La natura del male

Di Tiziano Tanari per ComeDonChisciotte.org

Dopo migliaia di anni di evoluzione del pensiero umano, ci ritroviamo, ancora oggi, in una società “moderna” profondamente primitiva, dove gli individui sono nulla più che micro cellule scomposte e disarmoniche in un sistema relazionale –  l’umanità intera – che pare governato da inconsapevolezza, alienazione, follia e caos.

I parametri principali con cui si cercherà di analizzare questo fenomeno antropologico sono i concetti di bene e male. Il bene lo possiamo definire come armonia, pienezza, fine e senso dell’esistenza; il male, contrariamente, lo possiamo definire come disarmonia, dolore, sofferenza, crudeltà, violenza, umiliazione della vita umana e, se fine a sè stesso, anche perdita di senso dell’esistenza; una vita di sofferenza, che concludesse il suo ciclo solo su questa terra, non avrebbe nessun motivo di essere vissuta.

Quindi, per cercare di dare significato e valore alla vita, dobbiamo sperare nel primato del bene come espressione di una realtà metafisica superiore verso la quale tendere e dalla quale essere sorretti attraverso quelle forze spirituali che sono prerogativa, nel pensiero religioso, di un Dio Creatore con il quale ricongiungersi in una dimensione oltre la vita materiale. Nel Cristianesimo, la ricerca e l’esperienza del bene mettono in sintonia l’essere umano con il Dio, Padre di Gesù, il cui attributo qualificante è l’amore; questo gli permette di entrare nella condizione divina, “consustanziale” all’ Amore di Dio come lo era Gesù (della stessa Sostanza del Padre) e nella vera vita, quella eterna.

Una splendida proposta ma, per molti, non sufficiente a credere incondizionatamente ad una promessa di cui non si può sperimentarne l’essenza qui, in questa vita: il bene perseguito e vissuto deve creare un effetto vitale che spinga la persona a vivere secondo i suoi principi, appunto come forza spirituale, oltre la razionalità del materialismo immanente che ci mette costantemente di fronte alla brutalità e alle ingiustizie dell’esistenza umana.

Molti filosofi e teologi hanno trattato, nei secoli, il tema fondamentale della vita: l’eterna lotta tra il bene e il male, ritenuti da molti come due nature contrapposte, espressioni di entità reali, Dio e il demonio o il demiurgo, il cui terreno di battaglia è il genere umano. Mi pare che questa visione molto edulcorata non supporti con dati oggettivi l’esistenza di una sorgente del male che potrebbe non esistere…….anche se la sua manifestazione è reale. Potremmo usare questa definizione: il male c’è ma non esiste; può sembrare un ossimoro ma non lo è. Prendiamo, come esempio, il concetto di luce e buio, sinonimi, molto spesso, proprio di bene e male: la luce c’è ed esiste, il buio c’è ma non esiste.

La luce è una radiazione elettromagnetica, cioè costituita da onde elettromagnetiche che, partendo da una sorgente, sono in grado di diffondersi in tutte le direzioni dello spazio: arrivano le “onde” che “esistono”, illuminano e appare la luce. Pensiamo a una stanza completamente buia (e quindi il buio c’è), accendiamo una pila e appare un raggio di luce. Pensiamo ora a una stanza completamente illuminata e cerchiamo di immettere un raggio di…….buio: il buio non lo possiamo creare perchè non esiste, è solo assenza di luce……..ma non possiamo dire che non c’è.

Cercheremo ora di analizzare, partendo da questa possibile, originale ma logica teoria, il male del mondo, come nasce, si sviluppa e agisce nell’individuo e nella società. Come campo di osservazione dobbiamo necessariamente circoscriverlo ai nostri tempi in quanto rappresentano il vertice ultimo dell’evoluzione della “specie” umana.

Il contesto culturale e sociale che plasma il nostro sviluppo ha sicuramente un peso predominante sulla nostra formazione; l’educazione viene trasmessa secondo i principi e i valori caratterizzanti il contesto culturale in cui il bambino nasce.

