
A pochi giorni dalla Giornata Mondiale della Salute, sentiamo l’urgenza di prendere parola come collettivo Critical Psychology, insieme ai collettivi universitari Spina e Liberi Saperi Critici e al collettivo transfemminista Squeert, per costruire insieme un discorso collettivo sulla salute mentale che riteniamo necessario, urgente e profondamente politico.
Sabato siamo statə alla manifestazione regionale sulla salute mentale organizzata dal Coordinamento Veneto Salute Pubblica a Venezia, per contribuire a questa importante giornata di mobilitazione portando il seguente intervento, nel quale abbiamo ritenuto fondamentale sottolineare come la sofferenza psicologica abbia spesso radici in condizioni materiali e sociali di marginalizzazione.
“…Abbiamo sentito la necessità di riunirci in assemblea per riflettere sulle intersezioni della salute mentale con le altre dimensioni identitarie e di vita delle persone, e per chiederci che significato possa assumere oggi la salute mentale, a fronte di un panorama geopolitico di guerra globale e di crisi dei valori democratici, con un governo che continua ad attuare misure securitarie e repressive come l’istituzione delle zone rosse e la proposta del DDL Sicurezza, proprio qualche giorno fa trasformato in decreto legge e approvato dal consiglio dei ministri per cancellare la discussione parlamentare. Non staremo in silenzio mentre il governo continua la sua stretta autoritaria sulla pelle di chi lotta
Alla manifestazione di sabato abbiamo portato uno striscione che recita “La libertà è terapeutica”, frase apparsa sui muri dell’ex manicomio di Trieste. Noi in questa frase crediamo profondamente per questo siamo qui per dire a gran voce che parlare di salute mentale significa parlare delle forme di repressione che pesano sulle soggettività marginalizzate. Vogliono farci credere che il benessere psicologico sia una questione individuale, un problema da risolvere con la forza di volontà o il ricorso alla medicalizzazione, ma noi sappiamo che non esiste salute mentale senza giustizia sociale.
Nel quadro di un governo reazionario che nega sistematicamente i diritti delle persone, la salute mentale diventa un lusso per poch3, e attraverso proposte di legge quali il DDL Zaffini e il DDL Cantù rischia di essere asservita a una logica securitaria e istituzionalizzante, con misure come il prolungamento della durata del Trattamento Sanitario Obbligatorio e l’aumento dei posti nei reparti psichiatrici e nelle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza. Questi sono i punti su cui si concentrano i partiti di governo, invece che occuparsi della mancanza di risorse e del potenziamento dei servizi territoriali per la salute mentale. Come è spesso avvenuto in passato, la psichiatria rischia di continuare ad essere utilizzata come dispositivo di controllo sociale, per allontanare dal tessuto sociale chiunque venga considerato “deviante”. Le diagnosi psichiatriche vengono strumentalizzate per patologizzare le forme di resistenza e depoliticizzare la sofferenza psicologica, riducendola così a un problema individuale invece di riconoscerla come sintomo di un sistema malato. Sistema che schiaccia con maggiore violenza le soggettività marginalizzate e non eteronormate: le persone detenute in carcere e nei Centri di Permanenza e Rimpatrio, detenute in condizioni disumane, sedate con psicofarmaci. Noi lo ribadiamo, le istituzioni totali sono luoghi patogeni e non può esserci salute per tutt3 finchè continueranno ad esistere.
Siamo qui anche per le persone trans, che vedono la loro esistenza negata e la loro salute messa a rischio da continui attacchi al diritto all’autodeterminazione e all’accesso alle cure;perer le student3, che vivono in condizioni di precarietà, schiacciat3 da un sistema universitario che isola e spinge verso modelli di iperproduttività e competitività.
La sofferenza psicologica viene considerata solo in termini di disagio, malessere, disfunzione, quando ci impedisce di contribuire al funzionamento di un sistema sociopolitico che favorisce politiche di militarizzazione, di confine e annienta per molt3 le possibilità di benessere.
Ma il disagio psicologico non è un malfunzionamento da correggere, è anche la risposta naturale a un sistema che opprime. Non vogliamo essere considerat3 solo ai fini di ciò che i nostri corpi e le nostre vite possono produrre, ma nei nostri bisogni e desideri. Non possiamo accettare che la risposta alla sofferenza delle persone sia la repressione, la medicalizzazione forzata o l’individualizzazione del problema. Abbiamo bisogno di una sanità pubblica accessibile ed equa per tutt3, e di una società che non produca sofferenza, che non ci cresca in un sistema scolastico con un’impostazione del sapere eurocentrico, patriarcale, sessista, e fortemente abilista. Ma che renda possibile la creazione di spazi di comunità e cura.
Non ci può essere salute mentale in un mondo che si regge sul capitalismo sfrenato, non ci può essere salute mentale in uno Stato che si regge sulla violenza istituzionale. La logica del profitto e le politiche securitarie sono incompatibili con una società che cura.”