
Una polpetta avvelenata è il dono che il governo Meloni riserva alle donne per l’8 marzo 25. Lo schema di disegno di legge governativo appena diffuso è un dono a costo zero (la chiamano invarianza finanziaria!) perché consiste – per l’ennesima ulteriore volta, come documentiamo da tempo nella nostra Cronologia critica delle fonti legislative – nella modifica di norme di natura penale, sempre più repressive e severissime (“cattivismo legislativo”) senza un filo conduttore organico. Il fulcro qui è la previsione dell’ergastolo per chiunque (soggetto neutro) uccide “una donna”. Tale previsione è ammantata dalla innovazione linguistico/normativa dell’introduzione per la prima volta nella legge penale del lemma “femminicidio”.
Il Governo ne ha formulata una definizione d’imperio, alla faccia di tutte le discussioni in proposito, in ambito politico/criminologico/giuridico: è riferito solo alla donna, in una logica rigidamente binaria, con rinvio – senza fornire alcuna specificazione definitoria – ai concetti di “discriminazione”, “odio”, “in quanto donna”, “espressione della sua personalità”. Nessuna chiarezza e precisione, come le norme penali invece esigerebbero. E, comunque, nessuna considerazione di abolizionismo, giustizia trasformativa, giustizia riparativa, diritto penale minimo… e , men che meno, del principio di funzione rieducativa della pena.
Nessuna attenzione preventiva. Eppure il problema attuale non è certo nominare e punire il femminicidio, ma farne diminuire i numeri, evitarlo e prevenirlo con politiche strutturali, che agiscano sul piano sociale e culturale. Il piano simbolico penale non ha alcun effetto di deterrenza: la penalistica seria e sovranazionale lo dice e dimostra da anni. Ma l’exploit governativo serve a distrarre dai problemi vitali, dalle torsioni antidemocratiche e spinge a parlar d’altro; è un esercizio di falso attivismo che, rafforzando logiche securitarie già da tempo praticate con nuove (mal scritte, e poi mal corrette) ipotesi di reato, aumenti delle pene, nuove aggravanti, riduzione dei bilanciamenti tra circostanze accessorie, norme penalistiche d’eccezione, rinfocolano e attizzano il desiderio di carcere senza la chiave, prospettata come soluzione risolutiva, ovviamente destinata solo a chi disturba il potere politico/finanziario e offende il suo “decoro”.
La pretesa e rigida tutela delle vittime (nel titolo del Ddl) si ritorce come un boomerang contro corpi e menti liberi, inquadrandoli in schemi eterodeterminati. Procedibilità d’ufficio, interventi forzosi e accelerazioni dei tempi in nome di tensioni vittimologiche, che nella effettività non sempre sono desiderate dalle protagoniste, se considerate nella loro soggettività e individualità. Ormai il potere esecutivo procede in via legislativa in modo del tutto frammentario (prima stalking, poi mutilazioni genitali, e poi matrimonio forzato, e poi ancora diffusione di immagini sessualmente esplicite e oltre; ora – sempre separatamente – violenza sessuale, molestie, e adesso femminicidio) e soprattutto in modo disorganico. Invano la Presidente di Cassazione chiede il “fermo biologico” di simile metodo di novellazione a singulto, almeno per stabilizzare il panorama normativo.
Per parte nostra da tempo segnaliamo la necessità di una rivisitazione organica di tutta la materia della violenza contro le donne basata sul genere, per usare la dizione della Convenzione Istanbul 2011 (nel titolo del Ddl. si dice violenza “nei confronti” delle donne?!). Da tempo contestiamo la proclamata “completezza” del nostro sistema penale, che costituisce il presupposto per valorizzare la richiesta di moltiplicare l’impegno sulla attività di FORMAZIONE professionale degli operatori tutti coinvolti. Anche in questa bozza non manca una norma in tema di formazione, e in particolare dei magistrati (ovviamente sempre a costo zero!).
Non manca nelle bozza un incremento dei già numerosi obblighi previsti per legge di comunicazione alla parte offesa nel corso delle varie fasi processuali. E’ questa l’ultima in ordine cronologico di una serie di disposizioni sulle comunicazioni (già nel codice rosso e nel codice rosso rafforzato), ma possiamo prevedere che non sarà il definitivo. In ogni caso consideriamo che questo susseguirsi legislativo – che prosegue ad oggi dal 2009 dello stalking – sia la dimostrazione migliore della “non completezza” del nostra sistema giuridico, nella parte in cui regola la emersione di fatti di violenza (contro le donne basata sul genere) che si risolvono in un processo penale o del lavoro o civile/separativo (e minorile).
Non servono scoop governativi a cadenza mediatica, e tantomeno nel caso di leggi penalistiche. Neppure ci convince il sistema in corso in Parlamento, quello delle audizioni, perché opera su linee parallele che non si confrontano. Riusciamo invece a promuovere una modalità di ampio respiro politico-culturale, che consenta di addivenire a una riforma seriamente elaborata e discussa trasparentemente in tutte le sedi coinvolte e autorevoli?
Intendiamo non solo Parlamento e Governo e Accademia, ma operatori TUTTI, pubblici e privati, singoli e associati, che agiscono sul campo, mettendo insieme tutti i vari Osservatori e Tavoli, ormai presenti in tanti territori.
Immagine di copertina: Barcelona) La chambre bleue – Suzanne Valadon