La lotta per la vita degli zapatisti, e contro il capitalismo

Un articolo tratto da ROAR Magazine, di John Holloway, tradotto per globalproject.info da Alessandro Pietro Tasselli. Una delegazione degli zapatisti sta salpando per l’Europa. Non per conquistarla, ma per connettersi e prendere per mano gli altri ribelli, unendosi alla loro battaglia. 

Autonomia & autorità

Nel nome delle donne, dei bambini, degli uomini, degli anziani e ovviamente di tutti gli altri Zapatisti, dichiaro che questa terra, che i nativi adesso chiamano “Europa”, sarà chiamata d’ora in poi SLUMIL K´AJXEMK´OP, che significa “Terra Ribelle”, o “Terra che non si arrende, che non viene meno”. E così sarà conosciuta dalle sue genti e dalle altre, finché qui ci sarà qualcuno che non si dà per vinto, che non tradisce i propri valori e che non china la testa. 

Queste sono le parole che, secondo SupGaleano, pronuncerà Marijosé una volta sbarcati su terra europea dopo aver attraversato l’oceano Atlantico su La Montaña, la nave che ha lasciato il Messico il 3 maggio e che dovrebbe approdare sulla costa spagnola a giugno. 

Marijosé è unə dei sette membri (quattro donne, due uomini e una persona transgender- “unoa otroa” nel lessico Zapatista) del 421 Squadron Zapatista che ha intrapreso un “Viaggio per la vita”. A loro si unirà poi un altro gruppo di Zapatisti che arriveranno in Europa in aereo: insieme viaggeranno in circa 30 diverse geografie europee. Questo sarà il primo di molti percorsi in cui gli Zapatisti hanno intenzione di unirsi ad altre lotte per la vita in tutti i continenti.

Che cosa meravigliosa e ridicola, surreale e brillante! Quanto è pazzamente bella!

Prendersi per mano per creare un futuro

Le parole di Marijosé sono una combinazione di umorismo, semplicità e profondità teorica che abbiamo iniziato ad associare agli Zapatisti fin dalla loro prima ribellione il primo gennaio del 1994. Al fine di lottare per quel tipo di vita ora tanto in pericolo, loro mettono il mondo sottosopra. Salpano nella direzione opposta di Colombo e dei conquistadores in modo da scoprire un mondo di ribelli. Non partono per trovare conquistatori e chiedere loro di scusarsi, ma vanno per trovare ribelli e unirsi alla loro battaglia. 

Non si parla di imperialismo o colonialismo, non c’è niente della consolidata tradizione di sinistra di imporre definizioni territoriali su antagonismi sociali, ma è qualcosa di molto più semplice, molto più diretto: i ribelli di una geografia si prendono per mano con i ribelli di un’altra. Perché questo è l’unico modo in cui possiamo creare un futuro. 

Un invito, allora, non tanto a mostrare solidarietà alle eroiche persone indigene del Chiapas(perché la nozione di solidarietà crea immediatamente una terza persona “loro”) ma a riconoscere e creare Slumil K’ajxemk’op, la terra ribelle spesso nota come Europa, una terra popolata da persone nate in molte geografie diverse. Una terra governata dal denaro, una terra che è parte dell’Impero del Denaro – la stessa forza malvagia che governa in tutti i continenti e ci trascina in un uragano di distruzione sempre più veloce. Una forza malvagia che governa ma non lo fa in modo assoluto, perché il continente europeo, come tutti i continenti, è una Terra Ribelle dove le persone non si arrendono, non si tradiscono, non si sottomettono. 

La ribellione prende molte forme, perché il denaro è un’idra dalle molte teste, ognuna con una diversa faccia del terrore. Ogni testa produce molti tipi di dolore, tutti quanti nostri in un modo o nell’altro, perché delle tante cose che ci uniscono nelle nostre differenze le prime due sono: “facciamo nostri i dolori del mondo: la violenza contro le donne, la persecuzione e l’odio per chi è diverso nella propria identità affettiva, emozionale e sessuale, la distruzione dell’infanzia, il genocidio contro i popoli Indigeni, il razzismo, il militarismo, lo sfruttamento, il saccheggio, la distruzione della natura.” E poi: “la consapevolezza che c’è un solo Sistema responsabile di questi dolori. Il carnefice è un sistema sfruttatore, patriarcale, piramidale, razzista, ladro e criminale: il capitalismo.” La Terra Ribelle è una terra di molte lotto contro le molteplici facce del mostro.

Il viaggio degli zapatisti è una mano tesa non a guidare ma a condividere. È tenersi le mani, è un flusso di energie reciproco, forse una scintilla. Uno scambio di esperienze distinte all’interno della lotta comune per uccidere l’idra. Imparare è insegnare, insegnare è imparare. Lo scambio non è improvvisato, ma è un rafforzamento di scambi che esistono da molti anni e che sono stati preparati molto attentamente da tante persone da quando gli zapatisti hanno annunciato i loro piani lo scorso ottobre.  