Questi valori possono essere religiosi, semplicemente etici per le persone agnostiche, e quasi totalmente assenti in società poco strutturate dove le istituzioni non si fanno carico del problema educativo. Come premessa dobbiamo evidenziare una realtà ormai incontestabile: questo aspetto dell’evoluzione di una persona instilla, in modo radicale, concetti, sentimenti e sensazioni che diventano parte integrante e condizionante del suo pensiero. Un individuo educato cristianamente, avrà dei valori di riferimento e ideali diversi da un soggetto educato secondo i principi islamici; così come una persona atea avrà altri parametri di comportamento rispetto a una persona di religione ebraica.

Già da qui possiamo constatare, con evidenza inconfutabile, che il concetto di verità si deve scontrare con il relativismo del pensiero religioso e/o filosofico; ma, almeno nelle sue forme più terrene, la verità dovrebbe costituire il principio universale a cui l’essere umano avrebbe il diritto di poter accedere per riuscire a comprendere la realtà e il contesto in cui vive; pare invece che, nella nostra dimensione esistenziale sia ancora impossibile raggiungerla. Il famoso detto “La verità vi renderà liberi” pare debba rimanere, almeno fino ai nostri tempi, ancora una irraggiungibile chimera.

A questo, dobbiamo aggiungere un altro aspetto determinante per il nostro “libero” pensare: le particolari attitudini di assimilazione ed elaborazione delle informazioni che il nostro cervello riceve dal mondo esterno. La capacità di analizzare razionalmente tali informazioni viene decisamente condizionata dal fenomeno dei cosiddetti bias cognitivi: informazioni e sensazioni che si stratificano, molto spesso inconsapevolmente, nel nostro inconscio, condizionandone in modo “automatico” il pensiero, in quel caso, non più razionale, ma indotto (1). E’ su questo meccanismo che agiscono scientificamente in molti settori della nostra vita: nella pubblicità, in politica, nell’informazione e, non ultimo, nella religione.

La propaganda mediatica, ad ogni livello, è diventata il più potente strumento di condizionamento e alienazione delle masse. Tutte queste dinamiche rendono quasi impossibile il formarsi di una mente aperta e lucida che possa autonomamente esercitare il proprio libero arbitrio in modo razionale, logico e più conveniente per sé; è un dato di fatto che realtà oggettive siano valutate in modo diverso a seconda dei punti di vista personali. Ci troviamo così a dover prendere atto dell’impossibilità di condividere, molto spesso, il significato di una realtà che dovrebbe essere comune. Questo comporta incomprensioni e contrasti che non permettono relazioni e rapporti sociali armoniosi e portano, in casi estremi, a veri e propri conflitti.

Ritorniamo ai bias cognitivi che, assimilati e metabolizzati dalla nostra mente, quando vengono stimolati da fattori esterni, creano, in automatico, uno stato/sentimento emotivo che si impone sulla parte razionale, condizionandone la sua visione oggettiva. Un primo passo verso un’evoluzione della coscienza individuale impone necessariamente di prendere atto dell’esistenza di questo fenomeno e di cercare di governarlo aumentando così il livello di consapevolezza. In questo processo è fondamentale il sistema educativo che deve saper sviluppare lo spirito critico non imponendo dogmi o verità assolute che possono vincolare la mente in schemi chiusi, le vere cause dei più forti bias cognitivi. Anche l’educazione religiosa ha grosse responsabilità nel condizionare le menti in modo tale da impedire, di fatto, lo sviluppo della spiritualità che, sola, può liberare il pensiero e il cuore di una persona…..dal male.

