Padova – Il diritto allo studio non si misura

Dodici studentɜ dell’Università di Padova sono stati allontanati dalla città con un foglio di via, una misura preventiva che vieta la permanenza per quattro anni. Il provvedimento, emesso dopo una risposta a una provocazione neofascista, colpisce giovani con contratti d’affitto e radicati nella vita universitaria. Il Collettivo Universitario Spina denuncia l’uso politico della repressione e chiama la comunità accademica a mobilitarsi. Per questo, mercoledì 26 febbraio alle 17:30 ha lanciato un’assemblea aperta al Polo Beato Pellegrino per discutere e organizzare una risposta collettiva. 

FIRMA QUA L’APPELLO

Chiediamo che il mondo della formazione e l’intera Comunità accademica prendano una posizione chiara contro i fogli di via imposti a 10 studentɜ di Padova.

Sabato 15 febbraio, 22 attivistɜ del Cso Pedro sono stati portatɜ in Questura per aver reagito a una provocazione di esponenti di Casapound, movimento di estrema destra neofascista. Dopo molte ore, 12 di loro sono stati colpiti da un provvedimento di foglio di via, della durata di 4 anni, poiché non residenti nel comune di Padova. Queste misure preventive sono state giustificate con l’assenza di legami con la città, ma la quasi totalità di queste persone è iscritta all’Università di Padova e ha contratti di locazione a loro nome.

Il foglio di via è una misura preventiva imposta dalla Questura a chi viene considerato un “soggetto socialmente pericoloso” e prevede il divieto di permanenza in un determinato comune per un periodo che va da 6 mesi a 4 anni (3 mesi prima del Decreto Caivano). Il provvedimento obbliga a lasciare la propria abitazione e i propri legami entro 48 ore, senza possibilità di appello immediato. L’unica possibilità è fare ricorso, un procedimento lungo e costoso, che però lascia il provvedimento in vigore fino al giudizio finale. Questo provvedimento dimostra chiaramente un uso discrezionale della legge, finalizzato a scopi politici. Non a caso, il foglio di via ha sostituito il “confino” fascista dopo che quest’ultimo fu dichiarato incostituzionale nel 1956.

Si fa così evidente l’illegittimità e la gravità del fatto che 12 persone siano state ingiustamente allontanate dalla propria città, che vivono e attraversano quotidianamente – studiando, lavorando e partecipando ad attività sociali e politiche – dove hanno affetti e costruiscono la propria vita. Queste persone sono ora costrette a vivere una condizione di solitudine e fragilità, separati forzatamente dagli spazi familiari e dai propri legami relazionali, sentimentali ed emotivi.

Le persone allontanate da Padova sono studentɜ appassionatɜ che mettono le proprie conoscenze al servizio della vita universitaria, sempre a fianco della comunità accademica che si batte per il diritto allo studio e per una società migliore, a partire dagli spazi del sapere. Sono una risorsa per l’Università, poiché hanno scelto di coltivare la curiosità e la creatività che nascono dallo studio.

Per questo, tale provvedimento non è solo fortemente problematico in sé, ma appare ancora più contraddittorio, gravando su studentɜ di un’università che ha come motto Universa Universis Patavina Libertas, dove la libertà è una delle sue fondamenta. Negare a chiunque il diritto allo studio e, più in generale, il diritto di vivere nella città in cui si stanno costruendo legami, affetti, prospettive di vita e professionali, è una violazione grave. Questo provvedimento compromette la possibilità di un percorso di studio completo e complesso, che è sempre stato un elemento di emancipazione e crescita personale e collettiva.

Inoltre queste misure repressive non sono un caso isolato, ma riflettono la crescente arbitrarietà del potere che sostituisce lo Stato di diritto. Ci mostrano la deriva autoritaria che sta attraversando la nostra società, dove la repressione e il controllo sociale, anche all’interno delle Università, sembrano essere l’unica risposta ai problemi sociali. Simili approcci si riscontrano nella gestione dello spazio pubblico e sociale: oltre ai decreti Cutro e Caivano degli anni scorsi, il DDL sicurezza, ora in discussione al Senato, mira a eliminare gli spazi del dissenso dal dibattito pubblico, coinvolgendo le università con l’articolo 31, che le rende uno strumento di controllo. Inoltre, le zone rosse, istituite recentemente con la Circolare Piantedosi, impediscono l’accesso a determinate zone delle città, basandosi solo su sospetti.

Contro questi provvedimenti ingiusti, facciamo appello alla comunità universitaria e al mondo della formazione, affinché si prenda una posizione decisa contro questa crescente repressione. La solidarietà è uno strumento politico e giuridico fondamentale in questo clima securitario che oggi si manifesta con i 12 fogli di via nei confronti degli studentɜ di Padova, ma che ogni giorno assume forme sempre più dure e sistematiche.

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