L’insorgenza della pandemia di Covid-19 ha scoperchiato e frantumato definitivamente il vaso di pandora sull’impatto dell’attività antropica sul vivente. Un virus strettamente collegato alla voracità del capitalismo che si riproduce attraverso la distruzione selvaggia della biodiversità, usando e abusando di corpi animali umani e non, depredando risorse e accumulando profitti. Il sistema capitalista dopo il Covid continua a preparare il terreno per l’insorgenza di nuove pandemie, per questo è necessario riflettere, a partire dalla pandemia che si è abbattuta sulle nostre vite da due anni a questa parte, sul asimmetrico rapporto tra essere umano e le altre specie viventi.
Silvio Paone, esperto di microbiologia, malattie infettive e sanità pubblica, riprende i concetti chiave di zoonosi e spillover, per spiegare come sia stato possibile per un virus svilupparsi in maniera così capillare in così poco tempo.
Perchè i pipistrelli?
Il termine zoonosi definisce qualsiasi malattia infettiva che da un animale non umano in cui dispone la propria riserva si trasferisce in un essere umano, in un processo definito spillover.
Le zoonosi che hanno caratterizzato la storia dell’umanità, soprattutto a partire negli ultimi decenni sono state molte. Per quanto riguarda il Coronavirus, il primo spillover è avvenuto a cavallo tra il 2002 e il 2003, in seguito, dieci anni dopo si è verificato il Mers per arrivare all’ultima mutazione, tuttora in corso. La riserva naturale del patogeno è custodita nei pipistrelli e la facilità di trasmissione con l’essere umano si spiega da una parte con la sua vicinanza evolutiva, essendo entrambi mammiferi, ma anche nei comportamenti dell’animale. I pipistrelli vivono infatti in grandi colonie, si spostano facilmente, raggiungendo spesso ambienti urbanizzati e si nutrono altrettanto spesso di frutti di cui si nutrono gli stessi esseri umani.
Innaturalmente naturale
La zoonosi, quanto lo spillover tra specie è un fenomeno del tutto naturale, come è naturale la trasmissione contraria, da umano ad animale, come è avvenuto per i visoni di allevamento. Quello che non è e non deve essere scontato è invece l’aumento della frequenza del fenomeno.
Le cause ecologiche degli spillover negli ultimi anni sono evidenti.
Dal 1940 al 2005 le malattie emergenti sono state associate a fattori di carattere ambientale, in particolare nel cambiamento dell’utilizzo dei terreni, dall’agricoltura intensiva, implementazione dell’industria del cibo. La riduzione della biodiversità è stata associata ad un aumento propulsivo del fenomeno dello spillover: quando si va a compromettere un ecosistema si distrugge quell’equilibrio che gli ha permesso di preservare quegli animali riserva di patogeni impedendo loro di diventare preponderanti. Quando si verifica una qualche forma di estinzione, queste specie possono invece emergere. I modelli per un’estinzione di massa coincidono con l’intensificarsi delle attività economiche e capitalistiche. Le variabili che possono provocarla sono molte ma la sesta attualmente in atto affonda le radici nel mantra della crescita economica che si traduce in depauperamento delle risorse e intrusione dell’uomo in ambienti selvatici.
Non è un caso
I santuari della biodiversità si trovano nelle zone più sfruttate del pianeta. La relazione tra attività antropiche e spillover è evidente e coincidono con i luoghi più sfruttati del pianeta e in cui vi è allo stesso tempo la maggiore concentrazione di biodiversità.
Il non governo del rischio
Si ritiene che siano due gli approcci principali per affrontare un rischio pandemico. Da un lato troviamo la prevenzione, che si traduce con la sorveglianza dei patogeni circolanti nelle popolazioni animali e il controllo delle stesse, dall’altra con la cosiddetta preparedness ovvero la capacità di agire quando un rischio pandemico si è già palesato con un adeguamento del Sistema sanitario a prova di pandemia, assieme a una corretta informazione nonché disponibilità di vaccini. Tuttavia, da nessuna parte si parla di agire sulle cause di carattere ecologico che causano zoonosi e spillover, una cosa grave e ingenua dal momento che la pandemia era, come si è visto, del tutto prevedibile.