Non abbiamo avuto nessuna rivelazione certa ma il concetto di Dio è una necessità che si è sviluppata nella storia del pensiero umano per dare senso e valore alla nostra vita, vita che nella sua materialità non trova, per molti, una giustificazione sostenibile né sufficiente. Una possibile relazione fra Dio e l’essere umano si può manifestare solo a livello empatico. “Dio parla al tuo cuore”, tempio dello spirito; non ci sono altre possibilità. Per utilizzare una terminologia della fisica quantistica, possiamo dire che dobbiamo cercare di “entrare in frequenza con Dio”, predisponendoci alla sua azione vivificante. Senza questa energia vitale non potremo mai, razionalmente, raggiungere la “verità” del bene e dell’armonia perché troppo limitati nel nostro livello coscienziale. Dobbiamo augurarci che esistano forze spirituali che ci possano elevare a livelli superiori rispetto alla nostra alienazione mentale; con le nostre sole forze, probabilmente, non ci arriveremo mai. Questo concetto ci riporta a una famosa affermazione di Martin Heidegger: “Solo un Dio ci può salvare” (2)

Per quanto riguarda il concetto di bene, non possiamo, a questo punto, che collegarlo a una sorgente che speriamo reale: Dio. E’ logico ritenere che, senza la sua esistenza, un suo Principio Ordinatore, tutto diventa relativo, quindi senza un valore oggettivo. E per quanto riguarda il male, da quale “sorgente” scaturisce? Come identificarla e che relazione di causa/effetto possiamo ipotizzare per comprenderne la sua manifestazione nel mondo?

Un “soggetto” corruttore fonte di malvagità che operi nella nostra dimensione in modo sistematico come potrebbe interagire con l’essere umano, e quando? E soprattutto, potrebbe sopraffare una persona con forti principi etici, già sensibilizzata al bene e con un radicato spirito di compassione per il prossimo, cambiarla e farla diventare una persona malvagia? Cosa può spingere un essere umano al massimo livello di crudeltà come, ad esempio, arrivare a commettere un genocidio?

Questo quesito ci richiama a una testimonianza, purtroppo attualissima, della terribile guerra in atto a Gaza; come si può motivare tanta criminale e barbara crudeltà soprattutto verso donne, vecchi e bambini indifesi? Tentiamo di analizzare il profilo di uno dei principali protagonisti di questo vero e proprio sterminio di massa, Benjamin Netanyahu, ritenuto, da chi scrive, la massima espressione del male sulla terra. Il nonno è stato un fervente sionista, il padre un professore di storia e filosofia con cattedra in studi ebraici; queste due figure hanno sicuramente influenzato il pensiero e il carattere di Netanyahu che ha avuto, inoltre, importanti esperienze militari nei corpi speciali nazionali combattendo contro il terrorismo arabo.

Sicuramente queste forti esperienze hanno plasmato la sua mente rendendola insensibile al dolore e ai diritti dei nemici ritenuti “animali umani”, quindi non degni della pietà e della carità umane, le massime espressioni del bene. Colpisce un particolare che potrebbe evidenziare l’alienazione della sua mente dovuto a insegnamenti religiosi; in un’intervista, richiamò un passo biblico a giustificazione del genocidio, ancora oggi in corso, dove citava il popolo degli Amaleciti. Ecco il passo:

«Va e attacca Amalek… Distruggi completamente tutto ciò che hanno; non risparmiarli, ma uccidi l’uomo e la donna, il bambino e il lattante, il bue e la pecora, il cammello e l’asino» (1Sam 15,3).

Pare evidente che ci troviamo davanti a un alienato mentale che ha commesso e sta commettendo quanto di più malvagio e demoniaco si possa immaginare solo in nome di non si sa quale dio, quale religione e quali testi “sacri”.

Si potrebbe obiettare che ha reagito a un nemico terrorista e che aveva il diritto di difendersi; sono nemici violenti e criminali come lui ai ma quali, però, avevano espropriato buona parte della loro terra, una terra che avrebbero potuto tranquillamente condividere lavorando e cooperando assieme (3). Ma il “buon” Netanyahu vuole uno stato etnico, di soli ebrei e quindi, non rimane che eliminare tutti gli altri. Ancora una volta il male trionfa….in nome di dio. Pare un ossimoro, ma non possiamo considerare nessuna entità malvagia, tantomeno Dio, responsabile del comportamento di un folle che non ha più, e forse non ha mai avuto, né cuore, né cervello, visto che la sua malvagità non è giustificata da nessun motivo reale se non quello di soddisfare una mente fortemente malata.

