Visum et repertum 2

di Franco Pezzini

Solo i giocatori sopravvivono

Piero Melati, Lola&Vlad, pp. 496, € 20, Polidoro, Napoli 2024

Lo sappiamo, il vampiro è un Fregoli dell’immaginario, capace di assumere nel tempo mille e mille diverse facce: dall’impresentabile e putrescente orco tornato di successo con il Nosferatu di Robert Eggers, 2024, attraverso una lunghissima serie di metamorfosi (via teatro, cinema, tv, fumetti, giochi di ruolo, romanzi young adult, …) è diventato il belloccio sbrilluccicante di Twilight. Anzi la storia del gotico transmediale trova proprio nel vampiro – più che in ogni altra creatura dell’immaginario – la cartina al tornasole di una qualunque periodizzazione puntuale.

Non stupisce dunque che, con un’operazione sottile, un giornalista navigato come Piero Melati, uso a confrontarsi con istanze di serio impatto dell’attualità (dalla nota bio, “ha seguito il Maxiprocesso e la guerra siciliana di mafia degli anni Ottanta. È stato vicecaporedattore alla cultura del Venerdì di Repubblica. Attualmente collabora all’inserto Robinson di Repubblica, alle pagine culturali del Venerdì”) riporti in scena i vampiri: ma quelli di un periodo molto preciso e puntualmente descritti in ritratti, allergie ed erotica, cioè i vampiri degli anni Novanta, del RPG Vampire: The Masquerade (prima edizione 1991), dell’immaginario di chat e nickname fantasiosi o prevedibili, dei siti vampirologici del primissimo web. Lo fa con ironia e sparando alto, con un profluvio di personaggi, molti – non tutti – giovani (almeno d’aspetto: con vampiri ultrasecolari non si può mai dire) e scontri tra Milano e la Sicilia che fanno pensare a fenomeni paralleli di infiltrazione malavitosa del territorio.

Dimentichiamo i castelli turriti del gotico e la catabasi nei sotterranei lugubri e surreali di Murnau (e magari Sätty), dimentichiamo le orripilazioni del classico Vampiri, sepoltura, morte di Paul Barber o del recente Vampyr di de Ceglia; dimentichiamo anche i vampiri paradigmatici di Universal e Hammer. Qui lo spazio non è meno immaginale perché anzitutto è quello di internet, magari di plaghe segrete del dark web, e in secondo luogo vira verso altre dimensioni onirico/virtuali (“zone morte”, “terre di nessuno”… dir di più sarebbe un peccato) a mappare il pianeta fin da viscere male abitate come per covi mafiosi. Il limite non è quello geografico di remote Transilvanie, ma quello di link blindati in qualche altro cartolario della realtà. Dimentichiamo anche le classiche forme associative riconosciute al vampiro nell’immaginario collettivo – famiglie incestuose, plagio di servi umani… – visto che qui in scena sono Camarille da giochi di ruolo o socialità da web. Connotate, queste ultime, dall’impossibilità di conoscere davvero interlocutori catafratti da nickname elusivi, magari multipli e dunque sostanzialmente invisibili, o da epiteti da battaglia di eroi metallari.

E proprio questo del contesto pare l’aspetto più affascinante di un romanzo godibile, colto (ammiccamenti e citazioni si sprecano, dalle divertenti “portaerei americane ‘John Wayne’ e ‘John Belushi’” ad altri più sottili, come l’identificazione del vero autore del Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis a Palermo o il richiamo ai locali Bosconero che potrebbe costituire un omaggio al romanzo L’eterna notte dei Bosconero di Flavio Santi, 2006), veloce nel ritmo e incalzante, con un finale scandito che può evocare certe eliminazioni seriali conclusive dei Padrini di Coppola: il richiamo alle fantasie di quegli anni di esordio di internet in cui euforie assortite per il nuovo mezzo e sue potenzialità aggregative ci appaiono oggi lontane quasi come lo steampunk vittorianeggiante. La percezione di uno spazio magico accessibile a tutti, di misteri e inconoscibilità non meno profondi di quelli declinati dal gotico classico, di schermaglie personali tutte nuove condotte sotto fitti velami trova connessioni e punti di sutura (termine che tornerà nel romanzo) con forme di aggregazione inedite nel segno della diffusione popolare dei pc – magari dietro saracinesche di covi di post-giovani o nell’ufficio di amici.

Di più, uno spazio magico dove un amore può sorgere tra sconosciuti – ma lo sono davvero più di tante persone incontratesi in carne e ossa? – e diventare così forte da spingere a un inseguimento avventuroso da antico romanzo alessandrino. Fino a un finale dove al lettore non è concesso di vedere i due assieme nella forma a noi più consueta… perché tutto è velato, travisato, ricondotto alla domanda fondamentale su quanto possiamo conoscerci e riconoscerci, e sull’asset del mistero in un gioco erotico che continuamente si rinnovella sui social a tanta distanza da quell’alba di internet. Perché sì, si può amare anche così.

Fino a un discorso più generale sul fantastico, all’inizio di quella che si è proposta di chiamare l’età neogotica – dagli anni Novanta agli anni Dieci del millennio successivo, con lo spegnersi della fase vampiresca del “romanticismo sexy” (e prima di singoli tentativi di ripensare il mito, dalla saga TV Penny Dreadful, 2014-16, al Dracula BBC/Netflix, 2020, fino, se vogliamo, allo stesso Eggers). In Lola&Vlad, storia (in sé delicata) d’amore & peculiarità ematiche, ci troviamo compiaciutamente nell’età neogotica: e il vampiro vi si conferma come una supermetafora del fantastico, un passepartout in grado di veicolare provocazioni sempre nuove delle società via via susseguitesi. Il che, ammettiamolo, per un vecchio babau come lui è davvero un risultato degno di nota.

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