di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org
Il datore di lavoro NON PUO’ chiedere ai dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale e NON PUO’ chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati. Tuttavia, in certi luoghi di lavoro, ad esempio in ambito sanitario, i non vaccinati possono essere esclusi da alcune mansioni su indicazione del medico competente. Lo ha chiarito il Garante della Privacy in alcune FAQ sulla vaccinazione dei lavoratori ponendo appunto un focus in particolare sul lavoro in sanità.
Per il Garante in attesa di un intervento del legislatore nazionale che valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi comprese l’inidoneità a svolgere alcune mansioni.
Ma vediamo nel dettaglio le FAQ:
1- Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?
“NO. Il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento)”.
2- Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
“NO. Il medico competente non può comunicare al datore di lavoro i nominativi dei dipendenti vaccinati. Solo il medico competente può infatti trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione, nell’ambito della sorveglianza sanitaria e in sede di verifica dell’idoneità alla mansione specifica (artt. 25, 39, comma 5, e 41, comma 4, d.lgs. n. 81/2008).
Il datore di lavoro può invece acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) d.lgs. n. 81/2008)”.
3- La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?
“Nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008).
In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.
Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008).”
IN SINTESI solo il medico competente, cioè il medico del lavoro, può trattare i dati sanitari dei lavoratori e tra questi, se del caso, le informazioni relative alla vaccinazione e ne terrà di conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica. Di conseguenza il datore di lavoro si ritroverà davanti una relazione del medico del lavoro che riporta un giudizio di idoneità o inidoneità alla mansione. E’ dunque facile capire che alla fine, chi lavora in determinati contesti, ad esempio l’ambito sanitario, sarà di fatto comunque penalizzabile con un cambio di mansioni nel momento in cui non si vaccina.
A ciò fa pensare “l’appiglio” agli articoli citati del Testo Unico sulla sicurezza del lavoro (Decreto Legislativo 81/2008), in particolare l’art.279 e l’art.42.
Ma cosa dicono questi articoli?
ART 279 d.lgs. n.81/2008 – Prevenzione e controllo:
“1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 42.
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
4. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’articolo 271.
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell’allegato XLVI nonchè sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione”.
ART 42 d.lgs. n.81/2008 – Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica:
“1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonchè la qualifica originaria. Qualora il lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori si applicano le norme di cui all’articolo 2103 del codice civile, fermo restando quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
E’ soprattutto il comma 2 dell’articolo 279 che deve richiamare l’attenzione, ma già alcuni legali sono pronti a dare battaglia. C’è chi, infatti, come l’avvocato Polacco, ha subito rilevato che l’art. 279 parla di “messa a disposizione dei vaccini” e non di “obbligo” (QUI il video, dal min 13).
Inoltre lo scorso 27 gennaio, il Consiglio di Europa, in una risoluzione votata a larga maggioranza, pur riconoscendo il vaccino “un bene globale”, si è espresso per la NON IMPOSIZIONE dello stesso e ha ribadito CHE NESSUNO DOVRÀ ESSERE DISCRIMINATO se deciderà di non vaccinarsi. In particolare al punto 7 si legge che “l’Assemblea sollecita gli Stati membri e l’Unione europea a:
– 7.3.1 garantire che i cittadini siano informati che la vaccinazione NON è obbligatoria e che nessuno sia sottoposto a pressioni politiche, sociali o di altro tipo per essere vaccinato, se non desidera farlo personalmente;
– 7.3.2 garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato, a causa di potenziali rischi per la salute o per non voler essere vaccinato”.
NONOSTANTE questa recente importante pronuncia (alla quale stampa e TV non hanno dato il dovuto rilievo) E NONOSTANTE tutti i principi a tutela della vita, della salute, della dignità e dell’autodeterminazione della persona espressi nel corso degli anni da varie norme sia a livello nazionale che internazionale, TUTTAVIA nulla è (e sarà) facile e ignobili pressioni ci sono e continueranno ad esserci.
Eppure stimati uomini di scienza, come il prof Paolo Bellavite, hanno dichiarato (anche di recente) che “non c’è alcuna prova PROPRIO ALCUNA PROVA che la ‘vaccinazione’ di massa sia un vantaggio per la collettività, né alcuna prova PROPRIO ALCUNA PROVA che chi sceglie di non farsi inoculare il prodotto danneggi chi sceglie di farlo, ogni pressione o ricatto o obbligo di inoculo di questi prodotti è contrario alla scienza, immorale, illegale, incostituzionale (art. 32).”
E anche qualora fosse dimostrata l’efficacia e la sicurezza del vaccino – aggiungo io – sarebbe lo stesso. E’ una questione di libertà. Che un ente pubblico o privato, uno stato o un unione di Stati debbano decidere cosa le persone debbano mettere nel loro corpo non è accettabile.
Nessuno può decidere dei nostri corpi. TUTTAVIA così sarà, se non ci diamo una svegliata perché il genere umano sta attraversando una fase estremamente drammatica, credo la più buia della storia, e molti ancora non l’hanno capito.
Invito ad ascoltare la testimonianza dell’artista e attivista Dea raccolta da Vox Italia TV che descrive quanto in Israele la situazione sia critica. Qui le misure restrittive continuano anche per chi si è già vaccinato due volte e la criminalizzazione di chi rifiuta il vaccino anticovid ha raggiunto livelli impensabili: in certi comuni si sta parlando di costringere i non vaccinati a vestirsi in maniera tale da risultare riconoscibili, un marchio distintivo di hitleriana memoria.
Chi crede che ciò non ci riguardi, non ha capito che la discriminazione incalzante arriverà anche da noi. E’ giunto il momento di uscire dal proprio piccolo e illusorio orticello e comprendere che nulla è separato da nulla.
Non è più possibile fare finta di niente e tacere. Sapere e far finta di niente è un crimine. Le cose terribili accadono perché qualcuno lo consente con il proprio silenzio e con il proprio sostegno e appoggio criminale. Sì, criminale. Perché ci sono menti malvagie che partoriscono pensieri malvagi, ma ci sono anche esecutori malvagi che eseguono. E chi esegue ordini malvagi non è esente da responsabilità, è egli stesso un criminale. Norimberga docet.
Abbiamo il DOVERE MORALE di attivarci e difendere tutto ciò che è vita. VITA, non morte! E abbiamo il DOVERE MORALE di muoverci affinché la salute e i diritti democratici e costituzionali non vengano più calpestati.
Ciò significa svegliare e incoraggiare quante più persone possibili, molti infatti non agiscono perché non hanno ancora ricevuto informazioni vere e complete, molti perché pur avendole ricevute hanno paura. Ma, se ognuno di noi riuscisse a rendere consapevole anche una sola persona, ci moltiplicheremmo in breve tempo.
E dopo la consapevolezza viene l’azione. Che significa usare gli strumenti che la legge prevede e reagire a qualsiasi disposizione liberticida, a qualsiasi misura restrittiva illegittima e illegale.
Bisogna avere contezza dei propri diritti e farli valere nelle opportune sedi fino anche ad arrivare alle denunce, quando necessario.
La giustizia amministrativa ha già cominciato a dare alcune risposte. Altre ne arriveranno, ma dobbiamo essere attivi.
Ci sono avvocati e i giudici pronti a interagire per la tutela dei diritti fondamentali.
Solo unendo forze e competenze si possono ottenere risultati concreti.