Azione comunicativa del Collettivo Studentesco Depangher, affissi degli striscioni nelle aule del Dipartimento di Filosofia e Scienze Umane, aule deserte e chiuse al libero accesso della popolazione universitaria. Venerdì 20 novembre assemblea aperta in piazza.
CI HANNO LASCIAT* FUORI DALLE PRIORITÀ, DALLE DECISIONI, DAGLI SPAZI. ADESSO VOGLIAMO ENTRARE!
MACERATA – Lo scorso marzo, come Collettivo Studentesco, abbiamo denunciato alcuni aspetti critici relativi alla gestione dell’emergenza con particolare riferimento al mondo della Scuola e dell’Università. Testualmente, ciò che contestavamo era:
“(…)
1) CHIUSURA SOLO DEI LUOGHI DI CULTURA E DI SOCIALIZZAZIONE. Se di emergenza si tratta, non deve essere solo la cultura a subirne le restrizioni. Lo Stato è disposto a sacrificare gli spazi sociali e culturali, ma lo sfruttamento del lavoro, sempre più precario e senza diritti, non può subire rallentamenti.
2) IL CAOS CHE COLPISCE L’UNIVERSITÀ. Gli studenti e le studentesse si trovano a dover affrontare problemi di organizzazione del proprio percorso di studi (lezioni, esami, tirocini, ecc…) e difficoltà legate a costi e spostamenti, soprattutto per i fuorisede.
3) MANCANZA DI INFORMAZIONI NECESSARIE. Anche nelle piccole misure non c’è un’informazione puntuale e diffusa di ciò che sta accadendo, ma si parla solo di misure di contenimento e di controllo della vita sociale delle persone”.
Oggi, a distanza di 8 mesi, lo scenario resta invariato, con la differenza che questa volta il virus non ci ha colti di sorpresa. I DPCM continuano a scaricare la responsabilità di tutta questa situazione sui singoli individui e, soprattutto, sui giovani. Questi, infatti, non solo sono rappresentati come degli untori ma, ancora una volta, sono i primi a fare le spese di una gestione fallimentare dell’ “emergenza”. L’esempio più diretto di queste politiche è individuabile nella recente imposizione del coprifuoco a livello nazionale: riprendendo un termine di natura bellica, ci troviamo oggi al cospetto di questa misura esclusivamente repressiva, che con il contenimento del virus ha ben poco a che vedere.
All’interno di questo scenario, per quanto riguarda l’ambito universitario, molti atenei si sono organizzati con la messa in sicurezza degli spazi e la parziale ripresa delle attività in presenza, ma a livello governativo, invece di ipotizzare e lavorare per una completa riapertura, si è scelto nuovamente di chiudere questi luoghi, senza porsi minimamente il problema di un confronto con chi li attraversa e li vive quotidianamente, ovvero gli studenti e le studentesse.
Questa situazione non ci stupisce, perché ricerca, cultura, università, scuola pubblica, oltre ad essere da decenni vittime di tagli per quanto riguarda gli investimenti, sono oggetto di un sempre maggiore disciplinamento degli spazi, fisici e non. La situazione derivante dal covid sarebbe potuta essere l’occasione per invertire la tendenza e sperimentare nuove forme di autorganizzazione, per rivedere in maniera più efficace ed efficiente il mondo della cultura e della formazione a tutti i gradi. Invece ci ritroviamo davanti al ricatto di dover scegliere tra salute e diritto allo studio, ancora una volta senza voci in capitolo e totalmente esclusi dai processi decisionali; l’attività universitaria si trova nuovamente relegata nella didattica a distanza, unico “strumento emergenziale”, con tutti i suoi limiti, e gli studenti piombano per l’ennesima volta in una situazione caotica, costellata di incertezze, come ad esempio confermare o meno gli affitti o l’iscrizione agli anni accademici. È tangibile quanto questo stato di precarietà gravi in particolar modo sulle fasce più deboli di questa società.
Dal nostro punto di vista inoltre, la chiusura dei suddetti spazi racchiude in sé un alto significato simbolico, poiché l’Università è sempre stato un luogo dove sviluppare socializzazione e maturare una coscienza critica nei confronti del presente, un luogo dove determinarsi ed autorganizzarsi in quanto studentə e come individui all’interno della società. Tutte queste sono per noi le attività necessarie ed indispensabili, dal momento che il nostro collettivo, fin dalla sua nascita ha visto gli spazi comuni dei vari atenei in città come base di partenza per ogni progettualità e per ogni proposta.