A Berlino sabato (4 aprile, ndt), davanti alla porta di Brandeburgo, una donna da sola con un cartello di protesta appeso al collo viene accerchiata dalla polizia. È un’immagine vista solo in stati di polizia autoritari. Le vengono richiesti i dati e riceve una denuncia per infrazione all’ordinanza per coronavirus e divieto di assembramento. E non è l’unica. Lo stesso è successo al mercato del pesce di Amburgo, dove alcune persone, nel rispetto della distanza di sicurezza, volevano scrivere con dei gessi per terra degli appelli per una politica migratoria umana.
A Francoforte sul Meno è stato disperso un gruppo di manifestanti in occasione del giorno di mobilitazione dell’iniziativa #LeaveNoOneBehind, che richiedevano di evacuare i campi profughi greci, nonostante osservassero scrupolosamente la distanza di due metri l’uno dall’altro. A Berlino la polizia ha perfino bloccato una dimostrazione spontanea.
In tutto il territorio tedesco la polizia sta rimuovendo cartelli di protesta e scarpe lasciate in luoghi pubblici. Qualsiasi tentativo da parte di attivisti e attiviste di trovare un modo di tutelare il loro diritto alla libertà di espressione, pur soddisfacendo le misure di contenimento del virus, viene stroncato dall’autoritarismo delle forze dell’ordine.
Gli organizzatori e le organizzatrici delle proteste, come anche altre persone dotate di raziocinio, non hanno messo in discussione il momentaneo divieto di assembramento in relazione alla dilagante pandemia di coronavirus. Ma dimostrazioni e manifestazioni non sono semplici assembramenti, come una grigliata o una partita di calcio. Riguardano nello specifico l’ottemperanza dell’articolo 8 della Costituzione.
Una limitazione è consentita, una soppressione totale, come di fatto si sta osservando nelle strade, è invece fuori questione. Di questo si occupa già la “clausola di eternità” (introdotta per impedire che gli episodi del nazionalsocialismo siano costituzionalmente consentiti n.d.t) contenuta nella Costituzione tedesca, che tutela il rispetto dei diritti fondamentali. Ma intanto c’è comunque da preoccuparsi: i tempi del nazismo non sono così distanti.
Mai come oggi nella storia della Repubblica Federale Tedesca, le libertà e i diritti fondamentali hanno subito delle limitazioni così pesanti a un livello così esteso. Anche nel 1968, nonostante lo stato di emergenza, le proteste erano comunque consentite. Eppure, dal momento che oggi i nuovi divieti servono a salvaguardare la salute pubblica, si richiede che la popolazione sia ben disposta ad accettarli. Secondo l’umile tradizione tedesca, viene seguita la fantomatica coalizione “di unità nazionale”, responsabile delle restrizioni nei vari Land tedeschi. Tuttavia i governi dei Land, con i loro divieti di assembramento totali non ancora approvati in parlamento, stanno oltrepassando le loro competenze.
Un’alternativa c’è
Inoltre, il fatto che i tribunali amministrativi a Berlino e Amburgo abbiano respinto le richieste urgenti contro il divieto di manifestazione, non significa che queste non siano legittime. Non c’è la violazione di un principio fondamentale. Dall’altro lato è invece palese: il tentativo di aggirare, per regolamento, diritti (di aggregazione) o addirittura il diritto fondamentale alla libertà di associazione, è impensabile.
Sono al contrario giustamente estendibili quelle restrizioni messe in atto per far rispettare la legge per la protezione da infezioni (IfSG). Nei casi sopracitati però non si è proprio arrivati a parlare di eventuali forme più sicure di protesta. Alla polizia sembra del tutto scontato arrivare al divieto totale. Finalmente stanno tutti zitti.
Ovviamente un’alternativa c’è, come ci dimostra l’esempio di Brema. Lì, gli ordinamenti per coronavirus escludono “gli assembramenti pubblici e non, visto l’art.8 della Costituzione” dal divieto. A Münster, dopo una querela al tribunale amministrativo, è stato possibile organizzare una manifestazione contro il trasporto di uranio. Erano circa in 80 e nel manifestare si sono attenuti a tutte le restrizioni, mantenendo una distanza minima di 1,5 metri l’uno dall’altra e indossando le mascherine; nonostante la polizia appostata.
Articolo originale pubblicato su Taz. Traduzione dal tedesco di Anna Viero.