John Elmer
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C’è stato un tempo in cui Ali Akbar Hashemi Rafsanjani era Presidente dell’Iran (1989-97) e dal suo ufficio personale inviava a Mosca agenti segreti a caccia di informazioni. Era il periodo dell’amministrazione Eltsin, quando all’interno delle mura del Cremlino non c’era amore per l’Iran. Così i consiglieri di Rafsanjani arrivavano sotto la copertura di mercanti di pistacchi, di cui l’Iran è il più grande e migliore produttore al mondo.
Ricordo di averli incontrati al vecchio hotel Pechino. Erano buoni ascoltatori; non ricordo che dicessero nulla, se non fare domande. Ai nostri incontri portavano scatole di campioni di pistacchi finemente tostati.
In quei giorni, dagli uomini di Rafsanjani avevo imparato che il modo migliore per capire cosa pensano gli iraniani del Cremlino non è fare domande, che loro invariabilmente eludono e a cui rispondono in modo ambiguo. È nelle domande che pongono che si trovano gli indizi degli obiettivi e delle priorità dell’Iran, ma anche delle sue incertezze e vulnerabilità.
Al termine dell’incontro tra il nuovo Presidente iraniano Masoud Pezeshkian e il Presidente Vladimir Putin al Cremlino, venerdì scorso, c’è stato un breve scambio di domande e risposte, accuratamente inscenato, tra i Presidenti e la stampa: due domande dai reporter iraniani e due da quelli russi. Sono stati concessi solo venti minuti.
Le domande degli iraniani partivano dall’ovvio fatto che sia l’Iran che la Russia si stanno attualmente difendendo dalla lunga guerra degli Stati Uniti per distruggerli entrambi – attraverso Israele l’Iran, attraverso l’Ucraina la Russia. I reporter iraniani hanno posto due domande che toccavano lo stesso punto sulla guerra in corso: “Cosa succederà in futuro con l’attuale accordo?“. “Quale sarà la politica dei due Paesi per quanto riguarda l’agenda internazionale e la cooperazione regionale, in particolare nella nostra regione? Come si potrà tradurre tutto questo nella pratica?”
Il Presidente Putin ha evitato di parlare della guerra; i giornalisti russi hanno seguito l’esempio. Interfax ha chiesto del business del gas; Izvestia ha evitato in modo sciocco [di parlare della guerra]: “Con queste continue turbolenze nello stesso Medio Oriente, come si può mantenere l’equilibrio di potere?”
Pezeshkian è stato più esplicito di Putin. “Vedete quello che sta accadendo in Libano, in Siria, nella Striscia di Gaza, lo spargimento di sangue è senza fine. Lo avete visto tutti con i vostri occhi… Questi due pesi e due misure sono intollerabili per noi… Gli accordi di oggi… assicurano che il mondo unipolare non detterà più il nostro corso. Nessun doppio standard può governare il mondo“.
“Discutendo dei recenti sviluppi in Siria“, ha detto Putin, “abbiamo sottolineato che in quel Paese la Russia rimane impegnata per una soluzione globale, basata sul rispetto della sua sovranità, indipendenza e integrità territoriale. Siamo pronti a continuare a fornire al popolo siriano il sostegno necessario per stabilizzare la situazione, a offrire aiuti umanitari urgenti e ad avviare una ricostruzione post-bellica su larga scala… Ci auguriamo sinceramente che il popolo siriano riesca a superare con successo tutte le sfide emergenti poste dall’attuale periodo di transizione“.
Risposte più concrete si trovano nei quarantasette articoli del patto che i due presidenti hanno appena firmato. Intitolato “Trattato sul partenariato strategico globale tra la Repubblica islamica dell’Iran e la Federazione russa“, è stato firmato in tre originali, in russo, persiano e inglese. Eccezionalmente, nell’ultima riga il patto dichiara che tutti i testi [sono] ugualmente autentici”, ma che “in caso di disaccordo nell’interpretazione o nell’attuazione del presente trattato, sarà utilizzato il testo inglese”.
Non esistono precedenti storici in cui due Stati alleati abbiano concordato tra loro di utilizzare in questo modo la lingua del loro nemico comune.
Nella versione inglese del nuovo trattato è anche evidente come russi e iraniani abbiano tralasciato ciò che non hanno concordato di dire o fare nei confronti del nemico. A leggere bene, solo sei settimane dopo il mancato accordo dei due presidenti sulla cooperazione militare per fermare le invasioni turche, israeliane e americane della Siria e la sua spartizione, questo sembra a un osservatore militare “una dichiarazione di magari promettiamo di essere gentili l’uno con l’altro, quando possibile, forse“.
