A Trieste c’è profumo di NATO

A noi piace, Trieste.

Città nobile, altera. Una volta la si definiva “mitteleuropea”, con quell’aria un po’ così, di chi sta a metà tra due mondi che in realtà di cose in comune ne hanno tante. Il suo è il porto italiano con il maggior traffico merci ed è uno dei più importanti nel sud Europa, e per questo ci interessa parlarne.

L’idea di svenderla allo straniero non ci piace neanche un po’, anche se è un “porto di mare” per definizione. Gli affari sono affari, certo, ma questo non significa abbandonarla a destini alieni, dove l’Italia c’entra ma anche no, surclassata da nazioni barbare in assetto di guerra.

E figuriamoci, poi, se a spingere per una sua collocazione addirittura bellica sono proprio quelli che a Trieste contano. Tutti matti, questi signori, ai quali piacerebbe vedere la Piccola nostra Vienna sul mare come base futura di una NATO in pieno assetto di guerra.

Ne hanno parlato i nostri giovani redattori di questa inquietante vicenda, che vede classi dirigenti vogliose e pronte ad allestire portaerei straniere di fronte a Piazza Unità d’Italia (ironia del destino, questo nome).

A raccontarci per filo e per segno quale sia il problema e la indecente prospettiva ventilata da più parti sul futuro del porto e in generale delle infrastrutture di Trieste, sono Adam e Konrad, e noi li abbiamo ascoltati con grande interesse, tornando anche un po’ indietro con la memoria e a quando la Trieste del dopoguerra era Territorio Libero, fino al Trattato di Osimo.

Cosa capiterà a questa orgogliosa città, da ora all’immediato futuro? Proviamo a rispondere nella nostra conversazione:

Buona Visione!

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