Riotta VS Riot

di Nico Maccentelli

Non entrerò nel merito di tutte le scemenze che Gianni Riotta ha scritto nel suo “dotto” articolo di ieri l’altro su La Repubblica: “Sinistra radicale e green pass un legame pericoloso”, dove cita i Wuming e il sottoscritto. Non merita neppure una risposta. L’unica osservazione che mi viene da fare in questo mio intervento a titolo personale, è che il mio accenno a Mosca, che Riotta menziona, è palesemente falso, dato che non ho mai parlato della Russia di Putin nei miei articoli, in particolare in quello menzionato dai Wuming e ripreso dal Riotta. 

Ma si sa, i nemici dell’Occidente vengono sempre messi in unico calderone e dall’alto delle loro tribune queste penne strapagate possono raccontarci anche che Cristo è morto dal freddo, così come la Lamorgese, ministra degli interni, può dire in Parlamento che il poliziotto infiltrato tra i manifestanti a Roma stava collaudando le sospensioni del blindato.

Fatta questa doverosa precisazione, voglio cogliere l’occasione per affrontare due punti che emergono dagli sproloqui del Riotta: l’antiscientificità della “sinistra radicale” e la sua pericolosità se associata al movimento no green pass.

Chi sostiene il maistream vaccinale sarebbe depositario della scienza infusa e chi critica questo approccio sarebbe invece antiscientifico? Così come la solita sinistra antagonista? In realtà vero è il  contrario e questi giornalisti alla Riotta, Mentana e compagnia bella sembrano diventati degli imbonitori di elisir miracolosi da farwest.

Poliziotto mentre verifica l’oscillazione del blindato con la supercazzola prematurata come fosse antani

In questi mesi, infatti, abbiamo visto come la scienza sia diventata ancor di più un soggetto economico rilevante al servizio di interessi dominanti. Persino uno dei massimi esponenti della grande borghesia statunitense, Robert Kennedy jr, è intervenuto per svelare il vero complotto, la vera manovra a dir poco criminale attuata nei confronti di intere popolazioni. L’intervista che gli ha fatto Giletti su La7 è stata illuminante. Siamo in presenza di una scienza che diviene il suo contrario, un dogma, una religione che nessuno può mettere in discussione, che viene veicolata con una campagna messianica, fanatica, ossessiva che azzera ogni voce critica, anche la più autorevole. I talebani del vaccino. E chi dissente viene criminalizzato.

Con l’inizio della pandemia e la gestione che ne hanno fatto due governi, abbiamo avuto un ulteriore imbarbarimento della democraiza stessa, o meglio: di ciò che ne restava dopo anni di Parlamento svuotato delle sue funzioni, inciuci, super esecutivi decisionisti in un autoritarismo montante.

Un astensionismo mai visto così stratosferico dovrebbe allarmare chi ha a cuore la democrazia, basata sula partecipazione popolare alla politica. E invece assistiamo alle dichiarazioni trionfali di politici “di sinistra” come il segretario del PD Enrico Letta, che esulta per i successi di Roma e Torino. A questa classe politica sta bene questa situazione, perché in questo modo nessuno arriverà a disturbare il manovratore se non altro in ambito istituzionale. E poi non c’è nessuno nella classe politica che voglia riconoscere e collegare questo astensionismo a una vera e propria rivolta sociale che sta animando le piazze italiane da mesi. Tanto qualsiasi cosa tu faccia, il governo non ascolta, il governo va avanti col suo ruolino di marcia.

Qualcuno ha usato un termine che ritengo molto appropriato: Draghistan. E il batustan italiano del capitale multinazionale è da sempre un suo laboratorio. Quindi personaggi come Riotta devono solo darci una visione edulcorata se non oscurata di quanto sta avvenendo.

Al comando del paese (comando è il termine più appropriato) è stato chiamato uno dei massimi esponenti della nomenklatura internazionale della finanza, uno degli uomini più fedeli del sistema Europa, che doveva portare a termine il compito lasciato a metà da un Conte meno ferreo e affidabile. La coalizione doveva prendere dentro tutta la partitocrazia e avere una falsa opposizione esterna come i fascisti, per obbedire ai dettami dei burocrati della UE. Chi meglio di Draghi?