Per la cronaca dei disaccordi di Putin con il presidente Ebrahim Raisi, predecessore di Pezeshkian, sulla guerra di Israele contro i palestinesi e sugli attacchi agli obiettivi iraniani in Siria, leggere questo rapporto e poi questo.
Ecco il testo del nuovo accordo in versione integrale e in inglese da parte del governo iraniano. La pubblicazione del testo in russo da parte del Cremlino può essere letta qui.
I termini “guerra”, “invasione armata” e “attacco” non sono menzionati. Questo è molto diverso dagli articoli 3 e 4 del “Trattato sul partenariato strategico globale” tra Russia e Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC), firmato da Putin e dal presidente Kim Jon Un a Pyongyang il 19 giugno dello scorso anno.
Nel patto russo-coreano, l’articolo 3 prevede che “nel caso in cui si crei una minaccia diretta di invasione armata [. . .], le due parti attivano immediatamente il canale dei negoziati bilaterali allo scopo di aggiustare le loro [posizioni . . .] e discutere misure pratiche fattibili”. L’articolo 4 del patto russo-coreano è più esplicito: “nel caso in cui una delle due parti sia messa in stato di guerra da un’invasione armata [. . .], l’altra parte fornirà senza indugio assistenza militare e di altro tipo con tutti i mezzi in suo possesso”.
Le disposizioni militari operative del nuovo patto con l’Iran sono contenute nell’articolo 4. “1. Al fine di rafforzare la sicurezza nazionale e affrontare le minacce comuni, le agenzie di intelligence e di sicurezza delle Parti contraenti si scambiano informazioni ed esperienze e aumentano il livello della loro cooperazione. 2. I servizi di intelligence e di sicurezza delle Parti contraenti coopereranno nell’ambito di accordi separati”.
I termini “cooperare” e “cooperazione” compaiono 71 volte nel testo del trattato; questo è il concetto dominante dell’accordo. “Informazione” viene dopo con 23 menzioni; “sicurezza” è al terzo posto con 21; “militare” è a 12. “Commercio” e “legami economici” sono molto lontani. La vaghezza del tropo della cooperazione è il motivo per cui i giornalisti iraniani avevano chiesto alla conferenza stampa del Cremlino cosa significasse in termini pratici.
Rispondendo, Putin aveva evitato di parlare di sicurezza, difesa, guerra. Aveva invece ribadito che il patto prevede “condizioni aggiuntive, condizioni aggiuntive di base, per promuovere il commercio e i legami economici“. In parole povere, abbiamo bisogno di meno burocrazia e di più azioni concrete”.
Pezeshkian aveva aggiunto la sensibilità bellica: “Questo, naturalmente, si allinea con la nostra politica comune di garantire la sicurezza regionale e di opporsi al mondo unipolare. Siamo fiduciosi che, nella nostra regione, potremo cooperare senza influenze esterne o coinvolgimento da parte di attori periferici”.
L’articolo 3, paragrafo 3, del trattato prevede un’insolita esclusione di responsabilità. “Nel caso in cui una delle due Parti contraenti sia soggetta ad aggressione, l’altra Parte contraente non fornirà all’aggressore alcuna assistenza militare o di altro tipo che possa contribuire al proseguimento dell’aggressione e contribuirà a garantire che le differenze sorte siano risolte sulla base della Carta delle Nazioni Unite e delle altre norme applicabili del diritto internazionale”.
Gli iraniani ritengono che la politica russa in Siria di non far funzionare i propri sistemi di difesa aerea contro gli attacchi aerei israeliani e di non proteggere il territorio siriano, le forze armate siriane e i comandanti, le unità e gli equipaggiamenti militari iraniani in Siria dai bombardamenti e dai missili israeliani sia stata un tacito incoraggiamento russo agli israeliani ad attaccare, e quindi una violazione della disposizione appena firmata. Nelle recenti osservazioni del generale di brigata Behrouz Esbati (a destra) del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) lo afferma esplicitamente.
Una fonte veterana della NATO commenta: “Suppongo che gli iraniani e i russi preferirebbero che nessuno puntualizzasse il fatto che non aiutare un aggressore che prende di mira uno dei due fa capire che l’aggressore non deve preoccuparsi che uno dei due venga in aiuto dell’altro“.
Gli articoli 4 e 5 sembrano ampliare le operazioni degli stati maggiori e dei servizi di intelligence di Russia e Iran. Ad esempio, l’articolo 4 stabilisce che “1. Al fine di rafforzare la sicurezza nazionale e affrontare le minacce comuni, i servizi di intelligence e di sicurezza delle Parti contraenti si scambiano informazioni ed esperienze e aumentano il livello della loro cooperazione. 2. I servizi di intelligence e di sicurezza delle Parti contraenti cooperano nell’ambito di accordi separati”.
