell’epoca precedente saranno da considerarsi obsoleti. Il naturalismo, il pathos, il divino immanente, la grazia, ed altri elementi fondanti l’arte classica, verranno messi fortemente in discussione già nel II secolo d.C.
Dalla crisi del III secolo fino al V si svolge dunque la prima fase di un nuovo ruolo dell’Arte, che in un susseguirsi di contaminazioni in pochi secoli diventerà il potentissimo mezzo di comunicazione di massa per la divulgazione, ai suoi esordi, della dottrina cattolica.
Quello che nacque come movimento culturale e religioso, in opposizione alla conservazione dell’egemonia culturale classica, sarà assorbito in forma nuova dall’egemonia culturale stessa, ed organizzato in forma di istituzione.
All’inizio gli artisti si troveranno a rispondere alle nuove committenze con naturale sincretismo stilistico tra linguaggi anche molto diversi fra loro: da una parte nuovi dialoghi interculturali inducevano questa mescolanza, dall’altra la pervasività della rivoluzione cristiana.
È evidente la presenza di elementi classici in molte opere di questo periodo. In alcune pitture si possono scorgere proporzioni irrazionali o rigidità delle figure, ma l’uso del colore è ancora quello tipico bizantino. Un importante manoscritto miniato del V secolo d.C, con queste caratteristiche, ispirerà molto più tardi un certo mosaico a Venezia, quando la rappresentazione risulterà persino maturata in efficacia comunicativa. Parlando in termini di linguaggio artistico, nel XII secolo si rinuncerà a molto del naturalismo classico, ma si acquisirà accattivante impatto grafico e maggiore immediatezza. Un modo diverso di intendere la sacralità. Forse alcuni elementi della tradizione grafico-ornamentale che giungevano in Italia dal Nord Europa?
Tutto ciò per dire che l’arte visiva è la calligrafia con cui viene scritta la storia di un’epoca, il pensiero che si riflette e si imprime, ed altro se ne genera, nella cultura delle immagini e nell’immaginario del tempo e nel luogo.
Fin da prima dell’Editto di Milano (313 d.C) l’arte era erede del classico, e non meno delle origini precedenti, e il contesto socio-culturale era già cambiato.
Solo dopo alcuni secoli si consoliderà un accordo tra l’antico e il nuovo sapere, e si teorizzerà il cattolicesimo a livello istituzionale, ma il Medioevo inizia con un cambiamento sociale, dal basso, molto prima di quanto ci vogliano far credere.
Con licenza estetica, perfezionata dalla presa in carico collettiva dell’inconcepibile ultraterreno, la millenaria ricerca dei linguaggi medievali di didattica della trascendenza, col bagaglio delle epoche precedenti, ci daranno l’esperienza del Rinascimento.
Anche oggi esiste una condizione di crisi dei linguaggi artistici. Oltre a ciò, la nostra società produce una quantità oscena di immagini spazzatura e non è affatto scontato anche solo poter incontrare qualcosa che abbia in sé quell’altezza, se così si può dire, che è propria dell’arte; la molteplicità dei linguaggi odierni deriva dalla fortunata rivoluzione che dal Novecento ha moltiplicato esponenzialmente gli strumenti a disposizione, offrendo possibilità, ma anche provocando equivoci.
Che senso ha l’arte oggi?
Che volto avrà il prossimo rinascimento?