Moderna: l’azienda “che aveva bisogno di un miracolo”

Whitney Webb
unlimitedhangout.com

Chi analizza la crisi della COVID-19 e i suoi effetti si concentra soprattutto su come la sua natura dirompente abbia portato a grandi cambiamenti e a ricalibrazioni nella società e in tutta l’economia. Tale perturbazione si è anche prestata ad una varietà di programmi che, per essere realizzati, avevano bisogno un evento che causasse un potenziale “reset.” Nel caso dell’industria dei vaccini, la COVID-19 ha portato a cambiamenti drammatici nel modo in cui le agenzie federali gestiscono l’approvazione di contromisure mediche durante una crisi dichiarata, su come vengono condotte le prove per i candidati vaccini, su come il pubblico percepisce la vaccinazione e persino su come viene definito il termine “vaccino.”

Tali cambiamenti, anche se ovvi, hanno provocato lodi da parte di alcuni e aspre critiche da parte di altri, con quest’ultima categoria ampiamente censurata dal discorso pubblico in televisione, sulla stampa e online.

Tuttavia, analizzando obiettivamente questi cambiamenti sistemici, è chiaro che la maggior parte di queste modifiche nello sviluppo dei vaccini e nella politica vaccinatoria favoriscono drammaticamente la velocità e lo sviluppo di tecnologie nuove e sperimentali a spese della sicurezza e di studi approfonditi. Nel caso dei vaccini, si può sostenere che nessuno ha beneficiato di questi cambiamenti più degli stessi sviluppatori dei vaccini COVID-19, in particolare la società farmaceutica e biotecnologica Moderna. Moderna: un’azienda “che aveva bisogno di un’Ave Maria.”

Non solo la crisi COVID-19 ha cancellato gli ostacoli che avevano precedentemente impedito a Moderna di portare un singolo prodotto sul mercato, ma ha anche drammaticamente invertito le sorti dell’azienda.

Infatti, dal 2016 fino alla comparsa della COVID-19, Moderna era a malapena riuscita a sopravvivere, visto che stava perdendo ad un ritmo allarmante dirigenti chiave, talenti di alto livello e investitori importanti. Le forze principali che la tenevano a galla erano essenzialmente la promessa di Moderna di “rivoluzionare” la medicina e le notevoli capacità imprenditoriali e di raccolta fondi del massimo dirigente della società, Stéphane Bancel. Negli anni precedenti la crisi COVID-19, le promesse di Moderna – nonostante gli sforzi di Bancel – si erano dimostrate sempre più vuote, in quanto la propensione di lunga data dell’azienda per l’estrema segretezza aveva fatto sì che – nonostante quasi un decennio di attività – non fosse mai stata in grado di dimostrare in modo definitivo di poter realizzare quella “rivoluzione” che, secondo le continue rassicurazioni agli investitori, sarebbe stata proprio dietro l’angolo.

Questo stato di cose era aggravato da grossi problemi con i brevetti detenuti da un concorrente ostile che minacciava la capacità di Moderna di realizzare un profitto su qualsiasi cosa fosse stata in grado di portare sul mercato, così come da grosse criticità con il suo sistema di consegna dell’mRNA, che aveva costretto l’azienda ad abbandonare ogni trattamento che richiedesse più di una somministrazione, a causa di problemi di tossicità. Quest’ultimo punto, anche se oggi in gran parte dimenticato e/o ignorato dai media, dovrebbe essere un argomento importante nel dibattito sui richiami dei vaccini COVID-19, dato che non c’è ancora alcuna prova che Moderna abbia mai risolto il problema della tossicità, tipico dei prodotti multi-dose.

In questa prima puntata di una serie in due parti, viene discussa in dettaglio la terribile situazione in cui si trovava Moderna immediatamente prima dell’emergere della COVID-19, rivelando che Moderna – quasi come la ormai caduta in disgrazia Theranos – era da tempo un castello di carte, con valutazioni alle stelle completamente scollegate dalla realtà. La seconda parte esplorerà come quella realtà sarebbe crollata nel 2020 o 2021 se non fosse stato per l’avvento della crisi COVID-19 e la successiva partnership di Moderna con il governo degli Stati Uniti e le decisamente insolite procedure che avevano caratterizzato lo sviluppo e l’approvazione del suo vaccino. Nonostante l’emergere di dati del mondo reale che mettono in dubbio le affermazioni sulla sicurezza e l’efficacia del vaccino COVID-19 di Moderna, la dose di richiamo del Moderna è stata approvata in fretta e furia da diversi governi, mentre altri hanno recentemente vietato l’uso del vaccino nei giovani adulti e negli adolescenti a causa di problemi di sicurezza.

Come dimostrerà questa serie in due parti, i problemi di sicurezza di Moderna erano ben noti anche prima della crisi COVID, ma erano stati ignorati dalle autorità sanitarie e dai media durante la crisi stessa. Inoltre, per evitare il collasso, Moderna deve comunque continuare a vendere il suo vaccino COVID-19 per gli anni a venire.

In altre parole, senza l’approvazione del suo richiamo, che ha causato grandi controversie anche tra i più alti funzionari del Paese che si occupano di vaccini, Moderna avrebbe dovuto affrontare una massiccia resa dei conti finanziaria. Anche se la crisi della COVID-19 ha gettato un salvagente all’azienda, perché il salvataggio abbia davvero successo, la somministrazione del suo vaccino COVID-19, in cui il governo americano ha investito quasi 6 miliardi di dollari, dovrà continuare anche nel prossimo futuro. Altrimenti, un’azienda che ora vale 126,7 miliardi di dollari, con importanti investimenti da parte del governo degli Stati Uniti, dell’esercito americano e con legami con gli individui più ricchi del mondo, si sgretolerà in breve tempo.

Una nuova Theranos?

