Pubblichiamo l’appello della Climate Justice Plateform in vista del Climate Camp a Milano che si svolgerà dal 30 settembre al 3 ottobre, nei giorni della Pre-COP sul clima. Il 12 settembre, sempre a Milano, ci sarà un’assemblea nella quale verrà presentato il programma del Climate Camp e dove verrà costruita anche la Climate March del 2 ottobre. A questo link si può prenotare il posto in campeggio. Per le adesioni scrivere alla pagina facebook della Climate Justice Plateform.
Tra il 27 settembre e il 2 ottobre si terranno a Milano alcuni appuntamenti preparatori alla COP26 di Glasgow. In 27 anni di esistenza, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici non è mai riuscita a imporre un netto cambio di rotta in termini di emissioni climalteranti e contrasto alla crisi climatica. Di fronte ai limiti della Conferenza delle Parti, abbiamo deciso di costruire uno spazio alternativo alla Youth COP e alla Pre-COP milanesi, un Climate Camp che si terrà a Milano dal 30 settembre al 3 ottobre. Per questo invitiamo tutte le realtà impegnate nella lotta politica, ecologica, transfemminista e per la giustizia sociale a farne parte e a contribuire alla costruzione della Climate March che proponiamo a Milano il 2 ottobre 2021. Per la costruzione di questa mobilitazione invitiamo tutt* all’assemblea pubblica del 12 settembre della Climate Justice Platform.
La nuova normalità in cui abbiamo imparato a vivere ha esacerbato vecchie disuguaglianze e ha cambiato il nostro modo di attraversare la realtà. Le nostre città si sono rivelate incapaci di fermare la pandemia in atto e quelle che verranno, perché senza alcun cambiamento strutturale ne verranno molte altre, come gli scienziati ci ripetono da 30 anni. La crisi umanitaria, che ha colpito in modo diverso le aree ricche e quelle povere del pianeta, è stata gestita cercando di proteggere prima di tutto l’economia e solo in secondo luogo la vita delle persone, alcune delle quali hanno continuato a lavorare ininterrottamente e con pochissime protezioni. Gli sviluppi di questa crisi hanno riconfermato che il benessere profondo delle persone, l’istruzione, la socialità e la salute mentale non rientrano tra le priorità del sistema in cui viviamo.
I governi hanno finto di ascoltare le richieste dei movimenti per la giustizia climatica, istituendo ad esempio in Italia il Ministero della transizione ecologica. Un Ministero che però non mette in discussione il modello di sviluppo capitalista, che continua a mettere al centro l’accumulazione di profitto anziché il benessere delle comunità.
Governi e aziende cercano consenso ricorrendo alla retorica della transizione che la crisi climatica ed ecologica rende necessaria. Questo “cambiamento”, guidato dalla finanza e dai governi, consegna nelle mani delle grandi corporation un mercato che affonda le radici in nuovi territori da depredare e popolazioni da affamare per non rallentare la produzione. Per noi, invece, “cambiamento” significa far cessare immediatamente il paradigma della crescita infinita, fatto di estrattivismo e dominio esercitati sui corpi e sui territori, di sopraffazione e speculazione, di lavoro di cura invisibilizzato imposto ai corpi delle donne.
La serie di incontri preparatori e la COP26 si terranno in una fase storica decisiva, durante una crisi economica e sociale di dimensioni globali, in un momento in cui si deciderà il futuro della vita sul pianeta.Negli ultimi trent’anni il dibattito si è concentrato quasi esclusivamente sulla limitazione del danno e spesso non si è giunti che alla firma condivisa di generiche dichiarazioni di intenti, a volte senza riuscire nemmeno ad arrivare a un accordo, invece che affrontare i problemi ecologici da un punto di vista strutturale. Nel frattempo le condizioni generali dell’ecosistema sono peggiorate enormemente e la finestra temporale in cui l’agire può generare effetti sensibili si restringe ogni giorno di più. I governi non hanno coscienza della gravità della crisi in cui siamo: abbiamo affidato la nostra vita a persone che non sono adatte a proteggerla.
Le rivendicazioni dei movimenti per la giustizia climatica devono essere intersezionali, accogliendo e facendo proprio il principio think global, act local: per questo la Climate Justice Platform ha lanciato e sta costruendo appuntamenti di condivisione e convergenza come il Climate Camp (30/09-03/10) e la costruzione del corteo della Climate March (02/10). Crediamo che dopo tutto ciò che è successo negli ultimi anni sia davvero impossibile proseguire sulla stessa linea e che si debba riconoscere che le COP, pur avendo una minima capacità decisionale data dalle sanzioni che prevedono, sono espressione di un mondo in cui il potere finanziario e lobbistico domina su quello istituzionale. Nel frattempo siamo arrivati a un limite che l’intero sistema non può superare. In Italia, nonostante i problemi portati alla luce dalla crisi climatica e da quella pandemica, il governo Draghi ha impostato l’intero Piano di Ripresa e Resilienza con l’obbiettivo di rilanciare l’estrattivismo, le grandi opere inutili e le produzioni industriali inquinanti. Mentre la Sardegna brucia e la provincia di Como è devastata dalle piogge anomale di questo luglio, la salvaguardia e la cura dei territori vengono nuovamente sacrificati sull’altare della crescita e del profitto. Continua ad essere portata avanti una gestione delle risorse criminale e violenta, mentre il ministro della “transizione ecologica” ha definito la stessa come un “bagno di sangue”, perpetrando la narrazione falsa della contrapposizione tra ambiente e lavoro. E mentre in Italia succede questo, il resto del mondo è anch’esso devastato da eventi atmosferici estremi, che sono destinati a inasprirsi sempre più.
La contraddizione tra capitale e vita è insanabile e ragionando con le stesse logiche che ci hanno condotto fin qui non è possibile trovare soluzioni.
Nell’ultimo decennio sono nate esperienze politiche nuove e globali, che seguono un dialogo costante nato tra le lotte per la decolonizzazione e per il superamento del patriarcato. Vorremmo cogliere questa occasione per dare vita a un momento largamente partecipato in cui si raccolga la saggezza collettiva, si confrontino idee e pratiche rivoluzionarie, analisi e esperienze di comunità, proposte di mutamento e pratiche quotidiane di liberazione dal sistema tossico di cui siamo tuttə vittime. Per questo invitiamo tutte le realtà impegnate nella lotta politica, ecologica, transfemminista e per la giustizia sociale a partecipare a questo appuntamento.
Mettere a disposizione uno spazio di discussione, confronto e azione come il Climate Camp, sentiamo sia un atto dovuto.