La vaghezza e l’ambiguità della frase “livello di cooperazione” possono essere risolte dal “quadro di accordi separati”, ma ciò significa chiaramente che le due parti mantengono segreti i loro accordi.
L’articolo 5 presenta una combinazione simile di ambiguità esterna e segretezza interna. L’articolo 5, paragrafo 4, sembra espansivo ma è vago: “Le Parti contraenti si consulteranno e coopereranno per contrastare le minacce militari e di sicurezza comuni di natura bilaterale e regionale”. Ciò dovrebbe estendersi, ad esempio, alla fornitura di informazioni alle forze Houthi dello Yemen su obiettivi all’interno di Israele o su navi dirette o collegate a Israele in navigazione nel Mar Rosso e nel Mar Arabico. L’articolo 5, paragrafo 1, puntualizza la qualifica di segretezza: “Al fine di sviluppare la cooperazione militare tra le loro agenzie competenti, le Parti contraenti condurranno la preparazione e l’attuazione dei rispettivi accordi nell’ambito del Gruppo di lavoro sulla cooperazione militare”.
Putin si è trovato più a suo agio nell’usare il linguaggio della lotta per concordare con Pezeshkian un’azione comune contro le sanzioni imposte dagli Stati Uniti nei confronti di entrambi i Paesi. Nel nuovo trattato è stato utilizzato lo stesso linguaggio usato in quello coreano dello scorso giugno. Le sanzioni, definite “misure coercitive unilaterali”, sono trattate nell’articolo 19 del nuovo accordo. I due Stati hanno concordato esplicitamente di reagire insieme. Usando la forma enfatica del tempo futuro, essi “si opporranno all’applicazione di misure coercitive unilaterali”, “garantiranno la non applicazione di misure coercitive unilaterali dirette o indirette contro una delle Parti Contraenti” e “si asterranno dall’aderire a misure coercitive unilaterali o dall’appoggiare tali misure di qualsiasi terza parte, se tali misure colpiscono o sono dirette direttamente o indirettamente contro una delle Parti Contraenti, le persone fisiche e giuridiche di tale Parte Contraente o le loro proprietà”.
Per combattere la guerra delle sanzioni, Russia e Iran hanno anche concordato di “compiere sforzi pratici per ridurre i rischi, eliminare o attenuare l’impatto diretto e indiretto di tali misure sui legami economici reciproci, sulle persone fisiche e giuridiche delle Parti contraenti o sui loro beni sotto la giurisdizione delle Parti contraenti, sui beni provenienti da una Parte contraente e destinati all’altra Parte contraente, e/o su opere, servizi, informazioni”.
Non è una novità. Nel dicembre 2023, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov aveva firmato con Hossein Amir-Abdollahian, allora ministro degli Esteri iraniano, quella che avevano definito “una dichiarazione sui modi e gli strumenti per contrastare, alleviare e compensare le conseguenze negative delle misure coercitive unilaterali. Questo è importante per unire gli sforzi della comunità internazionale per superare le sanzioni illegali con cui gli Stati Uniti e i loro alleati hanno sostituito la diplomazia“.
Per quanto riguarda la vulnerabilità dell’Iran agli attacchi nucleari israeliani e le contromisure di Teheran, nel nuovo trattato c’è un accenno fugace a una maggiore “cooperazione” nell’articolo 10, che recita: “Le Parti contraenti cooperano strettamente per il controllo degli armamenti, il disarmo, la non proliferazione e le questioni di sicurezza internazionale nell’ambito dei pertinenti trattati internazionali e delle organizzazioni internazionali di cui sono parti, e si consultano regolarmente su tali questioni”.
Il testo del patto prevede la negoziazione di altri accordi. Per la difesa e gli scopi militari, ad esempio, l’articolo 41 prevede che “le Parti contraenti, al fine di definire aree e parametri specifici di cooperazione previsti dal presente Trattato, possono, se necessario, concludere accordi separati”. Tali accordi possono rimanere segreti.
Per coloro che assaporano i pistacchi iraniani, il linguaggio del trattato segna la differenza tra il guscio e la noce. A questo proposito, nell’unico commento russo pubblicato finora da Boris Rozhin, un importante analista militare di Mosca, il fatto che il guscio sia palese e il nocciolo segreto è un’ironia. “I protocolli segreti sulla nuova spartizione della Polonia non sono stati pubblicati“, ha commentato Rozhin.
John Elmer21
Fonte: johnhelmer.net
Link: https://johnhelmer.net/the-pistachio-pact-is-the-russian-iranian-strategic-agreement-the-nut-or-the-shell/
19.01.2025
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org