La maggior parte delle zone individuate a rischio spillover sono i cosiddetti paesi di sviluppo in cui la crescita rapida e vorace a cui si punta e che si concretizza con un urbanizzazione rapida, attraverso la creazione di infrastrutture e allevamenti vicini ad ambienti storicamente illibati, come foreste ed ecosistemi selvatici.
In Brasile la deforestazione e la costruzione di autostrade in mezzo alla foresta pluviale ha contribuito a rafforzare la malaria, che si dava ormai per sconfitta. Al di là del rischio pandemico, conclude Paone, è sotto gli occhi di tutti che la nuova normalità sia quella di una perenne esposizione delle società umane a rischi di carattere catastrofico che provengono dalla natura, dalla desertificazione agli tsunami al dissesto idrogeologico.
Una storia di capitalismo
Per capire a pieno la storia del capitalismo e del rapporto tra l’essere umano e le altre specie, Chiara Stefanoni, ricercatrice ed esperta di Critical Animal Studies, a partire dalla pandemia generata da zoonosi, ripercorre la lunga e tragica storia dell’assoggettamento animale su scala industriale funzionale all’accumulazione capitalistica.
Il termine zoonosi viene coniato in Germania intorno alla metà dell 800 per riferirsi genericamente a malattia animale o malattia animale nell’umano. lo studio di questa connessione non ha vita facile è un’indagine che è stata a lungo rallentata da quella serie di dispositivi materiali e discorsivi generati dallo specismo stesso, ossia l’impossibilità di riconoscere una condivisione, una comunanza tra umano e animale. Lo specismo come insieme di dispositivi e materiali discorsi non solo impedisce di mettere in relazioni malattie umane e animali, ma crea le condizioni per zoonosi e spillover. Queste barriere concettuali nel riconoscere una somiglianza e un passaggio causale di malattie tra animali umani e non umani sia stata abbattuta con le scoperte delle connessioni tra tubercolosi bovina e umana, la cui fonte principale del contagio il cibarsi di un animale infetto. Proprio la carne a metà 800 diventa punto cruciale per la società capitalistica dell’epoca, quando tutte le società cominciano a vivere quello che è stato definito dai commentatori dell’epoca un conflitto tra salute e ricchezza, ovvero la concretizzazione della tendenza strutturale del capitalismo alla crisi della riproduzione sociale. La contraddizione dell’imperativo dei processi di valorizzazione da una parte e le necessità della riproduzione sociale vengono a scontrarsi. In questa epoca di conflitto, definito come una crisi energetica, gli umani umani intesi come forze lavoro erano schiacciati nelle fabbriche senza tutela, una minaccia all’accumulazione di umani necessari all’accumulazione di capitale. Centrale per provare a risolvere il conflitto il rapporto con gli animali e l’alimentazione carnea.
La nascita della scienza della nutrizione come sapere biochimico che nasce in quegli anni, diventa l’elemento fondante di una progressiva nutrizionalizzazione del sistema alimentare. La nutrizione diventa unicamente interessante per gli apporti energetici che può fornire alla forza lavoro. L’isolamento delle competenti nutrizionali (proteine, lipidi carboidrati…) vengono visti come input di energia e output di lavoro. Non è un caso che nasca con l’isolamento delle proteine, che aveva individuato la sua funzione per la crescita. Le proteine di origine animali, come acceleranti della crescita e conferitore di vigore diventa il nutriente maestro della dieta occidentale L’imperativo che veniva era mangiare carne e mangiarne di più rispetto a quanto si facesse prima. Non era soddisfacibile in quel contesto, in cui la macellazione era frammentata su basi domestici o sistemi dislocate, non esisteva uno spazio riconoscibile ed esclusivamente dedicato all’uccisione degli animali a scopi alimentari.