Le motivazioni che portano al male sono soprattutto generate dal sentimento di potere, di sottomissione dell’altro. Mentre nel passato potevano essere motivate o parzialmente giustificate da una lotta per la sopravvivenza, oggi, nell’era della scienza e della tecnica dove c’è potenzialmente benessere garantito per tutti, vediamo l’esercizio del potere fine a sè stesso come dominio supremo e incontrastato generato da una patologica nevrosi di conquista di territori, di popoli, di mercato che porta, come conseguenza, a elaborare devastanti strategie per il controllo totale delle masse. La storia geopolitica dei nostri giorni ne è un esempio cristallino: un Paese, gli Stati Uniti, strumento di poteri superiori sovranazionali di natura sionista, sta tentando di mantenere e addirittura estendere il suo dominio unilaterale sugli altri Paesi (vedi anche i casi di Groenlandia e Canada), imponendo al mondo e al mercato globale le sue leggi arbitrarie che, in pratica, creano solo divisioni, conflitti e caos. Ma se andiamo ad analizzare a fondo, possiamo prendere atto che tutto ciò non è realmente nell’interesse di nessuno. Chi muove le fila di queste strategie globali ha già ricchezza e potere inimmaginabili, cosa può desiderare di più? Solo la gratificazione delle loro menti malate e paranoiche.

Un altro esempio che potrebbe aiutarci a capire come il male proliferi solo in assenza di sentimenti di vera umanità potrebbe essere rappresentato dal multimiliardario Georg Soros e da tanti altri come lui. Famosa una sua intervista a una tv americana in cui gli si chiedeva se era più filantropo o più investitore (leggasi speculatore); la sua risposta è stata: “Tutti e due, solo che quando investo in borsa non mi posso preoccupare delle ricadute sul mondo reale, il mio obiettivo è quello di vincere”. Sorprende questa dissociazione cognitiva di un individuo che chiaramente non ha la minima percezione del bene e del male, di ciò che è giusto e degno e di ciò che non lo è.

In sostanza è un criminale che specula sulla vita di milioni di persone, procurando miseria e disperazione senza il minimo coinvolgimento emotivo. Se fosse una persona consapevole e non un alienato mentale, potrebbe capire, fra l’altro, che di tutta la sua ricchezza, fra pochissimo tempo, non se ne farà più nulla.

Un altro fenomeno antropologico molto diffuso, che permette il dilagare del male nel mondo, è l’indifferenza: conoscere l’ingiustizia e rimanere insensibile, distaccato, senza il minimo impulso almeno di indignazione, credo sia grave quanto l’azione malvagia in sé. Una grande responsabilità per il proliferare di questo stato di apatia generalizzato nella gente è sicuramente dovuto a una cultura mediatica che ci rende l’inaccettabile come normale routine della vita: guerre, violenze, ingiustizie, mode e modelli culturali consumistici ed edonisti ci stanno sempre più disumanizzando, ci fanno perdere letteralmente il senso della realtà, con gravi ripercussioni sulla personalità degli individui e sul loro equilibrio. Un caso sociale dei nostri tempi, sempre più diffuso, riguarda situazioni di gravi incidenti o di conflitti in luoghi pubblici in cui, soprattutto giovani, invece di intervenire per portare soccorso, si limitano a filmare l’accaduto.

Tutto questo evidenzia l’assenza di sentimenti umani e l’aridità d’animo dilagante che rende gli individui vuoti, incapaci di provare emozioni compassionevoli al punto che, quando compiono il male verso gli altri, non la si può più considerare una scelta consapevole ma la conseguenza indotta di un impoverimento dell’anima. Lo stesso vale per i corrotti, i venduti al dio denaro che riescono a operare senza sensi di colpa; una persona sensibile al bene e all’altruismo, non riuscirebbe mai a farsi corrompere per un’azione che possa procurare grave nocumento ad altri, la sua coscienza non glie lo permetterebbe.

