In Italia i rischi collegati ai cambiamenti climatici possono arrivare a incidere fino all’8% del Pil pro capite, contribuendo anche ad acuire le differenze tra Nord e Sud, tra fasce di popolazione piu’ povere e piu’ ricche, e arrivando ad insistere su una serie di settori strategici per l’Italia. Sono i risultati del rapporto “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia”.
Realizzato dalla Fondazione CMCC, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, e’ la prima analisi integrata del rischio climatico in Italia. Un documento che, a partire dal clima atteso per i prossimi anni, si concentra su singoli settori per fornire informazioni su cosa aspettarci dal futuro e fornire uno strumento a supporto di concrete strategie di sviluppo resiliente e sostenibile.
L’analisi parte dagli scenari climatici che, attraverso un avanzato utilizzo di modelli climatici ad alta risoluzione applicati allo studio della realta’ italiana, forniscono informazioni sul clima atteso per il futuro del Paese. Queste informazioni sono poi applicate all’analisi del rischio in una serie di settori del sistema socio-economico italiano. Ne emerge un quadro in cui il rischio cresce, nei prossimi decenni, in molti ambiti, con costi economico-finanziari consistenti per il Paese e con impatti che interessano in maniera piu’ severa le fasce sociali piu’ svantaggiate e tutti i settori, con particolare riferimento alle infrastrutture, all’agricoltura e al turismo.
“Il rapporto- ha detto spiega Donatella Spano, membro della Fondazione CMCC e docente dell’Universita’ di Sassari, che ha coordinato i trenta autori che hanno redatto i 5 capitoli che compongono la ricerca – rappresenta il punto piu’ avanzato della conoscenza degli impatti e l’analisi di rischio integrato dei cambiamenti climatici in Italia”.
“L’analisi del rischio – ha aggiunto – e dei suoi effetti sul capitale ambientale, naturale, sociale ed economico, consentono di prendere in considerazione le opzioni di risposta individuate dalla ricerca scientifica e di sviluppare piani di gestione integrata e sostenibile del territorio valorizzandone le specificita’, peculiarita’ e competenze dei diversi contesti territoriali”.
I diversi modelli climatici sono concordi nel valutare un aumento della temperatura fino a 2 C nel periodo 2021-2050 (rispetto a 1981-2010). Nello scenario peggiore l’aumento della temperatura puo’ raggiungere i 5 C. Questo implica la diminuzione delle precipitazioni estive nelle regioni del centro e del Sud, aumento di eventi precipitazioni intense. In tutti gli scenari aumenta il numero di giorni caldi e dei periodi senza pioggia. Le conseguenze dei cambiamenti climatici sull’ambiente marino e costiero avranno un impatto su “beni e servizi ecosistemici” costieri che sostengono sistemi socioeconomici attraverso la fornitura di cibo e servizi di regolazione del clima.
Anche se piu’ ricche e sviluppate le regioni del Nord non sono immuni agli impatti dei cambiamenti climatici, ne’ sono piu’ preparate per affrontarli. Per quanto riguarda gli eventi estremi, la probabilita’ del rischio e’ aumentata in Italia del 9% negli ultimi vent’anni. I costi degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia aumentano rapidamente e in modo esponenziale al crescere dell’innalzamento della temperatura nei diversi scenari, con valori compresi tra lo 0,5% e l’8% del Pil a fine secolo.
I cambiamenti climatici aumentano la disuguaglianza economica tra regioni. Tutti i settori dell’economia italiana risultano impattati negativamente dai cambiamenti climatici, tuttavia le perdite maggiori vengono a determinarsi nelle reti e nella dotazione infrastrutturale del Paese, nell’agricoltura e nel settore turistico nei segmenti sia estivo che invernale. I cambiamenti climatici richiederanno numerosi investimenti e rappresentano un’opportunita’ di sviluppo sostenibile che il Green Deal europeo riconosce come unico modello di sviluppo per il futuro.
E’ il momento migliore in cui nuovi modi di fare impresa e nuove modalita’ per una gestione sostenibile del territorio devono entrare a far parte del bagaglio di imprese ed enti pubblici, locali e nazionali. In seguito all’incremento delle temperature medie ed estreme, alla maggiore frequenza (e durata) delle ondate di calore e di eventi di precipitazione intensa, bambini, anziani, disabili e persone piu’ fragili saranno coloro che subiranno maggiori ripercussioni. Sono attesi, infatti, incrementi di mortalita’ per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici da stress termico e un incremento delle malattie respiratorie dovuto al legame tra i fenomeni legati all’innalzamento delle temperature in ambiente urbano (isole di calore) e concentrazioni di ozono (O3) e polveri sottili (PM10). Dall’analisi combinata di fattori antropici e degli scenari climatici si evince che e atteso l’aggravarsi di una situazione di per se molto complessa. L’innalzamento della temperatura e l’aumento di fenomeni di precipitazione localizzati nello spazio hanno un ruolo importante nell’esacerbare il rischio. Nel primo caso, lo scioglimento di neve, ghiaccio e permafrost indica che le aree maggiormente interessate da variazioni in magnitudo e stagionalita’ dei fenomeni di dissesto sono le zone alpine e appenniniche. Nel secondo caso, precipitazioni intense contribuiscono a un ulteriore aumento del rischio idraulico per piccoli bacini e del rischio associato a fenomeni franosi superficiali nelle aree con suoli con maggior permeabilita’.
Gran parte degli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse idriche prospettano una riduzione della quantita’ della risorsa idrica rinnovabile, sia superficiale che sotterranea, in quasi tutte le zone semi-aride con conseguenti aumenti dei rischi che ne derivano per lo sviluppo sostenibile del territorio. I cambiamenti climatici attesi (periodi prolungati di siccita’, eventi estremi e cambiamenti nel regime delle precipitazioni, riduzione della portata degli afflussi), presentano rischi per la qualita’ dell’acqua e per la sua disponibilita’. I rischi piu’ rilevanti per la disponibilita’ idrica sono legati a elevata competizione settoriale (uso civile, agricolo, industriale, ambientale, produzione energetica) che si inasprisce nella stagione calda quando le risorse sono piu’ scarse e la domanda aumenta (ad esempio per fabbisogno agricolo e turismo). I sistemi agricoli possono andare incontro ad una aumentata variabilita’ delle produzioni con una tendenza alla riduzione delle rese per molte specie coltivate, accompagnata da una probabile diminuzione delle caratteristiche qualitative dei prodotti, con risposte tuttavia fortemente differenziate a seconda delle aree geografiche e delle specificita’ colturali.
L’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni medie annue, la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi quali le ondate di calore o la prolungata siccita’, interagiscono con gli effetti dell’abbandono delle aree coltivate, dei pascoli e di quelle che un tempo erano foreste gestite, del forte esodo verso le citta’ e le aree costiere, e delle attivita’ di monitoraggio, prevenzione e lotta attiva sempre piu’ efficienti.
Si prevede che i cambiamenti climatici esacerberanno ulteriormente specifiche componenti del rischio di incendi, con conseguenti impatti su persone, beni ed ecosistemi esposti nelle aree piu’ vulnerabili. Sono attesi incrementi della pericolosita’ di incendio, spostamento altitudinale delle zone vulnerabili, allungamento della stagione degli incendi e aumento delle giornate con pericolosita’ estrema che, a loro volta, si potranno tradurre in un aumento delle superfici percorse con conseguente incremento nelle emissioni di gas a effetto serra e particolato, con impatti quindi sulla salute umana e sul ciclo del carbonio.