Nel settembre 2016, Damian Garde, il reporter nazionale sulle biotecnologie di STAT un media online che si occupa di problemi sanitari, aveva scritto un lungo pezzo sull’”ego, l’ambizione e le turbolenze” che caratterizzavano “una delle startup più segrete della biotecnologia.” L’articolo si concentrava su Moderna, un’azienda che era stata fondata nel 2010 per commercializzare la ricerca del biologo cellulare del Boston Children’s Hospital, Derrick Rossi. Lo sforzo di realizzare un profitto con la creazione di Moderna, che aveva coinvolto Bob Langer, un controverso scienziato e stretto collaboratore di Bill Gates, e la Flagship Ventures (ora Flagship Pioneering) con sede a Cambridge, Massachusetts, era iniziato subito dopo la pubblicazione da parte di Rossi di un lavoro sulla capacità dell’RNA modificato di trasformare le cellule cutanee in tipi diversi di tessuto.

Tra il momento della fondazione di Moderna e l’indagine di Garde del 2016, l’interesse intorno alla ricerca di Rossi e al suo potenziale di creare scoperte mediche era già scemato, così come la possibilità di arricchire gli investitori. Nonostante la collaborazione con giganti farmaceutici come AstraZeneca e la raccolta di cifre record in finanziamenti, sei anni dopo la sua fondazione Moderna non aveva ancora immesso alcun prodotto sul mercato, e, come aveva rivelato STAT, “Il caustico ambiente di lavoro della società” aveva portato ad una continua emorragia di talenti di alto livello, anche se poco dei suoi conflitti interni era noto al pubblico a causa della “sua ossessione per la segretezza.” La cosa più preoccupante per l’azienda quell’anno, tuttavia, era che Moderna sembrava aver “incontrato ostacoli con i suoi progetti più ambiziosi.”

Il CEO di Moderna, Stéphane Bancel

A parte gli ostacoli scientifici incontrati da Moderna, un importante “blocco” per l’azienda, secondo Garde, altri non era che Stéphane Bancel, l’amministratore delegato di Moderna, attualmente ancora a capo dell’azienda. Secondo Garde, Bancel era stato al centro di molte controversie aziendali causate, in parte, dalla sua “incrollabile convinzione che la scienza di Moderna avrebbe funzionato e che i dipendenti che non ‘vivevano la missione’ non avevano posto nella società.” Tra il 2012 e il 2016, Bancel era stato presumibilmente un fattore chiave nelle dimissioni di almeno una dozzina di “dirigenti di alto livello,” compresi quelli che avevano diretto la pipeline dei prodotti Moderna, progetti di vaccino compresi.

Bancel, prima di entrare in Moderna, aveva trascorso gran parte della sua carriera nel settore vendite e operazioni, non in un ambito scientifico, facendosi un nome nel gigante farmaceutico Eli Lilly prima di andare a dirigere una società di diagnostica francese chiamata bioMérieux. Le sue prestazioni in bioMérieux, così come la sua ambizione, avevano attirato l’attenzione di Flagship Ventures, cofondatore e principale investitore di Moderna, che lo aveva fatto entrare nell’azienda che avrebbe poi guidato.

Anche senza un background in mRNA e nella scienza alla base del suo uso terapeutico, Bancel si era riscattato diventando il venditore per eccellenza di Moderna. Sotto la sua guida, Moderna era diventata “riluttante a pubblicare i suoi risultati su Science o su Nature, ma entusiasta di annunciare il suo potenziale sulla CNBC e sulla CNN.”

In altre parole, sotto Bancel, l’azienda aveva iniziato a promuovere la sua scienza attraverso la pubblicità sui media e con PR,  piuttosto che pubblicando dati reali o prove scientifiche. Quando, nel 2016, due dei suoi candidati vaccini erano entrati nella fase 1 della sperimentazione umana (test che, alla fine, non erano neppure stati terminati), la società si era rifiutata di menzionarli nel registro pubblico federale, il ClinicalTrials.gov.

La decisione di non elencarli, che si discosta dalla normale pratica dei concorrenti di Moderna e di altre aziende produttrici di vaccini più tradizionali, significava che le informazioni sulla sicurezza di questi candidati vaccini non sarebbero probabilmente mai state disponibili al pubblico dopo la conclusione della sperimentazione. Moderna si era anche rifiutata di rivelare quali malattie questi vaccini fossero destinati a prevenire.

Tale segretezza era diventata una caratteristica distintiva di Moderna dopo che Bancel ne aveva preso il timone, e, nel 2016, all’epoca della pubblicazione dell’articolo su STAT, la società non aveva ancora pubblicato alcun dato “a sostegno della sua vantata tecnologia.” Agli addetti ai lavori e agli investitori che avevano impegnato milioni nella società era stata concesso di dare solo “una sbirciatina” ai dati aziendali. Secondo gli ex scienziati di Moderna citati da STAT, l’azienda era “un caso di vestiti nuovi dell’imperatore.” Gli ex dipendenti avevano inoltre dichiarato che Bancel, in realtà, “gestiva una società di investimenti…. con la speranza di poter poi sviluppare anche un farmaco di successo.”

Forse è per questo che Bancel era stato ritenuto il miglior dirigente per guidare Moderna. Da venditore ambizioso a capo di un’azienda altamente sopravvalutata, avrebbe dato la priorità all’immagine della società e al settore finanziario, indipendentemente da qualsiasi problema scientifico l’azienda si fosse trovata ad affrontare. Forse è stato per questo motivo che Bancel, secondo gli ex dipendenti, “aveva reso chiaro [fin dall’inizio] che la scienza di Moderna doveva semplicemente funzionare. E che chiunque non fosse stato in grado di farla funzionare non poteva farne parte.”

Come aveva fatto notare STAT nel 2016, le persone che avevano il compito di far funzionare “la scienza” erano quelle che si erano dimesse più frequentemente, cosa che aveva portato Moderna a perdere due capi della sezione chimica in un solo anno, subito seguiti dalle dimissioni del direttore scientifico e del capo della produzione. Molti alti dirigenti, compresi i capi delle branche di ricerca sul cancro e delle malattie rare, erano durati meno di diciotto mesi nelle rispettive posizioni. Queste brusche dimissioni non si erano verificate esclusivamente nelle posizioni esecutive di Moderna relative ad incarichi scientifici, avevano riguardato anche il direttore dei servizi informatici e i dirigenti finanziari. Bancel, alla fine, per quanto riguardava il mantenimento dei dipendenti, aveva chiesto consiglio ai dipartimenti delle risorse umane di Facebook, Google e Netflix.

