Ha tutta l’aria di essere l’ennesima guerra interna, quella che vede solo nelle prime 48 ore di attacchi da una parte più di 50 morti e 300 feriti tra i palestinesi, alcuni miliziani, ma soprattutto civili, e 6 morti ed innumerevoli feriti nella fazione opposta, tra gli israeliani.
Tutto è partito dagli sgomberi forzati di alcuni abitanti palestinesi di uno dei quartieri di Gerusalemme Est, Sheikh Jarrah, per far spazio agli insediamenti dei coloni israeliani, così come previsto dalla questione dell’annessione (che ricordiamo essere un piano unilaterale della potenza occupante esercitato con la forza per sostituire il governo militare facendo diventare una zona a tutti gli effetti parte integrante dello stato colonizzatore).
Da anni i palestinesi vengono ingiustamente sgomberati dalle loro case in diverse parti della Cisgiordania, ma le abitazioni in questione hanno provocato una tale risposta, in quanto c’è una controversia in atto: per il diritto israeliano sono di appartenenza israeliana, ma prima della Nakba erano di proprietà palestinese. Questi ultimi ne rivendicano l’appartenenza da prima del ’48, però secondo la knesset, ovvero la giurisdizione israeliana, (che va ricordato andare contro il diritto internazionale) è come se fossero abusivamente occupate.
Da lì sono iniziate le manifestazioni che hanno coinvolto prima l’intera zona di Gerusalemme Est, per espandersi poi in gran parte della Palestina Storica.
Durante la preghiera sacra dell’ultimo venerdì di Ramadan è stata autorizzata la Marcia delle Bandiere, una manifestazione promossa dai religiosi nazionalisti e dall’estrema destra israeliana con lo scopo di riaffermare il controllo anche sulla parte araba di Gerusalemme e finita con l’epilogo che tutti conosciamo, ovvero l’irruzione all’interno Moschea di Al-Aqsa ed i conseguenti scontri.
Da quel momento in poi la situazione si è aggravata ulteriormente. A Lod, Nazareth, Haifa e molte altre zone, i palestinesi in solidarietà con quanto accaduto ai connazionali a Gerusalemme hanno dato vita a diverse iniziative interrotte da alcuni gruppi di istigatori che attraverso continue provocazioni hanno reso possibile quello a cui stiamo assistendo in questi giorni. La legittimità è stata loro data da chi negli ultimi anni ha cercato di avere il loro appoggio per la formazione di un nuovo governo. Governo che, va sottolineato, ad oggi ancora non c’è. Risultato di tutto ciò? Ora la situazione è totalmente fuori controllo.
Proseguendo di questo passo, l’arrivo ad una guerra civile vera e propria sembra inevitabile.
Nemmeno l’intervento dell’Egitto, che propone una tregua, è stato utile nel porre un freno all’escalation di violenze.
Per il momento probabilmente solo l’intercessione degli Stati Uniti, nella figura di Biden, potrebbe incidere su un eventuale cessate il fuoco, portando la tanto agognata soluzione. Il problema è che la proposta degli USA consta nella risoluzione dei due stati, ma la cosa, si sa, non è realizzabile.
Strategica anche la posizione di Erdogan, da sempre alleato di Israele, in questi ultimi giorni ricopertosi velatamente, ma neanche troppo, sostenitore dei palestinesi. Con i palestinesi, se non per fini opportunistici o commerciali, nessuno si è mai apertamente schierato, tranne il Qatar che ha sempre appoggiato la Palestina e non ha mai smesso di mandare aiuti. Per questo motivo questa nuova presa di posizione di Erdogan fa salire non pochi dubbi.
Ma torniamo ai fatti. In risposta agli attacchi nella spianata delle moschee, Gaza ha repentinamente reagito con il più grande attacco missilistico degli ultimi tempi, facendo piovere su Tel Aviv 130 missili che hanno provocato la morte di una donna e il ferimento di altri otto coloni.
Di conseguenza sono ripartiti anche i bombardamenti sull’intera Striscia, nessuna zona esclusa. Anche quella che viene definita “la green area”, ovvero la parte che solitamente è la più sicura in caso di attacchi da parte di Israele, è stata violata. È stata abbattuta la Torre Hanadi, a Gaza City e l’esplosione, insieme al crollo dell’edificio di dodici piani, ha danneggiato anche le strutture attorno.
Con tutta probabilità Hamas fino a pochi giorni fa non si aspettava di dover intervenire in questo modo, ma si è trovato costretto a rispondere a questa offensiva e sta pagando con la perdita di un gran numero di vite e la distruzione di diversi edifici.
Non è un segreto, il sistema sanitario dentro la Striscia è al collasso, a causa, non dimentichiamolo, anche dell’attuale pandemia in atto. Il Ministero della Salute ha dichiarato che le strutture sono al collasso e non sono in grado di far fronte all’ingente e crescente numero di feriti di queste ultime ore. In qualche modo comunque la tenacia e la forza dei palestinesi è sempre emersa e Gaza sarà in grado di dimostrare che anche dopo questo ennesimo attacco riuscirà a rimettersi in piedi.
Cosa ci si prospetta per il futuro? Probabilmente fra qualche giorno troveranno una scusa per una tregua che non sarà altro che temporanea, perché dopo un po’ nascerà un nuovo motivo per riprendere gli attacchi, è il ciclo al quale assistiamo da fin troppi anni.