
Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione hanno emesso il 6 marzo un’ordinanza di rilievo nel caso Diciotti, accogliendo il ricorso presentato da M. G. K., che come altri, aveva chiesto il risarcimento per la restrizione arbitraria della libertà personale subita nell’agosto 2018 a bordo della nave della Guardia Costiera italiana U. Diciotti.
«Dopo aver incassato per due gradi di giudizio un rigetto alle istanze di risarcimento all’epoca presentate, la Corte di Cassazione ha cassato e rinviato alla Corte di Appello il riesame della istanza del risarcimento che attendiamo dunque nei prossimi mesi», scrive in un comunicato stampa l’Associazione Legal Aid – Diritti in Movimento che ricostruisce i fatti iniziati nel 2018 al porto di Catania.
La vicenda riguarda le 41 persone che erano state trattenute dall’ex ministro dell’Interno Salvini a bordo della Nave Diciotti della Guardia Costiera italiana. Per aver impedito lo sbarco, in totale le persone soccorse erano 177, Salvini era stato accusato di sequestro di persona, omissione di atti d’ufficio e arresto illegale. Non andò però a processo perché il Senato non concesse l’autorizzazione a procedere.
Una volta sbarcate, un gruppo di persone era stato intercettato a Roma dal team di Legal Aid – Diritti in Movimento: qui era stato informato dell’illegittimo trattenimento e della grave violazione dei loro diritti fondamentali, tra i quali la violazione della libertà personale e la mancata possibilità di presentare richiesta di protezione tempestivamente come previsto dalle normative costituzionali e internazionali. Con l’avvocato Alessandro Ferrara, membro del team, furono informate della modalità di poter far valere i loro diritti in sede civile. Nel frattempo tutti coloro che sono stati presi in carico sono stati riconosciuti rifugiati in diversi paesi europei.
L’associazione spiega che la Cassazione ieri ha quindi «stabilito che il trattenimento prolungato dei migranti per dieci giorni, senza alcun provvedimento amministrativo o giudiziario, ha costituito una violazione dell’art. 13 della Costituzione italiana e delle norme internazionali sul soccorso in mare. La Suprema Corte ha respinto la tesi del Governo, secondo cui la vicenda rientrava negli atti politici insindacabili, confermando che si trattava di un atto amministrativo soggetto al controllo della magistratura».
Secondo la Cassazione, il diniego di sbarco non può essere giustificato dalla complessità normativa o da ragioni di politica migratoria, poiché gli obblighi internazionali impongono un immediato sbarco in un Place of Safety. Inoltre, la Corte ha riconosciuto che la privazione illegittima della libertà personale configura un danno non patrimoniale risarcibile, indipendentemente dalla dimostrazione di ulteriori conseguenze negative.
«Un principio fondamentale: lo Stato di diritto sopra la discrezionalità politica»
«Questa ordinanza – precisa il team di Legal Aid – Diritti in Movimento – riafferma un principio cardine dello Stato di diritto: nessuna decisione politica può giustificare la violazione dei diritti fondamentali. In uno scenario in cui le politiche migratorie sono spesso oggetto di tensioni e strumentalizzazioni, la sentenza stabilisce che la tutela della dignità umana e delle libertà personali non può essere subordinata a scelte discrezionali del Governo.
Il caso Diciotti non è solo un episodio della storia recente dell’immigrazione in Italia, ma un precedente giuridico che ribadisce il ruolo della magistratura come garante della legalità, anche di fronte alle scelte del potere esecutivo. La decisione della Cassazione segna un confine chiaro tra il legittimo esercizio del potere politico e l’abuso di autorità: la sicurezza nazionale e la gestione dei flussi migratori non possono mai tradursi in limitazioni arbitrarie della libertà personale. Inoltre, la Corte ha chiarito un punto essenziale: l’eventuale insindacabilità della condotta sul piano penale non implica automaticamente l’assenza di responsabilità civile.
La Corte d’Appello aveva già escluso che la questione della responsabilità del Ministro avesse un impatto sulla decisione risarcitoria, respingendo la domanda per altri motivi. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto necessario affrontare anche questo aspetto, sottolineando che la negazione del Place of Safety e dell’autorizzazione allo sbarco, decisione attribuibile al Ministro, è stata la causa diretta della privazione della libertà personale».
Dichiara l’Avvocato Alessandro Ferrara: «La Suprema Corte stabilisce che la distinzione tra responsabilità penale e civile non può diventare uno scudo per evitare il risarcimento dei danni, la responsabilità dello Stato non può essere elusa scaricandola esclusivamente su una decisione politica individuale, poiché il trattenimento illegittimo a bordo della Diciotti è stato il risultato di una scelta istituzionale complessiva».
«Con questa decisione, la Cassazione ribadisce un principio essenziale: i diritti umani e il rispetto delle norme internazionali non possono essere sacrificati per ragioni politiche» conclude infine la coordinatrice dell’azione legale Giovanna Cavallo.
Ph: Ass. Legal Aid – Diritti in Movimento. Assemblee informative con le persone trattenute a bordo della “Diciotti”