Sempre più spesso il “maltempo” si accompagna a fenomeni inconsueti, che talvolta modificano completamento gli equilibri eco-sistemici di un territorio e incidono profondamente sulla vita degli esseri viventi. In una città come Taranto, immersa quotidianamente nei veleni di uno dei colossi industriali più inquinanti del pianeta, questi fenomeni non sono poi così inconsueti, visto che la convivenza con il “mostro-Ilva” è diventata negli anni sempre più difficile.
E così accade che il forte vento dei scorsi giorni regali un’immagine inquietante e spettrale della “città dei due mari”, con polveri tossiche che si sono sollevate dallo stabilimento ex Ilva – ora ArcelorMittal – e si sono depositate nelle strade e sopra le abitazioni dei Tamburi, il popoloso quartiere a ridosso del “mostro” (guarda il video postato sulla pagina facebook del Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti). Il denso ammasso di polveri proveniva in particolare da una discarica a cielo aperto dove si ammassano le scorie delle acciaierie. Scorie che, in quanto rifiuti speciali, andrebbero trattate in ben altro modo.
Non è la prima volta che accadono fenomeni del genere durante i “Wind day”, dove le persone vengono invitate a stare recluse in casa con le finestre ben chiuse, proprio perché è nota la pericolosità di queste polveri provenienti dalla discarica abusiva. Ricordiamo il “fiume rosso” del novembre 2017, quando le abbondanti acque piovane si unirono alle polveri di minerale dell’impianto siderurgico creando un torrente rossastro nelle strade cittadine. Questo solo per citare uno degli esempi recenti più noti.
Nonostante questo la “questione Taranto” continua a essere sottaciuta. Dopo il “capolavoro” di Luigi Di Maio, che nel 2018 ha svenduto l’Ilva alla multinazionale AncelorMittal regalandole anche l’immunità penale, anche le ultime trattative per ridefinire la nuova governance societaria, con la partecipata Invitalia pronta a entrare nella gestione, non sembrano porsi il problema della chiusura e della bonifica. L’ex Ilva continuerà a produrre, a inquinare, a uccidere e a Taranto continuerà a spettare la palma della sacrificabilità.
Il cosiddetto processo di “decarbonizzazione” del siderurgico tarantino, diventato un mantra soprattutto per il governatore Michele Emiliano e la sua giunta, è un’altra finta soluzione che rischia di confondere le idee, continuando a ingannare lavoratori e cittadini. Perché se l’alternativa è la riconversione al metano, invece di una bonifica reale dell’area, il rischio è di trovarsi con una produzione ancora più climalterante della Co2.
E mentre regione, governo e Unione Europea fanno la gara del green washing, quel colore “rosso tramonto” che ha avvolto Taranto non ha nulla di romantico, ma fa paura come non mai.
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