Tre poesie di Abdallah Zriqa

di Abdallah Zriqa* [traduzione di Sana Darghmouni]

Gocce di candele nere

1

Così ho spento la candela

per accendere le tenebre

E ho visto il sole

Isolato dalla luce

ho visto porte

ma non ho visto

dimore

E le farfalle ho visto

uscire dai vermi dei morti

temevo che il mio volto

fosse un altro

incollato al mio

ed è cresciuto il mio timore quando ho visto

I miei piedi calpestare scorpioni

raggiunta l’acqua

Ho cercato la bocca della Terra

Ma non ho trovato altro che terra

Simile a un dorso di tartaruga

E ho urlato:

L’inferno è tutto ciò che resta

del paradiso

Il paradiso perisce

ma il fuoco rimane

E quando mi sono assentato

È rimasta presente

Solo la mia mano

al ritorno

le mie dita erano diventate

Lingue di fuoco

Ho detto:

Oh, se solo sapessi

Che la notte mi è più clemente

del giorno

io me ne vado

ma la coppa non si esaurisce

E ho cantato:

piede mio o piede

O piede del piacere

quando è arrivata la donna

Ho spento la candela

E ho urlato:

Dimentica il tuo idioma

Lascia che solo la tua lingua

mastichi

Un altro idioma

ho pensato al sole

Che non mi ha mai visto nudo

E nel bosco

Ho visto il vento

ma non ho visto il flauto

Così ho scritto nell’aria:

Non cantare con il vento

(di notte

Ho visto uccelli

Beccare solo capezzoli)

E ho urlato ad una formica

Non tornare a casa

C’è un carceriere

Che gioca con le sue chiavi

In tua attesa

E nell’acqua

Ho visto un serpente uscire dalla mia bocca

nel sonno

Ho visto un silenzio

nero

nero

2

Dammi una coppa

Per sorseggiare questo vuoto

E un braccio

Per misurare questa separazione

Preparami un letto

Di vetro

e lasciaci scivolare i miei incubi

Non voglio leggere lettere

Che non stiano davanti ai miei occhi

Come chiodi

Darò la mano a questo cane

Che arriva per tagliarne qualche dito

Lascerò molto bianco nei miei scritti

Affinché questa prostituta ci cammini sopra a suo gradimento

(Questa non è una penna

Piuttosto, è un’ascia per distruggere questo poeta

Che mi domina)

Le formiche cammineranno al mio funerale

lascerò la mia tomba a chi non ha trovato un posto per dormire

Lascerò molto bianco nella mia scrittura per illuminare

l’oscurità a venire con la notte delle parole

Lascerò il candore per il giorno del vostro matrimonio.

Vuoti storti

1

Hey, cosa sono questi gioielli che brillano di lacrime in questo negozio?

E cos’è questo cane fedele che custodisce questo vuoto?

come ho messo la mano su un muro di denti

come di notte tutti i negozi sono scomparsi nelle tasche

E in autunno, le mie unghie cadute

2

E cos’è questo uccello che becca palline di sangue secco in una camicia

Bianca appesa ad un muro di calce sbucciato

E chi è quest’uomo che getta la sua dentiera

ingiallita su questa riunione che ha riempito questo giornale

non lasciando alcun luogo alle parole per vagare

3

E cos’è questo cielo pieno di lendini?

Farò un bagno prima di dire questa parola

Andrò al cimitero per leggere la mia data di nascita su una lapide

Ma non camminerò

mentre il mio piede è gomma

Ah, oh io vivo in un occhio

E dormo in un orecchio

4

poi come sono arrivato a quel buco e ho trovato

I miei occhi scrutandoli fino a diventare cieco

Come ho lasciato scorrere questa immagine

Come ho aperto la porta del mio volto

Prima di aprire la porta di questa casa

E come ho aspettato questa poesia

andare in bagno

E ritornare

Ma quando non troverò un foglio

Scriverò nel bianco di un occhio

5

Non lasciate l’uomo con le dita mozzate contare i giorni rimasti

E leggete queste parole prima che si trasformino in scarafaggi

Allontana da te questa sedia zoppa per evitare che ti prenda una gamba

Oh, non ho trovato nessun essere vivente nel cimitero della mia testa

Non lavatemi

Andrò dal gabinetto alla tomba

Non leggete nulla per me

I vermi hanno mangiato le mie orecchie

Non copritemi

La mia testa

Fa da lapide

al mio corpo

6

Quando mi sono seduto

Ho preso un ago

E ho rammendato

Questo candore

Ma mi sono spaventato quando ho visto un mendicante chiedermi l’ultima parola che ho scritto

L’indomani

Sono andato da un mediatore immobiliare alla ricerca di uno spazio vuoto

Wahah

Per ascendere questa parola

Ho bisogno di una scala

Poi non so

Come ho fatto a spegnere una parola fiammeggiante

In un portacenere

All’esterno

Mi sono voltato per trovare il mio nome inseguirmi

Come cane

Quindi ho piegato la testa

E ho svuotato quel che era negli occhi

e la sera

Ho pianto da una vecchia che tesseva i suoi ricordi

In un tappeto

Poi sono scappato

Scappato

Questa non è una mano

Ma un forcone

Per cospargere

La polvere

Del mio corpo

7

Niente

Niente

Il cielo è desolato

Tranne che di alcuni corvi

La peluria della terra

Assomiglia alla peluria delle orecchie

L’atmosfera è priva persino del vuoto

E le teste delle persone sono come chiavi storte

La paura è bianca sulle cime delle montagne

E le fronti come le tavolette dei morti

i libri come lapidi

i ponti come le schiene degli anziani

gli alberi come le gambe dei malati

la noia svolazza come polvere

e le ombre sono scavate nel terreno

E solo i cani che abbaiano lì

Hanno voluto

scacciare questo

nulla.

(Un’altra poesia):

E così via

Blu puro

Come candore di zucchero

Bianco scintillante

Come trapunta di una nuvola

Rosso come una camicia penzolante

Dall’orlo di un crimine

Nero come sangue liquido

Da una bottiglia di cenere

E verde come un’analogia

Che non si addice a un giardino

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Nato a Casablanca nel 1953, Abdallah Zrika è considerato uno dei più importanti poeti contemporanei nello scenario letterario marocchino. Scrive in stile libero portando il linguaggio verso nuovi orizzonti di sperimentazione audace e infinita e basando la sua esperienza poetica sulla spontaneità che offre la lingua parlata; infatti la parola con Zrika non conosce confini, ma è espressione libera. A causa della censura, Zrika ha pagato il prezzo della libertà di espressione con due anni di carcere alla fine degli anni ‘70. Per un’intera generazione, Zrika ha incarnato l’ideale dell’uomo che difende la libertà, la vita e la parola. Molte sue opere sono state tradotte in francese come Ivresse de l’effacement, (Editions Méridianes, Montpellier, 2020), Tortue de l’effacement, (Editions Apic, Algiers, 2018) e alcune in inglese.

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