Particolarmente significative erano state le brusche e misteriose dimissioni del capo della ricerca e sviluppo di Moderna, Joseph Bolen, dopo circa due anni nella società. All’epoca, una fonte all’interno dell’azienda aveva rivelato a STAT che l’unica ragione per cui Bolen si sarebbe dimesso era se “ci fosse stato qualcosa di sbagliato nella scienza o nel personale.” In altre parole, Bolen si era dimesso perché la scienza alla base della massiccia valutazione di Moderna non era all’altezza della pubblicità o perchè Bancel lo aveva costretto ad andarsene, con l’ulteriore possibilità che entrambe le ipotesi fossero corrette.

All’epoca, le indiscrezioni avevano puntato il dito contro Bancel, anche se non è chiaro perché fosse emersa questa spaccatura tra i due. Bancel aveva affermato di aver cercato di convincere Bolen a rimanere, anche se c’erano state affermazioni contrastanti da parte di dipendenti anonimi sul fatto che Bolen si sarebbe “autoescluso dall’isola.”

Qualunque fosse stata la vera causa delle dimissioni del capo della R & S, questa non aveva fatto altro che aumentare le voci sul funzionamento interno di Moderna e sulla sua capacità di mantenere la promessa di “rivoluzionare” la medicina. Rivela anche qualche somiglianza in più tra Moderna e l’ormai caduta in disgrazia Theranos. Theranos, il cui ex massimo dirigente, Elizabeth Holmes, è ora sotto processo per frode, era nota per la sua estrema cultura della segretezza, in nome della quale teneva all’oscuro [delle politiche societarie] gli investitori e i partner commerciali, costringeva a firmare accordi di non divulgazione a tutti coloro che entravano in contatto con l’azienda e manteneva “sigillati” i dipendenti attraverso una metodica di lavoro estremamente compartimentalizzata.

Come Moderna, Theranos era stata lodata come rivoluzionaria e pronta a “cambiare per sempre l’industria sanitaria.” Allo stesso modo, il suo massimo dirigente non aveva alcuna esperienza professionale in campo sanitario o scientifico, entrambi avevano licenziato o costretto alle dimissioni i dipendenti che non erano d’accordo con la loro politica o non erano in grado di fornire risultati “positivi.” Entrambe le aziende non erano riuscite a pubblicare sulle riviste specializzate neanche una prova sul fatto che la scienza alla base di società dal valore multimiliardario fosse qualcosa in più di una semplice fantasia o di una ben articolata tecnica di vendita.

Probabilmente, la differenza più importante tra Moderna e Theranos è che Moderna, i cui numerosi problemi erano venuti alla luce solo dopo il crollo di Theranos, non ha mai dovuto affrontare lo stesso grado di scrutinio da parte del governo degli Stati Uniti o dei giornalisti investigativi tradizionali. Ci sono molte ragioni possibili per questo, compresa la stretta relazione di Moderna con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, tramite la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) o la preoccupazione che, dopo il caso Theranos, una indagine nei confronti di Moderna avrebbe coinvolto tutte le azienda operanti al confine tra la Silicon Valley e l’industria sanitaria. Tuttavia, per Moderna una tale resa dei conti sarebbe stata probabilmente inevitabile se non fosse stato per la crisi della COVID-19, che non avrebbe potuto arrivare in un momento più opportuno per l’azienda.

Nel “software” di Moderna appaiono dei bug

Molti dei problemi di Moderna identificati da Garde nel 2016 avevano continuato ad affliggere l’azienda fino all’inizio della crisi COVID-19. Il più importante di questi era la lotta di Moderna per dimostrare l’efficacia e la sicurezza della sua tecnologia. Le preoccupazioni sulla sicurezza e sull’efficacia dei prodotti dell’azienda, di pubblico dominio fin dal 2017, erano evaporate durante l’ondata di panico relativa alla COVID-19 e la simultanea corsa alla “massima velocità” per un vaccino che avrebbe “messo fine alla pandemia.” Eppure, ci sono poche prove, se non nessuna, che queste preoccupazioni, una volta riconosciute, erano state affrontate prima dell’autorizzazione del governo degli Stati Uniti per l’uso di emergenza del vaccino COVID-19 di Moderna e del suo utilizzo in molti paesi del mondo. Al contrario, ci sono prove che queste preoccupazioni erano state coperte sia prima che durante lo sviluppo del vaccino.

La sede di Moderna a Cambridge, Massachusetts

I rapporti emersi nel gennaio 2017 avevano notato che Moderna aveva “incontrato problemi di sicurezza preoccupanti con la sua terapia più ambiziosa” e che la società “ora si basava su una nuova e misteriosa tecnologia per rimanere a galla.” La “terapia più ambiziosa” in questione era destinata a trattare la sindrome di Crigler-Najjar e “doveva essere la prima terapia a far uso di una nuova e audace tecnologia che, secono la promessa di Bancel, avrebbe prodotto decine di farmaci nel prossimo decennio.” Bancel aveva specificamente usato la terapia per la Crigler-Najjar come un importante punto di forza nei confronti degli investitori, in particolare nel 2016, quando l’aveva propagandata alla JP Morgan Healthcare Conference.

Tuttavia, alcuni dipendenti di Alexion, la società che co-sviluppava il farmaco con Moderna, nel 2017 avevano vuotato il sacco, rivelando che il progetto “non si era mai dimostrato abbastanza sicuro da essere testato sugli esseri umani” e che il fallimento di questa terapia e la piattaforma tecnologica che [l’azienda] stava cercando di utilizzare erano i fattori che avevano spinto Moderna ad abbandonare quella classe di terapie farmacologiche che, per anni, aveva giustificato la sua ottima valutazione e aveva attirato centinaia di milioni di dollari degli investitori.

A seguito di questo problema con la terapia per la Crigler-Najjar, i media avevano affermato che Moderna ora “avrebbe avuto bisogno di un miracolo” per impedire la caduta libera della sua valutazione e la fuga degli investitori. La persistenza dei problemi notati per la prima volta nell’indagine STAT del 2016, come la mancata pubblicazione da parte di Moderna di dati significativi a sostegno della sua tecnologia mRNA, non aveva fatto che esacerbare la posizione sempre più precaria dell’azienda. Infatti, non molto tempo prima dell’indefinito dilazionamento della terapia per la Crigler-Najjar, Bancel aveva respinto le critiche sulla [mancata] promessa di Moderna, dipingendo la tecnologia mRNA come un modo semplice per sviluppare rapidamente nuovi trattamenti per tutta una serie di malattie.