Già sin dai primi tempi della gestione pandemica si era capito che l’emergenzialismo non aveva nulla di sanitario, tra mezzi di trasporto pieni zeppi nelle ore di punta, aziende prive di sicurezza e di controlli, il tutto condito con il terrorismo mediatico che colpevolizzava gli inadempienti, in tandem con l’azione poliziesca che sanzionava i cittadini pescati a girare col cane in pieno coprifuoco. Un’Italia arlecchino demenziale che ha macinato morti in tachipirina e vigile attesa, in attesa del grande business dei vaccini. Nulla doveva disturbare il ruolino di marcia degli uomini in conflitto di interessi, messi ai posti giusti dalle multinazionali del farmaco. Qualsiasi approccio terapeutico alternativo è stato semplicemente cassato e boicottato dai vertici corrotti della “scienza” ufficiale e del governo. Altrimenti come si poteva autorizzare in emergenza i vaccini?

Un giorno, nel ricostruire questi fatti, se le future generazioni vivranno in una vera democrazia, sarà doverosa una Norimberga.

Si è capito subito che a essere colpiti da misure contraddittorie, che spesso poco o nulla avevano a che vedere con la profilassi sanitaria erano i lavoratori/trici, costretti a lavorare in condizioni di insicurezza, senza controlli, le piccole attività commerciali e artigianali che non avevano la forza di sostenere i costi delle fermate e degli orari contingentati dai coprifuoco. Le misure governative a sostegno sono state del tutto insufficienti sia per i salariati che per le attività. Ho già analizzato in contributi precedenti queste tendenza che è ascrivibile sostanzialmente a due grandi processi economici: la concentrazione di capitali e la ristrutturazione capitalistica a favore delle filiere del grande capitale, che per esempio col delivery prendevano non solo quote di mercato ma anche il controllo dei processi di circolazione delle merci e di erogazione dei servizi. Questi due processi sono sintetizzati nel concept di distruzione creatrice di Draghi, una sorta di selezione della aziende utili e “sane” da quelle obsolete e non funzionali alle filiere, in cui si inserisce perfettamente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che non prevede alcun sostegno né alla popolazione, né allo stato sociale, nella misura in cui questi non siano funzionali i cicli di produzione e circolazione di capitali.

Per articolare questi processi, l’esecutivo di governo che è espressione di questi interessi dominanti del capitale finanziario e monopolistico, doveva piegare ulteriormente il mondo del lavoro nella sua complessità a questi desiderata e aumentare la soglia di controllo sociale utilizzando i livelli tecnologici raggiunti.

Quindi, il ragionamento di Agamben che rovescia la questione: non è il green pass a essere funzionale alla vaccinazione, ma è la vaccinazione come espediente a essere funzionale al progetto autoritario, quindi a un primo importante tassello come il green pass, è sostanzialmente azzeccato.

Il green pass è un dispositivo autoritario che impone l’obbligo vaccinale di fatto, lasciando sulla carta la “libera scelta” per non far pagare allo Stato le conseguenze degli effetti collaterali, di cui ancora non abbiamo nemmeno una vaga idea. È dunque qualcosa di ignobile, vigliacco, un abuso di potere sui cittadini, l’espressione dell’arroganza a cui è arrivato un regime politico al soldo di potenti lobbies private. Tutto questo milioni di persone, vaccinati e non, l’hanno capito e vivono il green pass proprio come un abuso di potere, come l’ingresso in un orrido tunnel che ha stravolto la vita di tutti e da dove non si vede l’uscita. Ma Riotta vive nel mondo della fate e gli basta definire scienza questo abominio. E partecipa attivamente alla grande menzogna, al dividi et impera tra pro e contro pass, pro e contro vaccini, questo sì arma di distrazione di massa. Sin dal mio primo intervento, a luglio, vado sostenendo che non è questo il punto, i vaccini, non è la strada terapeutica, ma il salto autoritario che un potere classista, di ristretti circoli borghesi, esercita in un’emergenza permanente con la scusa della pandemia.

