«Siamo estremamente soddisfatti della grandissima partecipazione che c’è stata alla manifestazione a Roma e guardiamo con conforto anche a tutte le altre città italiane che hanno visto migliaia di persone sfilare in corteo e protestare pacificamente»: così commenta Gian Marco Capitani, uno degli organizzatori della manifestazione che si è tenuta sabato 25 settembre a Roma per ribadire «l’assoluta urgenza di revocare un provvedimento liberticida come il certificato verde».
«Di fronte a una così vasta adesione ci ha fatto sorridere l’imbarazzo con cui i media mainstream hanno parlato di queste manifestazioni – prosegue Capitani – c’è chi ha parlato di “qualche centinaio di persone in sit-in” o chi ha addirittura puntato tutto sull’annuncio di infiltrazioni di estrema destra inventandosi che parlavano dal palco. Noi siamo ben consapevoli del tentativo di strumentalizzazione di questo movimento di protesta da parte delle destre estreme e anche nell’occasione del 25 settembre abbiamo tenuto ai margini chi pur si è presentato pensando di mettersi in mostra».
«Ci ha fatto poi grande piacere l’intervento del vicequestore di Roma, con le sue parole ha dimostrato grande senso dello Stato, a differenza di quelle di chi l’ha censurata – prosegue Capitani – Ci sono milioni di persone che non accettano questa sopraffazione e che vogliono oggi ricostruire una democrazia vera dalle macerie che il governo vuole consegnarci. Vogliamo vedere nuovamente riconosciuti diritti e libertà sanciti dalla Costituzione, nel rispetto pieno delle persone».
La dirigente della polizia di Stato intervenuta sul palco sabato 25 settembre è Nunzia Alessandra Schilirò che ha tenuto subito a sottolineare: «Sono qui come libera cittadina per esercitare i miei diritti sanciti dalla Costituzione».
«Il momento storico che stiamo vivendo è di una gravità senza precedenti e a chi dice che manifestare è inutile io rispondo che manifestare è come denunciare un delitto: se lo fai hai qualche possibilità di uscire dall’ingiustizia, se non lo fai hai già perso perché ti sei arreso. La disobbedienza civile è un dovere sacro quando lo Stato diventa dispotico».
«Sono qui per ricordare a tutti che esiste chi pensa in modo diverso dal pensiero dominante e ha lo stesso diritto di tutti gli altri di esprimersi – ha aggiunto la vicequestore – La Costituzione tutela tutte le minoranze, e spesso le minoranze hanno avuto coraggio di fare ciò che era giusto, non ciò che era più conveniente. Io ho scelto di non cedere a questa tessera di discriminazione, incompatibile con la nostra Costituzione; nessun diritto può essere subordinato al possesso di un certificato, che peraltro non ha eguali come severità in altri paesi e che non poggia su basi scientifiche».
«Esiste un virus pericolosissimo e potentissimo che si chiama paura, che genera odio, divisioni sociali, stupide etichette – ha proseguito – Tutti insieme dobbiamo superare questa paura. Che senso ha una vita senza libertà e senza dignità?». E ancora: «Ricordo a tutte le forze dell’ordine che noi abbiamo giurato sulla Costituzione, che è ancora in vigore. A chi ci dice che noi siamo chiamati a far rispettare le leggi io rispondo che sì, è vero, ma questo green pass è illegittimo. Uniamoci tutti per chiederne la revoca».
È stato anche letto dal palco il messaggio di Giorgio Agamben, che non ha potuto essere presente.
«L’Italia, come laboratorio politico dell’Occidente, in cui si elaborano in anticipo nella loro forma estrema le strategie dei poteri dominanti, è oggi un paese socialmente e politicamente in sfacelo, in cui una tirannide senza scrupoli e decisa a tutto si è alleata con una massa in preda a un terrore pseudoreligioso, pronta a sacrificare non soltanto quelle che si chiamavano un tempo libertà costituzionali, ma persino ogni calore e ogni vicinanza nelle relazioni umane» ha scritto Agamben. «Credere infatti che il greenpass significhi il ritorno alla normalità è davvero ingenuo. Così come si impone già un terzo vaccino, se ne imporranno dei nuovi e si dichiareranno nuove situazioni di emergenza e nuove zone rosse finché il governo e i poteri che esso esprime lo giudicherà utile. E a farne le spese saranno in primis proprio coloro che hanno incautamente obbedito. Che cosa fare in queste condizioni? Certo, ogni possibile strumento di resistenza immediata e ogni manifestazione di dissenso come quella che sta avvenendo in questa piazza resta importante. Ma credo che in una prospettiva storica più ampia e in una situazione in cui dobbiamo aspettarci che il modello delle democrazie costituzionali sarà messo durevolmente da parte, occorra qualcosa di più che la manifestazione del proprio dissenso. Più urgente e più essenziale è che i dissidenti pensino a creare qualcosa come una società nella società, una comunità degli amici e dei vicini dentro la società dell’inimicizia e della distanza. Qualcuno ha detto che negli anni a venire ci saranno solo monaci o delinquenti. Anche senza prendere alla lettera questa diagnosi, io credo che sarà necessaria qualcosa come una nuova clandestinità, che dovrà rendersi il più possibile autonoma dalle istituzioni e permettere al dissenso di trasformarsi in una forma di vita. Le forme di questa clandestinità andranno di volta in volta meditate e sperimentate, ma solo esse potranno garantire l’umana sopravvivenza in un mondo che si è votato a una più o meno consapevole autodistruzione».
QUI il video dell’intervento del vicequestore alla manifestazione di Roma