Vicino alla filosofia dell’esistenza di Sartre, Albert Camus attraversa due diversi periodi, che si riflettono sulla sua scrittura producendo due diversi cicli: il ciclo dell’assurdo e il ciclo della rivolta. La peste esce nel 1947 e fa parte del secondo ciclo, in cui l’uomo reagisce all’assurdità dell’esistenza opponendo la sua volontà e la sua morale. In una lettera del 1955 a Roland Barthes scrive: «Se c’è un’evoluzione da Lo straniero a La peste, essa si costituisce nel senso della solidarietà».
L’uomo, in questo romanzo, riesce a vincere la solitudine grazie all’azione, alla fratellanza e alla lotta collettiva. Camus scrive questo libro mentre è in corso la seconda guerra mondiale: l’epidemia di peste e l’isolamento a cui sono costretti i cittadini di Orano, infatti, non sono altro che metafore per descrivere la situazione di una Francia divisa in due durante il regime di Vichy.