25 aprile 2025 – Venezia antifascista resiste! Festa popolare della Liberazione, san Francesco della Vigna

In occasione della Festa della Liberazione, Venezia si prepara a riaffermare con forza i valori dell’antifascismo con una giornata di mobilitazione e socialità condivisa a San Francesco della Vigna. In un contesto segnato dal ritorno di retoriche autoritarie e dalla compressione degli spazi di libertà, l’appuntamento del 25 aprile sarà un momento di partecipazione popolare, solidarietà e resistenza attiva contro ogni forma di rigurgito neofascista. DI seguito il comunicato.

Il fascismo tenta di soffocare gli spazi di aggregazione, di associazione e di libertà. È in questi spazi di vitalità popolare e democratica che può nascere la critica, il dissenso, la consapevolezza che la resistenza è possibile. Il fascismo di oggi, come quello del secolo scorso, cresce soltanto se la società arretra e le strade si svuotano, se i presidi della socialità libera vengono abbandonati. Per questo abbiamo deciso di lanciare un appello a chiunque si senta parte della Venezia antifascista: ritroviamoci a san Francesco della Vigna, per un 25 aprile popolare, solidale, comune.

Dinanzi al fascismo non c’è via di mezzo: o lo si combatte o lo si sostiene.

La liberazione dal fascismo inizia nelle nostre vite, nelle calli e nei campi della nostra città.

Inizia il 25 aprile. 

Il fascismo vecchio e nuovo si regge sull’isolamento, sulla mortificazione progressiva della libertà e sulla marginalizzazione di qualsiasi soggettività non si lasci addomesticare dal codice dell’obbedienza, della brutalità, della guerra e del colonialismo. L’idea fascista della comunità è quella del corpo sacro della patria, che riassorbe e annulla ogni differenza: è la miseria sociale, è la cultura ridotta a propaganda di regime, è la vitalità democratica schiacciata all’arbitrio del Capo. Tutto travestito da gloria nazionale. 

Non c’è libertà, in una società che accetta le retoriche securitarie, come quelle che stiamo sperimentando ogni giorno, in Italia e nel mondo.

Una manifestazione, un corteo o un presidio sono un disturbo per la quiete delle città (a meno che non sia organizzata da Casapound), un capriccio da perdigiorno fuoricorso. Dove non arriva il manganello, colpisce la delegittimazione. 

Sforzarsi di far valere le ragioni della pace tra i popoli contro l’irrazionale corsa al riarmo significa essere nemici della patria. Ritenere che le città sicure siano quelle in cui si investe nei servizi di prossimità e nell’educazione, città in cui si possa abitare, studiare e lavorare, significa “difendere chi gira col coltello”. Chiedere che la scuola e l’università non diventino nuovamente luoghi di obbedienza e servilismo significa essere “professionisti della protesta”. 

Contro la sicurezza delle zone rosse e del controllo capillare, resistiamo popolando gli spazi della nostra città, prestando attenzione e cura alle persone che vivono intorno a noi. 

Quando i fascisti e i loro moderati simpatizzanti agitano la bandiera della famiglia per esercitare il loro comando sui nostri corpi, sui nostri rapporti affettivi, sugli aspetti più intimi delle nostre vite; quando parlano di maternità come di un destino naturale e dell’aborto come un crimine universale, della libertà sessuale come di una deviazione, resistiamo anzitutto spezzando il confino permanente a cui vengono condannate le soggettività marginalizzate. 

Quando usano i corpi di chi lascia la propria terra per sfuggire alla fame, alla guerra e alla morte, ricordiamoci che i fascisti dei porti chiusi e della difesa dei confini rispondono agli stessi interessi che producono le guerre, le catastrofi ambientali, i nuovi colonialismi. 

Il fascismo circola a mano armata dagli Stati Uniti a Gaza, dall’Ucraina alla Siria. E l’Italia è di nuovo in prima linea, tra riarmo e repressione di ogni potenziale dissenso.
L’unico limite all’irrazionalità e alla barbarie fascista siamo noi, insieme.

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