Ci sarà, ci dovrà essere, una mano protesa verso la loro, da tutti gli individui e gruppi che, come me, si sono innamorati di loro negli anni, dalla loro prima comparsa in scena. Ma ci sarà, ci dovrà essere, ancora di più. Si spera che questo folle viaggio toccherà anche chi non è uno dei “soliti sospetti” e vada oltre il mondo dell’attivismo. 

Un vulcano in attesa dell’eruzione 

Per ovvie ragioni, ci sono state poche grandi onde di protesta politica nell’anno passato, in Europa o nel resto del mondo. Ma c’è un’immensa sensazione di soffocamento, di frustrazione repressa. Non respiriamo. Probabilmente cresce il sentimento che il Sistema sta crollando, che il capitalismo non funziona. Forse non evolve in un’espressione politica chiara, o in un’espressione che riconosciamo come “nostra” in alcun senso, e probabilmente per la maggior parte delle persone la preoccupazione più grande al momento è tornare a qualche barlume di normalità, per quanto malsana quella normalità fosse. 

Eppure c’è una consapevolezza che il capitalismo è un sistema fallito. Attraverso la distruzione della biodiversità naturale, ha creato una pandemia che ha ucciso milioni e cambiato le abitudini di vita per quasi tutta la popolazione mondiale. Una pandemia che probabilmente sarà seguita da altre. La ricerca spasmodica del profitto da parte del capitalismo sta producendo un cambiamento climatico che già ha enormi conseguenze sulla vita umana e di così tante altre specie. 

Molti genitori ora presumono che i loro figli vivranno condizioni peggiori delle loro, e in effetti sono i giovani a soffrire le peggiori conseguenze del fallimento del sistema. 

C’è un mondo intero consapevole che il capitalismo è un fallimento, un mondo di persone che stanno perdendo fede nel sistema, un mondo di soffocamento e frustrazione. Un vulcano in attesa di eruttare? Chissà. Poiché vivo ai piedi di un vulcano, so che è difficile prevedere i tempi e i modi delle eruzioni. Ma la Colombia e ora la Palestina, entrambe proprio negli ultimi giorni, danno un’idea della enorme forza che le tensioni represse possono avere. 

C’è un senso di urgenza in tutto questo. Quando gli zapatisti insorsero il primo dell’anno del 1994, in Messico ci fu una enorme risposta di supporto, con grandissime dimostrazioni di piazza che forzarono il governo a fermare l’attacco militare sul movimento. Ma la grande onda di empatia non è stata abbastanza per abbattere lo stato e trasformare la società in Messico. Non si può non pensare che, se la risposta fosse stata maggiore, avrebbe potuto mettere un freno alla disintegrazione sociale che stava avendo luogo con centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani, uccise violentemente, più di centomila milioni di “scomparsi”, sempre più donne uccise in quanto donne ogni giorno.  

In Europa e nel resto del mondo c’è una crescente consapevolezza di quanto sottile sia la superficie della civilizzazione. “Le cosa cadono a pezzi; il centro non può tenere”: le famose parole di Yeats dalla sua poesia “La Seconda Venuta” sono citate sempre di più. Ma la civiltà non può essere salvata a partire dal centro. L’unico modo per creare una società “civilizzata” e socialmente accettabile è abolire il capitalismo e creare altri modi di vivere in riconoscimento reciproco. Bisogna fare in fretta, il tempo utile sta finendo.  

Un viaggio ridicolo 

Surreale? Certamente. Il surrealismo del viaggio degli zapatisti non è una decorazione, ma va al cuore delle loro politiche. Più e più volte gli zapatisti ci hanno sorpreso con le loro iniziative, ma forse questa è la più meravigliosa di tutte. In mezzo alla pandemia (e gli zapatisti sono hanno osservato rigorosamente le misure di precauzione, introducendole ancora prima del Messico e della maggior parte degli stati) e senza firmare contratti con Netflix, hanno creato una opera teatrale davvero sorprendente. Si sono presi l’oceano Atlantico come palco, prima di ripartirsi in circa trenta diverse geografie nel rinominato – certo non battezzato – continente di Slumil K´ajxemk’op.

Questo servirà a spingere il pensiero rivoluzionario fino a dove non era mai arrivato prima. Servirà a portare la battaglia per la vita e contro il capitalismo (perché del resto la battaglia per la vita deve essere una battaglia contro il capitalismo) a una nuova, surreale, dimensione. Il surrealismo è cruciale, perché distrugge la logica del capitale e del suo stato che trascina e trascina e trascina i nostri sogni di qualcosa di migliore nella riproduzione dello stesso sistema di morte.

Leggeteli, leggeteli, leggeteli! Leggete quello che stanno dicendo. Leggete le sei parti del testo che ha annunciato il loro folle viaggio, nell’ordine in cui sono uscite, dalla sesta alla prima. Leggete quello che stanno dicendo sul loro viaggio, guardate le loro foto e i loro video, la maggior parte dei quai può essere trovata su Enlace Zapatista, seguite i loro dibattiti sul viaggio su pagine come Communizar e ascoltateli.

** Pic Credit: Jerónimo Díaz

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