Aveva dichiarato che “l’mRNA è come un software: si può semplicemente girare la manovella e ottenere un sacco di prodotti da sviluppare.” Se fosse veramente così facile, perché l’azienda, in quasi sette anni, non aveva introdotto sul mercato neanche un prodotto e perché il suo progetto più propagandato aveva incontrato tali ostacoli? Chiaramente, in linea con la metafora del “software” di Bancel, la tecnologia di Moderna aveva incontrato dei bug, bug potenzialmente ineliminabili.

Si era poi scoperto che la terapia farmacologica per la Crigler-Najjar, su cui Moderna aveva scommesso così pesantemente, era fallita a causa del sistema di consegna delle nanoparticelle lipidiche utilizzate per la veicolazione dell’mRNA all’interno delle cellule. La Crigler-Najjar era stata scelta come patologia ideale perché gli scienziati di Moderna avevano ritenuto che fosse “il frutto più facile da raccogliere.” In primo luogo, la sindrome è causata da un difetto genetico specifico, in secondo luogo, l’organo bersaglio, il fegato, è tra i più facili da raggiungere con le nanoparticelle e, in terzo luogo e cosa più importante per l’azienda, il trattamento della malattia con mRNA richiederebbe dosi frequenti, garantendo un reddito costante per la società. Quindi, considerati i primi due motivi che avevano fatto focalizzare l’attenzione dell’azienda sulla Crigler-Najjar, se Moderna non era riuscita a sviluppare una cura per quella patologia, significava che non sarebbe stata in grado di mettere a punto una terapia per altre condizioni che, per esempio, fossero causate da difetti genetici multipli o che coinvolgessero più organi o organi più resistenti ai trattamenti basati su nanoparticelle. In altre parole, il fatto che “Moderna non fosse riuscita a far funzionare la sua terapia [per la Crigler-Najjar]” implicava che tutte le terapie per quella classe [di patologie] avrebbero potuto, anch’esse, non funzionare.

Infatti, i rapporti dei media sul rinvio a tempo indeterminato di questa particolare terapia avevano fatto notare che “il ritardo indefinito del progetto Crigler-Najjar [di Moderna] è un segnale di gravi persistenti preoccupazione sulla sicurezza di qualsiasi trattamento mRNA che richieda una consegna in dosi multiple.” Questo problema avrebbe presto portato Moderna a perseguire solo trattamenti somministrabili in singola dose, questo fino alla comparsa della COVID-19 e del dibattito sul richiamo del vaccino COVID-19. Vale anche la pena ricordare che, a causa dell’estrema rarità della sindrome di Crigler-Najjar, anche se Moderna fosse riuscita a portare sul mercato con successo questo genere di terapia, ben difficilmente questa avrebbe portato abbastanza soldi da sostenere la società.

Il problema specifico che Moderna aveva incontrato nel trattamento della Crigler-Najjar era legato al sistema di consegna delle nanoparticelle lipidiche. Secondo gli ex dipendenti di Moderna e i loro collaboratori di Alexion, “la dose sicura era troppo bassa e, negli studi sugli animali, le somministrazioni ripetute di una dose abbastanza forte da essere efficace avevano avuto effetti preoccupanti sul fegato [l’organo bersaglio di questa particolare terapia].”  Secondo i rapporti dell’epoca, sembra che questo fosse un problema che Moderna aveva già incontrato con il suo sistema di consegna delle nanoparticelle anche in altri casi. Secondo STAT, il sistema di consegna impiegato da Moderna “creava costantemente sfide scoraggianti: dosi troppo basse e non si ottieneva abbastanza enzima per alterare il corso della malattia, dosi troppo alte e il farmaco era eccessivamente tossico per i pazienti.”

Moderna aveva tentato di compensare la cattiva pubblicità sul ritardo della terapia per la Crigler-Najjar affermando di aver sviluppato un nuovo sistema di consegna delle nanoparticelle chiamato V1GL che “avrebbe consegnato l’mRNA in modo più sicuro.” Le affermazioni erano arrivate un mese dopo che Bancel aveva propagandato a Forbes un altro sistema di consegna, chiamato N1GL. In quell’intervista a Forbes, Bancel aveva dichiarato che il sistema di consegna da loro utilizzato, concesso in licenza da Acuitas, “non era molto valido” e che Moderna avrebbe “cessato di usare la tecnologia Acuitas per i nuovi farmaci.” Tuttavia, come si vedrà in dettaglio in questo articolo e nella sua seconda parte, sembra che Moderna abbia continuato a fare affidamento sulla tecnologia concessa in licenza da Acuitas nei vaccini successivi e in altri progetti, compreso il vaccino COVID-19.

All’epoca, gli ex dipendenti di Moderna e quelli vicini allo sviluppo del prodotto si erano detti dubbiosi del fatto che questi nuovi e presumibilmente più sicuri sistemi di consegna delle nanoparticelle potessero ribaltare la situazione. Secondo tre ex dipendenti e collaboratori vicini al processo, che avevano parlato a STAT mantenendo l’anonimato, Moderna da tempo “stava cercando di mettere a punto nuove tecnologie di consegna, nella speranza di arrivare a qualcosa di più sicuro di quello che aveva.” Secondo tutti gli intervistati “N1GL e V1GL erano scoperte molto recenti, solo nelle prime fasi di test oppure nomi nuovi per tecnologie che Moderna possedeva da anni.” Tutti avevano parlato in forma anonima perchè avevano firmato con l’azienda accordi di non divulgazione, accordi che venivano applicati in modo aggressivo.

Un ex dipendente, commentando la presunta promessa di N1GL e V1GL, aveva dichiarato che queste piattaforme “dovrebbero essere miracolose, una sorta di intervento divino, per consentire all’azienda di rispettare le scadenze. . . . O [Bancel] è estremamente fiducioso che funzionerà, o sta diventando un po’ nervoso perchè, vista la mancanza di progressi, ha bisogno di tirar fuori qualcosa.”