La tesi che qui si vuole dimostrare è che dove si è formata una sensibilità ai valori del bene e della giustizia, il male non può prevalere; dove esiste il vuoto dell’anima, l’essere umano viene sovrastato dai propri istinti: egoismo, ambizione, brama di potere ma anche alienazione, frustrazione, paura, odio. In tutto questo, il comune denominatore è la mancanza di amore, quell’amore che, a volte, comincia a mancare già dalla culla lasciando che la purezza infinita di un bambino venga inquinata da un mondo adulto già alienato, a sua volta, dalle generazioni precedenti attraverso squalificanti modelli valoriali che si perpetuano di generazione in generazione.

Bisogna interrompere questo ciclo vizioso con un reset filosofico/esistenziale che riparta esclusivamente da un principio supremo: il bene dell’essere umano, di tutti gli esseri umani. Bisogna superare i luoghi comuni di potere, ricchezza, edonismo sfrenato, perfino modelli economici e sociali che antepongono il mercato al bene comune, le ideologie settarie, etniche e soprattutto religiose che escludono gli altri, gli infedeli, i peccatori; mai tanto male è stato fatto come quello in nome di Dio.

L’esistenza ci proietta in una dimensione, la natura in cui viviamo, a noi fondamentalmente ostile; non abbiamo strumenti adeguati per affrontarla e siamo continuamente in lotta per la sopravvivenza senza però comprenderne il senso, né il fine ultimo che la giustifichi. Non siamo dotati di una mente lucida, abbiamo un corpo malfunzionante e vulnerabile a un’infinità di malattie, un’esistenza limitata e precaria che può terminare in ogni momento, nessuna certezza, nessuna verità.

E’ assurdo, in un contesto così drammatico e complesso, che non si trovi, fra noi umani, la capacità di collaborare per rendere la nostra vita degna di essere vissuta. Le dinamiche antropologiche sembrano non dare speranza, ma circa 2000 anni fa, apparve un “uomo”, che molti ritengono il Figlio Unigenito di Dio, il quale disse:

«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri». (Gv 15, 12-17).

Questo messaggio tocca il cuore, a chi può recepirlo, e le fa nascere un “sentimento” che è vita e che ci fa dire: io amo, quindi esisto e ho bisogno di bene, non solo di riceverlo, ma anche di donarlo. In questa dinamica diventa essenziale la nostra relazione con gli altri, poiché è solo attraverso di essa che ci realizziamo; gli altri diventano il punto di riferimento del nostro agire, il senso della nostra vita e la cosa più importante da rispettare e valorizzare.

Dicono che l’Uomo Gesù fosse il Dio Incarnato; personalmente mi affascina, forse ancora di più, pensarlo come un semplice uomo che, illuminato dallo “Spirito del Bene”, abbia saputo raggiungere il sommo livello di una piena umanità.

Se un “Uomo” è stato capace di tanto, allora tutta l’umanità può raggiungere quella condizione di capacità di amore che, nel messaggio cristiano, coincide con la condizione divina che è Amore puro, ovvero l’Energia Creatrice della vita.

Un messaggio splendido, unico e originale che ci indica come esista una sola via da seguire, da sperimentare, quella del bene; tutto il resto porta alla stupidità e alla volgarità del male, ovvero al Nulla.

Di Tiziano Tanari per ComeDonChisciotte.org

08.04.2025

NOTE

(1)https://comedonchisciotte.org/la-verita-ci-rendera-liberi/

(2) https://comedonchisciotte.org/solo-un-dio-ci-puo-salvare/

(3)  https://comedonchisciotte.org/la-verita-ci-rendera-liberi/

Condividi questo contenuto...

Lascia un commento