L’avvento del macello industriale e meccanizzato si colloca in questo frangente mettendo in atto la netta separazione tra umano e animale che prima popolava la città. L’umano resta nella città, salvaguardato per garantire l’accumulazione di capitale, e nei mattatoi gli animali riprodotti e sterminati per il medesimo scopo.
La centralizzazione della vita animale nei mattatoi fosse pensato al problema della riproduzione sociale capitalistici e salvaguardia della popolazione umana, la ferita carne non può essere vista come una mera configurazione storica di un fenomeno biologico o naturalistico di sopravvivenza bensì a una crisi riproduttiva specifica.
Pericolosi dualismi
Per l’attivista e politologo Aldo Sottofattori non ci sono dubbi: i nostri comportamenti creano pandemia, modificano il clima e provocano effetti di ritorno preoccupanti. Ma perchè, si chiede, la specie umana è caratterizzata da questo fervore distruttivo?
Il primo di natura prettamente culturale, spiegabile con il concetto di antropocentrismo. Il secondo ha natura più propriamente biologica e ha a che fare con il potenziale logico simbolico linguistico di cui l’essere umano è dotato. L’antropocentrismo ha assunto una concezione disincarnata dell’essere umano, c’è una frattura dell’essere umano partito dal dualismo mente e corpo tipicamente religiosa ma accettata anche dal mondo più laico, un’ossessione di vederci come un qualcosa che non appartiene alla natura ha cominciato a separarci e considerarci qualcosa di ontologicamente diverso da tutto il resto con la natura ridotta a mero serbatoio da cui attingere. Il trasferimento di questa visione distorta si trasferisce anche in altre accoppiate di dualismi, come il cosiddetto rapporto uomo-natura. Dal momento che utilizzo questa definizione metto già in atto una separazione scivolosa, considerando la seconda come qualcosa al di fuori di noi, la stessa cosa vale per il dualismo uomo-animale, necessario a sua volta per circoscrivere un campo funzionale a rafforzare il centralismo umano.
La natura è in realtà composta da uno scrigno, che chiamiamo stock di cui gli essere viventi possono nutrirsi. Per milioni di anni c’è stato un equilibrio ma con lo sviluppo delle tecnologie deprediamo un patrimonio che non dovrebbe essere toccato. Si è aperta un’autentica frattura nel metabolismo della vita.
La questione dell’antropocentrismo e del potenziale distruttivo dell’essere umano non si erano mai realmente poste nel passato, erano manifestazione dell’essere umano che non potevano essere dall’essere umano ma oggi siamo in un momento di cesura, la natura batte pesantemente la nostra porte ma le élite mondiali, ancora alimentate da una retorica eroica dell’essere umano, pensano di riuscire ancora a governare tali rimostranze.
Ogni giorno che il mostro del capitalismo continua a vivere è un danno enorme, va sconfitto ma va considerato al contempo come l’ultima stazione di una via crucis che si genera dal momento in cui l’essere umano si appropria di tecnologie, che fanno parte della nostra natura, fanno parte del nostro essere ma necessitano di essere governate. Bisogna stare attenti nel progettare di costruire una società post capitalistica che incorra negli stessi errori dettati dall’antropocentrismo, continuando a porre l’essere umano al di fuori del suo concetto naturale. Bisogna liberarci dal concetto di essere umano come amministratore buono della natura: la natura si amministra da sola, dobbiamo solo evitare di danneggiarla. Le conseguenze delle nostre azioni sono irreversibili, non è tempo di essere ottimisti: l’ipotesi migliore è che vivremo una vita difficile portando il gioco di un’eredità maledetta che un essere umano ci ha consegnato. Bisogna cominciare al contempo a unificarsi, costruire contropotere ma con la consapevolezza che viviamo un mondo complesso e stratificato che va smontato pezzetto per pezzetto in un’operazione delicatissima, avere delle capacità politiche di offrire alternative e una ricostruzione della società secondo criteri diversi. Un mondo alternativo, gli “altri mondi possibili”, devono essere costruiti e questo implica organizzazione assieme a soggetti politici adeguati.
Il video completo del dibattito
** Pic Credit: Pietro Cappelletti