Stephen Hoge, presidente di Moderna, e Melissa Moore, CSO di Moderna per la ricerca di piattaforma. Fonte: Moderna

Sembra che quegli ex dipendenti che credevano che N1GL e V1GL fossero solo nuovi nomi per una tecnologia esistente e che Bancel stesse lodando eccessivamente le sue promesse avessero ragione, visto che Moderna sembra essere tornata al travagliato sistema di consegna tramite nanoparticelle lipidiche che aveva preso in licenza da Acuitas per le altre terapie, compreso il suo vaccino COVID-19. Come si vedrà in questo articolo e nella seconda parte di questa serie, non c’è alcuna prova che Moderna sia mai stata miracolata quando si trattava di acquisire i diritti o sviluppare un sistema di consegna dell’mRNA che fosse sicuro.

Oltre alle tanto sbandierate dichiarazioni che N1GL e V1GL sarebbero stati trattamenti più sicuri, Moderna aveva anche promesso di creare “nuove e migliori formulazioni” per la terapia della Crigler-Najjar che, in un secondo momento, avrebbero potuto anche arrivare agli studi sull’uomo. Questo aveva aiutato a rintuzzare le critiche, ma solo per poche settimane. Un mese dopo la divulgazione al pubblico dei problemi con la terapia per la Crigler-Najjar, il capo della divisione oncologica di Moderna, Stephen Kesley, aveva lasciato la società. Questo proprio mentre Moderna si stava preparando alla prima sperimentazione umana di una terapia oncologica, che aveva costretto “un gruppodi dirigenti senior con poca esperienza nello sviluppo di farmaci a determinare il futuro dell’azienda proprio nel medesimo campo.” Poche settimane prima della partenza di Kesley, nel tentativo di corteggiare nuovi investitori, Bancel aveva audacemente affermato alla JP Morgan Healthcare Conference, tenutasi nel gennaio 2017 a San Francisco, che l’oncologia sarebbe stata la “prossima grande opportunità di Moderna dopo i vaccini.”

Lo stesso mese della partenza di Kesley, Moderna era riuscita ad attirare l’attenzione dei media, questa volta in senso positivo, perché, per la prima volta, aveva divulgato i suoi dati in una rivista peer-reviewed. Su Cell, i suoi scienziati avevano pubblicato i dati di una sperimentazione animale per il suo candidato vaccino per la Zika, che aveva dimostrato di essere efficace e sicuro negli esperimenti condotti sui topi. Anche se i risultati di una sperimentazione animale non si traducono necessariamente in risultati equivalenti negli esseri umani, quelli otttenuti erano stati ritenuti di “buon auspicio” per la prevista sperimentazione clinica umana di Moderna di quel candidato vaccino. Inoltre, i risultati erano simili a quelli della sperimentazione animale pubblicati un mese prima da BioNTech, un concorrente di Moderna, per il suo candidato vaccino mRNA per la Zika.

Tuttavia, per Moderna, la notizia positiva era stata smorzata da una sentenza negativa su una controversia legale, sentenza che avrebbe minacciato la capacità di Moderna di realizzare un profitto con il vaccino Zika o con qualsiasi altro vaccino mRNA che avesse sviluppato in futuro, una minaccia che i concorrenti di Moderna, come BioNTech, non avevano dovuto affrontare. Quella sentenza, discussa in dettaglio più avanti in questo articolo, limitava notevolmente l’uso da parte di Moderna del sistema di rilascio di nanoparticelle lipidiche concesso in licenza da Acuitas e minacciava direttamente la capacità dell’azienda di creare un prodotto a scopo di lucro utilizzando la proprietà intellettuale legata ai relativi brevetti. Avrebbe anche dato il via ad una disputa legale della durata di anni e questo, in più occasioni, aveva fatto capire che le promesse [dei nuovi sistemi di consegna] V1GL e N1GL erano completamente inventate o molto esagerate, come avevano dichiarato gli ex dipendenti e gli ex collaboratori di Moderna.

Non molto tempo dopo, nel luglio 2017, Moderna era stata oggeto di altre critiche da parte della stampa, quando il suo partner nel progetto Crigler-Najjar, Alexion, aveva completamente rescisso i legami con l’azienda. Moderna aveva minimizzato la decisione di Alexion affermando di aver acquisito “ampie conoscenze” che le avrebbero permesso di continuare a sviluppare da sola la tanto travagliata terapia. Tuttavia, la decisione di Alexion era arrivata in un momento inopportuno per l’azienda, dato che, due settimane prima, uno dei principali investitori di Moderna aveva ridotto la sua valutazione della società di quasi 2 miliardi di dollari, presumibilmente perché Moderna stava “lottando per vivere all’altezza della sua stessa propaganda.” Avevano iniziato a circolare voci secondo cui “gli investitori di Moderna avrebbero potuto perdere la fiducia nel futuro dell’azienda.”

In effetti, il farmaco per la sindrome di Crigler-Najjar non era l’unico che, a quel punto, si era dimostrato “troppo debole o troppo pericoloso per essere testato in studi clinici,” secondo ex dipendenti e gli ex partner. Il problema persistente, che ancora una volta risiedeva nel sistema di consegna delle nanoparticelle che Moderna aveva preso in licenza da Acuitas, aveva costretto l’azienda, dopo i problemi con il lancio della terapia per la Crigler-Najjar, a “dare la priorità ai vaccini che potessero essere somministrati in dose unica e quindi evitare quei problemi di sicurezza che avevano afflitto progetti più ambiziosi.”