È di questi giorni la manovra del governo. In un paese di oltre 6 milioni di poveri (1), la risposta è l’aumento delle bollette di luce e gas, la “ridefinizione” del reddito di cittadinanza verso un taglio drastico e una più difficile possibilità di ottenerlo e di condizioni per mantenerlo in essere, il taglio dell’assegno di invalidità se hai un reddito anche da fame, la “riforma” dell’estimo catastale che prelude a una bella tassa sulla prima casa, e via così. Non va dunque dimenticato che l’attacco ai diritti sociali e sul lavoro è organico all’intero pacchetto neoliberista, a questo ero e proprio massacro sociale. Per cui s c’era qualcuno che pensava che la lotta contro il green pass fosse il ribellismo edonista di qualche appassionato cultore della ristorazione, ebbene questo qualcuno ha pensato proprio male, perché il contesto riassume tutta la sofferenza sociale diffusa nel paese., imposta con dei diktat autoritari che di sanitario non hanno nulla ma che palesemente esprimono una prova di forza da parte del comando statale su tutta la popolazione, a partire da chi non ci sta a subire.

Ed è in questa stretta autoritaria che si inserisce un vasto movimento di massa che giuste o sbagliate che siano la miriade di visioni sulla pandemia di cui è contenitore, in sintesi rappresenta oggi una forma variegata ma potente di resistenza popolare a questa dinamica reazionaria e liberticida. E visto che sotto attacco e la messa in discussione dei rapporti economici e sociali del paese sono più strati sociali, è evidente che è la borghesia ad avere assunto sul piano ideologico la visione dominante del movimento stesso. Anche il piccolo capitale sta subendo il reset economico imposto dalla grande borghesia oligarchica della finanza e delle multinazionali.

Questo non toglie che quella parte sociale salariata, che ricopre una posizione sociale ed economica decisiva: la classe operaia, non stia dimostrando in queste ultime settimane nell’ambito del movimento no green pass la sua forza materiale e sociale nel corso del conflitto di classe. È il caso dei lavoratori della logistica, che del resto sono da anni in prima linea nello scontro capitale/lavoro: uno scontro duro, che vede arresti, violenze poliziesche, denunce e che ha i suoi morti nelle vertenze come Abdel Salam e Adil. Il capitale e lo Stato sanno bene infatti che l’attacco alla circolazione delle merci va a toccare quell’aspetto di cui il capitale stesso è più sensibile: i profitti, la realizzazione del plusvalore nella fase della circolazione, il mondo dei consumi.

SOGGETTIVAZIONE operaia e popolare… Un’esponente del coordinamento No Green pass di Trieste su La7: “… stiamo portando avanti una scintilla che sta esplodendo, abbiamo bloccato un porto per giorni, abbiamo fatto un danno all’economia enorme…”

La lotta dei portuali a partire da Trieste segue la stessa dinamica ed è questo che ha preoccupato il governo, le associazioni padronali e i sindacati concertativi. L’attacco poliziesco violento di lunedì 18 contro il presidio pacifico di lavoratori, che faceva addirittura passare chiunque volesse lavorare, la sinistra di lotta e il sindacalismo di base lo conoscono bene, non è una novità. Ma a maggior ragione il messaggio del governo e dei sindacati socialfascisti venduti arriva forte e chiaro: non tollereranno alcun impedimento ai cicli di produzione e circolazione del capitale, non permetteranno alcuna rottura con l’ordine esistente che prima che politico e ideologico è economico.

Dunque, ha poca importanza la cifra ideologica della soggettività che si esprime ai fini della decisione di essere interni a un movimento che ha questa qualità conflittuale nei confronti dello Stato e del capitale. Quello che è importante è stare nella contraddizione e orientare il movimento sui contenuti politici antagonisti, di classe e socialisti. Esattamente quello che gruppi dirigenti della sinistra di classe non hanno fatto. Riotta lo capisce, certe anime candide e puriste no. Niente politica rivoluzionaria dunque (2).

Nello scontro sociale in atto cosa sta accadendo? Che una punta avanzata della classe operaia ha preso la direzione dello scontro, introducendo spontaneamente, senza marxismo, un concetto fondamentale: o tutti o nessuno, o tutto o niente. I portuali di Trieste hanno rifiutato la corsia preferenziale dei tamponi gratuiti perché ritenuta discriminatoria rispetto a tutti gli altri lavoratori. Questo mentre c’erano puristi che disquisivano sul pope Gapon di turno, sul sindacato FISI su risi e bisi, chi ci sta dietro e menate utili solo a restarsene fuori.

E qui si entra nel secondo punto, che poi è quello centrale e che dà il titolo all’articolo di Riotta.

