Oef *21 – Un mondo in fiamme e affamato: dalla crisi ambientale a quella alimentare. Il report del dibattito

Un dialogo a tutto tondo con il giornalista Stefano Liberti a partire dai libri “I signori del cibo. Viaggio nell’industria alimentare che distrugge il pianeta”, edito da Minimum Fax nel 2016, e “Terra bruciata. Come la crisi ambientale sta cambiando l’Italia e la nostra vita” pubblicato da Rizzoli lo scorso anno.Due emergenze, quella alimentare e climatica, strettamente collegate tra loro che nel concreto producono effetti drammatici anche nel nostro paese. Ha dialogato con lui Antonella Valer, docente ed esperta di economia alternativa.

Stefano Liberti, giornalista e scrittore, e Antonella Valer, docente ed esperta di economie alternative, hanno discusso su ambiente e cambio climatico durante l’ultima conferenza dell’Oef 21, domenica 12 settembre al Parco Santa Chiara di Trento, prendendo spunto da due libri di Liberti – “I signori delCibo” e l’ultimo “Terra Bruciata”, entrambi per i tipi di Minimum Fax: “Che fare, come cambiare?  – chiede la Valer riguardo la crisi ecologica e riscaldamento climatico – da dove cominciare?”. E porta ad esempio la pratica del bilancio famigliare, iniziata da un gruppo di famiglie negli anni ’90 e tutt’ora in corso, di cui lei ha fatto parte.

“Queste sono le domande che hanno ispirato “i signori del cibo” – racconta il giornalista – e che mi hanno fatto iniziare un viaggio incredibile attorno al mondo fra Cina, Africa, Stati Uniti e Puglia”.

“I signori del cibo” – appena ripubblicato e vincitore del premio Majella – è infatti un reportage puntuale che ha voluto seguire la filiera di quattro prodotti alimentari – la carne di maiale, la soia, il tonno in scatola e il pomodoro concentrato – e raccontare cosa produca la finanziarizzazione di un settore fondamentale per le nostre vite come quello alimentare, di fatto in mano a pochi marchi multinazionali che monopolizzano il mercato e distruggono terra e tessuti sociali. “Non credevo che avrei viaggiato così tanto – racconta Liberti – ma di fatto i nostri cibi percorrono distanze assurde”.

E spiega il triste periplo, ad esempio, del pomodoro: “Si parte dagli Uiguri, un popolo di musulmano che vive nella provincia cinese dello Xinjang, a forte vocazione – così ha deciso lo Stato – di coltura di pomodori. Frutti a bassissimo prezzo e qualità, basati sullo sfruttamento della manodopera, arrivano infine a Salerno dalla San Marzano, da dove poi, con un bel marchio Made in Italy, finisce ancora in Ghana”. Dal Ghana torna da noi – sfruttata e schiavizzata, quella mano d’opera dei ghetti del foggiano, costituita proprio da quei contadini e pescatori che in Africa non hanno più lavoro:”E qui si chiude il cerchio della globalizzazione e del grande capitale alimentare: è proprio il contadino ghanese a raccogliere quel pomodoro che sarà esportato nel suo paese azzerandone la produzione agricola locale e costringendo i suoi fratelli a raggiungerlo nel ghetto pugliese”.

“Ormai la consapevolezza riguardo al cambiamento climatico è però diffusa”, lo interroga Antonella Valer: “Abbiamo sempre pensato agli effetti dell’innalzamento della temperatura come qualcosa di lontano – le risponde Liberti – ma viaggiando per l’Italia possono dire che ormai non è più così: l’aumento delle medie stagionali di almeno due gradi, l’arrivo di specie insettivore aliene, le catastrofi, sono sotto gli occhi di tutti, ma abbiamo un meccanismo di sublimazione, di allontanamento del problema, che non ci fa rendere conto di come stiano realmente le cose. Ecco perché ho deciso di raccogliere soprattutto storie: si allevatori, apicoltori, contadini, che stanno provando quotidianamente ad adattarsi”.

Anche dal pubblico si obbietta la mancanza di un’informazione netta su queste questioni: ”Il giornalismo ha responsabilità forti perché non racconta abbastanza quello che sta succedendo anche in Italia in tema di crisi ambientale. Ma è soprattutto la politica inadeguata che scontiamo”.

L’Italia – come si evince in particolare dal libro presentato all’Oef21, “Terra Bruciata” – dà un polso importante per ciò che concerne il riscaldamento globale e le tragedie ad esso connesse, perché è un hot spot naturale: “Il nostro clima è pesantemente mutato anche per l’impressionante consumo di suolo che scontiamo, il più alto d’Europa con 2 metri ogni secondo che vengono cementificati”, sottolinea infine l’autore, che ricorda anche la tragedia di Vaia in Trentino. “Abbiamo responsabilità come consumatori, attivisti, operatori dell’informazione, perché il rischio è finire come la rana bollita: se viene buttata subito nell’acqua calda, la rana scappa subito. Ma riscaldare piano piano l’acqua, la induce ad abituarsi, fintanto che non avrà più la forza di andarsene e morirà”, termina Liberti.

Ovvie le connessioni con il tema pandemico e lo sfruttamento degli ecosistemi, con conseguente diffusione di virus e zoonosi, ma anche l’indebolimento dello Stato sociale connesso direttamente alla logica del mercato, che inquina leggi e democrazie ed abitua le persone a non occuparsi più del bene comune e della collettività, intesa come congiunto di esseri viventi ed ambiente.

Con le riflessioni sulle crisi ambientali ed alimentari, che per tutta la durata dell’ottava edizione dell’OltrEconomia festival di Trento si sono intrecciate con laboratori, incontri ed appuntamenti di piazza – come la prossima PreCop 26 di Milano – si è chiusa una tre giorni che hanno messo al centro il confronto e l’azione necessari per affrontare con maggio re consapevolezza la pandemia in corso e i conflitti ad essa connessi; ma soprattutto, provare a fare parte del cambiamento necessario, partecipando alla costruzione di “AltriMondi possibili”, così come il titolo dell’Oef di quest’anno.

Il video completo del dibattito

** Pic Credit: Pietro Cappelletti

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