Tuttavia, questi “vaccini” o terapie monodose non erano considerati redditizi come le terapie farmacologiche che Moderna prometteva da tempo e che erano alla base della sua valutazione multimiliardaria, costringendo così l’azienda a “puntare forte su un prodotto che sarebbe andato in perdita.” Un altro problema era che, per il vaccino mRNA, Moderna era in ritardo rispetto ai concorrenti e la promessa che la sua tecnologia avrebbe prodotto vaccini efficaci, a quel punto, era stata “provata” unicamente da un singolo, piccolo studio. Quel test, come notato dal Boston Business Journal, era una “sperimentazione umana in fase iniziale che aveva principalmente lo scopo di valutare la sicurezza di un vaccino contro l’influenza aviaria.” Moderna aveva sostenuto, nonostante la sperimentazione fosse stata progettata per valutare [unicamente] la sicurezza, di aver “fornito la prova che il vaccino è efficace, senza gravi effetti collaterali.” Inoltre, come sarà discusso in un capitolo successivo di questo articolo, la disputa legale sul sistema di nanoparticelle lipidiche concesso in licenza da Acuitas minacciava la capacità di Moderna di realizzare profitti con qualsiasi vaccino mRNA che fosse riuscito a superare i test e il processo di approvazione federale, facendo apparire piuttosto cupo il futuro dell’azienda.

Nonostante la stampa favorevole, rimanevano ancora domande senza risposta

Nel settembre 2017, in occasione di una riunione per investitori a porte chiuse,  per evitare che altri grandi investitori svalutassero l’azienda o abbandonassero la nave, Moderna aveva fornito maggiori informazioni su un comunicato stampa di recente pubblicazione sui risultati della sperimentazione di una terapia destinata a far ricrescere il tessuto cardiaco stimolando la produzione di una proteina nota come VEGF. Il comunicato stampa, che aveva generato titoli favorevoli sui media, aveva fatto notare che la terapia si era dimostrata sicura in uno studio condotto su un campione di 44 pazienti. Tuttavia, né il comunicato stampa né i dati che Moderna aveva divulgato agli investitori durante la riunione a porte chiuse avevano rivelato quanta proteina la terapia avesse fatto produrre ai pazienti, lasciando nel mistero la sua efficaci. Infatti, gli articoli dei media sulla riunione degli investitori avevano notato che “dal momento che Moderna non ha divulgato questo dato fondamentale, gli estranei non sono in grado di giudicare quale potrebbe essere il suo potenziale terapeutico.”

I risultati, anche se sembravano mitigare le preoccupazioni sulla sicurezza della tecnologia di Moderna, non erano riusciti ad ispirare fiducia in molti dei partecipanti. Diversi intervenuti avevano poi detto ai giornalisti di “non essere stati eccessivamente impressionati” dalla presentazione di Moderna, presentazione che aveva solo “rimarcato la continua domanda sul fatto che [l’azienda] possa, o meno, essere all’altezza della sua stessa propaganda.”

Uno dei problemi, ancora una volta, era che la valutazione di Moderna era (ed è) sostenuta dalla promessa di produrre terapie per malattie rare che richiedessero somministrazioni ripetute per tutta la vita dei pazienti. La terapia VEGF, promossa da Moderna in quella riunione, doveva essere un’iniezione una tantum e quindi il fatto che fosse ben tollerata non aveva risolto il problema, visto che nessuno dei prodotti multidose di Moderna si era dimostrato abbastanza sicuro da essere testato sugli esseri umani.

L’evento a porte chiuse per gli investitori aveva chiarito che Moderna mirava ad evitare il problema, dando la priorità ai vaccini monodose.

Come STAT aveva fatto notare all’epoca:

“La presentazione agli investitori ha anche chiarito che Moderna sta dando la priorità ai vaccini. Sono più facili da sviluppare con la tecnologia mRNA perché i pazienti hanno bisogno di una sola dose, cosa che elimina alcuni dei problemi di sicurezza che hanno afflitto progetti più ambiziosi, come le terapie per le malattie rare.”

Il passaggio ai vaccini era rimasto un punto dolente per molti investitori, in quanto i vaccini erano considerati “prodotti a basso margine che non possono generare neanche lontanamente i profitti che si hanno in campi più redditizi, come le malattie rare e l’oncologia.”  Queste, come accennato in precedenza, erano proprio il genere di terapie su cui si basava l’enorme valutazione di Moderna, terapie per cui non era stata in grado di produrre farmaci sicuri ed efficaci. Moderna era chiaramente consapevole di queste preoccupazioni tra gli investitori attuali e potenziali e, in quello stesso evento, aveva cercato di dipingere in modo promettente i suoi sforzi legati all’oncologia.

Tuttavia, aveva taciuto sulla tempistica delle sperimentazioni e su altri punti chiave, mantenendo salda la sua reputazione di lunga data per la segretezza sia verso gli addetti ai lavori che verso il pubblico in generale. È certamente significativo che Moderna fosse rimasta così riservata sui dati chiave in un evento non solo chiuso al pubblico e alla stampa, ma espressamente destinato a rassicurare gli investitori esistenti e ad invogliare quelli nuovi. Se Moderna si era rifiutata di mostrare dati importanti agli investitori in un momento in cui stava disperatamente cercando di tenerli a bordo, questo significava che l’azienda aveva qualcosa da nascondere o niente da mostrare.

La sempre più problematica situazione interna di Moderna, nonostante le sue rosee PR, si era aggravata il mese dopo, quando si era sparsa la voce delle brusche dimissioni del capo della divisione chimica, del leader della settore cardiovascolare e di quello della divisione malattie rare. Queste dimissioni, avvenute verso la fine del 2017, avevano seguito la fuoriusciuta dall’azienda di importanti dirigenti, come riportato nell’articolo di Damian Garde, apparso nel 2016 su STAT.

Pochi mesi dopo, nel marzo 2018, se n’era andato anche il responsabile scientifico del business dei vaccini di Moderna, Giuseppe Ciaramella. Quelle dimissioni erano un segnale di ulteriori problemi all’interno dell’azienda, tanto più che Moderna aveva recentemente e pubblicamente fatto perno sui vaccini e Ciaramella, oltre a guidare lo sviluppo dei vaccini in questo frangente critico, era stato il primo dirigente di Moderna a suggerire che la tecnologia aziendale [delle nanoparticelle lipidiche] avrebbe potuto essere utilizzata nello sviluppo dei vaccini, un suggerimento su cui l’azienda stava ora scommettendo tutto. Non si può fare a meno di chiedersi se la tendenza di Bancel ad estromettere i dipendenti e i dirigenti che “non riuscivano a far funzionare la scienza” sia stata determinante in tutte queste dimissioni di alto profilo, compresa quella di Ciaramella.