Come tutti gli scagnozzi borghesi, anche il Riotta ha il fiuto di capire da dove provenga il vero pericolo per il sistema di potere che si è incardinato nelle istituzioni del paese. La saldatura tra le istanze espresse dal sindacalismo di base e dalle realtà politiche della sinistra rivoluzionaria con questo movimento, avrebbe dato un’impronta coscientemente anticapitalistica allo scontro sociale. La lotta per l’egemonia sarebbe stata incerta, ma la presenza dei comunisti, organizzati con intelligenza nel movimento, avrebbe prodotto un salto qualitativo al conflitto sociale.

La borghesia imperialista questo lo sa bene, ma al momento sembra che possa dormire tra due guanciali poiché non c’è nulla di tutto ciò. Per il momento…

Tuttavia noi non possiamo sapere se e come questo conflitto sociale continuerà. Ma certamente la soluzione per vaste masse popolari alle loro condizioni di precarietà, di discriminazione al lavoro e a una vita sociale, di accesso a cure adeguate con la sanità pubblica e all’istruzione, in un quadro di impoverimento generale del paese è il riot, la rivolta sociale. Che sia a gatto selvaggio, sfruttando ossia la sospensione dal lavoro imposta con il green pass o lo sciopero generale, non ci sono altre strade per contrastare il progetto di regime e andare a incidere sui rapporti di forza. La vera strada è stata aperta non da dei marxisti, da dei sistematici della rivoluzione, ma da dei portuali, dei lavoratori. E su questo dovremmo imparare e molto.

Riotta ha mostrato la sua preoccupazione per il riot, che è quella del capitale e dei governanti. Ed è ora che in Italia avvenga proprio questo: una rivolta sociale generalizzata perché le classi dominati ci stanno togliendo sempre di più diritti sociali e sul lavoro, spazi democratici, servizi del welfare pubblico. E continueranno a farlo se restiamo fermi e ci limitiamo a delle innocue sfilate.

Riotta e quelli come lui devono indorarci la pillola. Questo sistema di potere sta svuotando la stessa democrazia borghese come un cucchiaio fa con un uovo alla coque, lasciandone il guscio, il vuoto involucro. Impadronendosi poi di concetti come  “antifascismo”, svuotato anch’esso del suo valore primario di antiautoritarismo. Così una democrazia inesistente diviene nuova forma di fascismo operante per gli interessi e le politiche di un capitalismo che sta vivendo la sua stessa democrazia borghese come un orpello. La gestione pandemica ci insegna questo.

Riot contro Riotta è blocco totale, è ribellione contro il senso dominante e le campagne da fanatismo orwelliano imposte dal mainstream, è rivolta negli spazi e nei modi che il comando impone dal lavoro al territorio, è rendere ingovernabile lo stato di cose presente, finché questi signori non arriveranno a più miti consigli e anche oltre. È lotta di classe per ottenere salario, reddito e una vita dignitosa, ma soprattutto per inquadrare il conflitto sociale in una prospettiva di potere politico da parte delle classi subalterne e di rivoluzione socialista che spazzi via un sistema economico-sociale che oltre a essere profondamente ingiusto, vorace e liberticida, ha dimostrato di non essere all’altezza dei grandi problemi che affliggono l’umanità intera. Di essere proprio lui, il capitalismo, il vero problema.

Ancora una volta è il Movimento NoTav(3) a centrare la questione con alcune semplici ma efficaci considerazioni (non ci vuole molto a capire, se ci si toglie gli spessi occhiali del moralismo politico che lancia strali se la piazza non è a modino):

«… non abbiamo dubbi nel dire, che delle piazze di Trieste, ci ha colpito il carattere popolare delle iniziative e la varietà di soggettività che si sono ritrovate a condividere quelle strade in un contesto di rivendicazione di un diritto necessario, come quello al lavoro, visto che la vita che ci viene offerta è ormai impiccata alla corda delle ingenti spese quotidiane. Un crogiolo variegato che, in barba ad apparati precostituiti e istituzioni dai lunghi tentacoli, ha saputo esprimersi e darsi dei linguaggi che hanno colto nel segno, inserendosi in un percorso di lotta sociale che, prima o poi, era chiaro sarebbe esploso.

Quella piazza, forse più di altre, fa paura ai nostri cari politici per tutto quello che porta con sé e proprio per dare prova di forza e dimostrare che uno dei suoi obiettivi primari sia quello di lavorare indisturbato, sono state messe in atto le forme di repressione del dissenso che ben conosciamo qui in Valsusa: il presidio davanti al porto di Trieste è stato sgomberato con violenza dalle forze dell’ordine in tenuta antisommossa che hanno utilizzato manganelli, idranti e lacrimogeni.