Un problema legale lungo un anno

Finora, questo articolo si è in gran parte concentrato su come l’estrema segretezza di Moderna venisse utilizzata per offuscare e mitigare i principali problemi della sua tecnologia e della sua pipeline di prodotti e come questi problemi avessero raggiunto il culmine dopo l’IPO [offerta pubblica iniziale] della società e immediatamente prima della crisi COVID. Tuttavia, la sfida di creare prodotti funzionanti e testabili in ambito clinico non era che una delle due grandi questioni che Moderna si era trovata a dover affrontare come azienda. Infatti, nello stesso period, Moderna era stata coinvolta in aggressive controversie relative alla proprietà intellettuale e ai brevetti. In particolare, i problemi legali riguardavano il sistema [di consegna a base] di nanoparticelle lipidiche che, secondo quanto riferito, era anche alla radice dei problemi di sicurezza e della pipeline dei prodotti di Moderna.

Come accennato in precedenza, il sistema di consegna delle nanoparticelle lipidiche utilizzato in molte terapie di Moderna era stato concesso in licenza da Acuitas. Acuitas, tuttavia, aveva preso in licenza quel sistema da un’altra società, Arbutus, che, nel 2016 aveva fatto causa [ad Acuitas], sostenendo che la sublicenza di Acuitas a Moderna era illegale. Arbutus aveva vinto la causa e, nel 2017, un’ingiunzione temporanea aveva impedito ad Acuitas di sublicenziare ulteriormente la tecnologia delle nanoparticelle lipidiche. Un accordo raggiunto nel 2018 tra Acuitas e Arbutus aveva terminato la licenza di Acuitas e limitato l’uso della tecnologia da parte di Moderna a quattro candidati vaccini destinati a virus già identificati.

Bancel, CEO di Moderna, nel 2017 aveva dichiarato a Forbes che il sistema Acuitas/Arbutus era a malapena mediocre e che Moderna stava sviluppando un proprio sistema di consegna migliorato che non avrebbe violato la proprietà intellettuale di Arbutus (i già citati sistemi N1GL e V1GL). Tuttavia, la leadership di Arbutus aveva immediatamente contestato le affermazioni di Bancel, sostenendo che l’azienda aveva esaminato tutti i brevetti, le pubblicazioni e le presentazioni di Moderna riguardanti questi “nuovi” sistemi di somministrazione e non aveva trovato nulla che non riguardasse la sua proprietà intellettuale. Anche gli ex dipendenti di Moderna, come menzionato in precedenza, erano molto dubbiosi sul fatto che N1GL e V1GL fossero diversi dal sistema Acuitas/Arbutus, e questo significa che, nonostante le affermazioni di Bancel, Moderna aveva problemi legali irrisolti relativi a questi [sistemi di consegna delle] nanoparticelle che, insieme ai problemi di tossicità, stavano bloccando i futuri prodotti di Moderna.

A questo punto è importante notare che Moderna è l’unica azienda ad essere rimasta bloccata per anni in una battaglia legale con Acuitas/Arbutus sulla proprietà intellettuale degli LNP.  Anche gli altri principali produttori di vaccini mRNA COVID-19, Pfizer/BioNTech e CureVac, utilizzano parti importanti della stessa tecnologia derivata da Arbutus, tuttavia, BioNTech ha preso in licenza gli LNP in modalità tali tale da evitare quei problemi legali che hanno interessato Moderna per anni.

La disputa legale di Moderna, oltre ai già discussi problemi di sicurezza, aveva minacciato la stessa capacità di sopravvivenza dell’azienda. Essendo già stata costretta ad accontentarsi del mercato dei vaccini e a rinunciare a quelle terapie mRNA più lucrative e “rivoluzionarie” che aveva promesso da tempo, Moderna stava scivolando rapidamente verso una posizione in cui non avrebbe avuto “alcun diritto di vendere” prodotti vaccinali che dipendessero dalla tecnologia brevettata da Arbutus e presa in concessione da Acuitas. Questa situazione aveva spinto Moderna a negoziare direttamente una nuova licenza con Arbutus, trattativa in cui l’azienda avrebbe avuto pochissima influenza.

Fin dalla prima controversia legale del 2016, Moderna e Arbutus erano rimaste bloccate in dispute sulle nanoparticelle e su chi ne fosse il legittimo detentore. Moderna aveva contestato tre brevetti di Arbutus depositati presso l’US Patent and Trademark Office, con risultati contrastanti. Tuttavia, allo stesso tempo Moderna aveva anche affermato che la sua tecnologia “non era coperta dai brevetti Arbutus,” il che aveva spinto numerosi osservatori e giornalisti a porre domande come: “In questo caso, perché [Moderna] avrebbe iniziato un’azione legale contro Arbutus, tanto per cominciare?

Moderna aveva risposto a questa domanda sostenendo di aver preso di mira Arbutus solo a causa della passata “aggressione” di Arbutus nei suoi confronti. Tuttavia, nonostante tali affermazioni, lo sforzo e i costi inerenti alla sfida legale avevano fatto capire che, come minimo, Moderna prendeva molto seriamente la minaccia delle rivendicazioni di proprietà intellettuale di Arbutus. La risposta effettiva sembra risiedere nel fatto che Moderna era disposta a sostenere pubblicamente che la sua tecnologia LNP era abbastanza diversa dal sistema derivato da Arbutus coperto dai brevetti, ma non aveva alcuna intenzione di fornire prove di questa presunta differenza, in tribunale, ai propri investitori o al pubblico. I più recenti colpi di scena di questa lunga battaglia legale, compresa una decisione cruciale del 2020, assai sfavorevole a Moderna, saranno discussi nella seconda parte di questa serie.