Il malcontento diffuso su più fronti apre a delle possibilità di riconquista di quegli spazi di libertà necessari per chiamare davvero “vita” quello che facciamo tutti i giorni.»

Nelle prossime settimane vorrei vedere nei sabati di resistenza popolare le bandiere rosse e i cartelli di una sinistra di classe e rivoluzionaria che si riscatta dal rimbambimento iniziale. Ma so che al momento sarà difficile.

NOTE:

1) https://coniarerivolta.org/2021/10/20/aumentano-i-poveri-e-il-governo-attacca-il-reddito-di-cittadinanza/

2) Riporto un post di Emilio Quadrelli, che tra tutte le considerazioni che ho letto in questo periodo, mi sembra la più pertinente e azzeccata riguardo l’atteggiamento che i comunisti, i leninisti, devono tenere di fronte ai movimenti di massa:

“Ammettiamo pure, anche solo come semplice ipotesi di scuola, che quanto sta andano in scena intorno al Green Pass sia frutto di un radicalismo di destra che sta conquistando quote non proprio irrilevanti di masse subalterne. Un movimento che, pur con tutte le tare del caso, possiamo considerare affine alle SA. Tutti sanno che furono proprio le SA a svolgere un ruolo determinante nell’ascesa del nazismo al potere. Gran parte delle SA erano ex operai comunisti, disoccupati e piccola borghesia declassata. Il loro “credo” si sintetizzava in una mitica “rivoluzione del popolo” sicuramente senza costrutto e prospettiva ma tanto bastò per farli battere con non poca determinazione. Furono loro, infatti, che distrussero le scarne forme organizzate di resistenza comunista e socialdemocratica e consegnarono la Germania a Hitler. Certo, dietro a loro, si muovevano altre forze di ben altra natura le quali, non per caso, una volta conquistato il potere si liberarono manu militari di questi imbarazzanti compagni di strada. “La notte dei lunghi coltelli” pose fine alle SA e alla fantasiosa “rivoluzione del popolo”. Queste cose, immagino, siano note a tutti. Quanto andato in scena fu un fulmine a ciel sereno oppure, in ciò, una qualche non secondaria responsabilità deve essere attribuita al movimento operaio comunista e socialdemocratico. Tutto ciò era così inimmaginabile? Nessuno aveva compreso cosa avrebbe comportato il radicalismo di destra di non secondarie masse di subalterni? No. Qualcuno lo aveva compreso e non si trattava proprio di un personaggio di poco conto. Dimitrov era il capo dell’Internazionale Comunista e nel podio del movimento comunista si posizionava al secondo posto a pochi millimetri da Stalin. Dimitrov rimproverò, e non proprio in maniera leggera, ai comunisti tedeschi l’incapacità di interagire con la multiforme realtà che le SA e i gruppi affini rappresentavano in virtù di un atteggiamento snobistico e intellettualizzato. Oggi diremmo radical chic. Dimitrov rimproverò ai comunisti tedeschi il non intervento nelle situazioni di massa o il farlo in maniera intellettualistica. Con non poca ironia,se non ricordo male, fece anche l’esempio in cui, di fronte a una assemblea di disoccupati, l’oratore comunista si dilungò in una dotta esposizione in merito alla caduta tendenziale del saggio medio di profitto. Dimitrov, sulla scia di Lenin e della sua nota asserzione sul carattere spurio e contraddittorio dei movimenti di massa (in fondo il 1905 “nasce” a opera di Gapon), raccomandò e spronò i comunisti tedeschi a stare dentro la contraddizione. Su ciò i quadri comunisti tedeschi fecero per lo più orecchie da mercante con il risultato che quote sempre più ampie della base operaia comunista, che aveva bisogno di azione e non di proclami, transitarono verso le SA o gruppi a queste coevi. Allora, se quanto sta andando in scena, ha qualche attinenza con ciò è più sensato reiterare l’esempio dei comunisti tedeschi o fare proprie le indicazioni di Dimitrov?”

3) https://www.notav.info/post/a-trieste-si-respira-aria-di-lotta-sociale/

Condividi questo contenuto...

Lascia un commento