Qualsiasi cosa per aiutare un prezzo delle azioni in calo

L’edificio del Nasdaq nel 2018, il giorno dell’IPO di Moderna. Fonte Nasdaq

Appena prima delle dimissioni di Ciaramella, Moderna aveva affermato di aver “risolto i problemi scientifici che avevano reso i suoi precedenti trattamenti mRNA eccessivamente tossici per gli studi clinici,” secondo i rapporti dei media. Quei rapporti avevano anche affermato che, come risultato, “Moderna credeva di essere tornata in rotta,” anche se la società non aveva fornito prove a sostegno di tale affermazione. In ogni caso, la promessa aveva permesso all’azienda di completare un nuovo ciclo di finanziamenti, durante il quale aveva raccolto altri 500 milioni di dollari da “un consorzio di investitori estranei alle biotecnologie,” che includeva i governi di Singapore e degli Emirati Arabi Uniti. Alcuni osservatori erano rimasti perplessi dal fatto che Moderna fosse riuscita a raccogliere così tanti soldi nonostante le tante questioni in sospeso sulla scienza alla base della sua alta valutazione.

La risposta era arrivata con la pubblicazione delle slide riservate agli investitori di Moderna da parte di Damian Garde di STAT, slide che mostravano come l’azienda avesse previsto che i farmaci, che erano stati testati solo sui topi, sarebbero presto valsi miliardi e che le entrate derivate dai vaccini sarebbero ammontate a 15 miliardi di dollari all’anno. Quelle slide, ritenute “abbastanza assurde” e “destinate a speranzosi generalisti che possono sognare in grande” piuttosto che a investitori scettici, avevano chiarito il motivo per cui, nell’ultimo round di finanziamenti, la società aveva fatto appello a investitori biotecnologici “non convenzionali,” piuttosto che a investitori con esperienza, focalizzati sull’industria. Un investitore senior in biotecnologie, che aveva parlato in forma anonima a causa della riservatezza del documento, aveva dichiarato che “la presentazione era stata studiata per raccontare la storia di ‘come saremo grandi’ ad un gruppo di investitori abbastanza non sofisticati – e c’era riuscita meravigliosamente. . . . Scienza quanto basta e nozioni di base per trasmettere la sensazione che ‘sappiamo cosa stiamo facendo’, ma non abbastanza per stimolare domande tecniche.”

Presentazione Moderna “10 year vision”

Secondo persone a cui era stata mostrata la presentazione di Moderna, l’azienda aveva formulato “ipotesi molto generose sulle dimensioni del mercato destinato a ricevere i suoi progetti” e un ex collaboratore dell’azienda aveva stimato il reale valore di un trattamento che l’azienda aveva sostenuto essere di miliardi l’anno più vicino ad una cifra tra i “100 e 250 milioni di dollari.” Naturalmente, la stima delle entrate [fatta da Moderna] era stata calcolata con il caveat che il trattamento, testato fino ad allora solo nei topi, avrebbe dimostrato in futuro di poter funzionare anche negli esseri umani. Un ex dipendente Moderna della divisione malattie rare aveva dichiarato all’epoca che l’azienda “continuava a correre troppo in avanti e a indorare la possibilità un utilizzo diffuso dell’mRNA, nonostante non esistessero test al di fuori dei vaccini ma solo qualche lavoro sui topi.”

Nonostante la capacità di Moderna di convincere gli investitori “non sofisticati” e/o “non convenzionali” a sostenere la sua campagna di finanziamenti all’inizio del 2018, sembra che una delle sue promesse più importanti utilizzate per attirare gli investitori – la risoluzione del problema della tossicità delle particelle nanolipidiche – non fosse vera.

In una dichiarazione depositata presso la Securities and Exchange Commission datata novembre 2018, mesi dopo che Moderna aveva affermato di aver risolto i problemi del suo sistema di consegna delle nanoparticelle lipidiche, l’azienda aveva fatto diverse affermazioni che sembravano contraddire il suo presunto sviluppo di una nuova e più sicura tecnologia delle nanoparticelle.

Per esempio, il documento afferma a pagina 33:

“La maggior parte dei nostri farmaci in fase di sperimentazione sono formulati e somministrati in una LNP [nanoparticella lipidica] che può portare ad effetti collaterali sistemici legati ai componenti della LNP, che potrebbero non essere mai stati testati negli esseri umani. Anche se abbiamo continuato a ottimizzare le nostre LNP, non ci può essere alcuna garanzia che le nostre LNP non abbiano effetti indesiderati. Le nostre LNP potrebbero contribuire, in tutto o in parte, ad una o più delle seguenti: reazioni immunitarie, reazioni di infusione, reazioni di complemento, reazioni di opsonizzazione [un processo legato alla fagocitosi batterica], reazioni anticorpali tra cui IgA, IgM, IgE o IgG o una loro combinazione o reazioni al PEG [glicole polietilenico] di alcuni lipidi o al PEG comunque associato alla LNP.

Alcuni aspetti dei nostri farmaci in fase di sperimentazione possono indurre reazioni immunitarie dall’mRNA o dal lipide, così come reazioni avverse all’interno dei percorsi epatici o di degradazione dell’mRNA o delle LNP, ognuno dei quali potrebbe portare a significativi eventi avversi in uno o più dei nostri studi clinici. Molti di questi tipi di effetti collaterali sono stati osservati per gli LNP ereditati. Potrebbero esserci dubbi riguardo alla causa di fondo di ogni evento avverso, cosa che renderebbe difficile prevedere esattamente gli effetti secondari nelle prove cliniche future e sarebbe in grado di provocare ritardi significativi nei nostri programmi.” (grassetto aggiunto)

Sulla base di queste dichiarazioni, Moderna sembrava non essere certa che il suo attuale sistema di consegna delle nanoparticelle lipidiche fosse più sicuro di quello che aveva causato il ritardo indefinito della terapia per la Crigler-Najjar. Inoltre, il riferimento a “reazioni avverse all’interno dei percorsi epatici,” uno dei problemi principali che avevano causato il ritardo della terapia per la Crigler-Najjar, suggerisce che l’azienda aveva continuato a fare affidamento sulla tecnologia sublicenziata da Acuitas.

Come verrà evidenziato nella seconda parte, anche il vaccino Moderna COVID-19 sembra utilizzare la controversa tecnologia di Acuitas che, per anni, aveva causato a Moderna significative preoccupazioni legali, finanziarie e legate alla sicurezza del prodotto.

Il documento SEC del novembre 2018 riporta altre dichiarazioni che vale la pena notare riguardanti il (secondo l’azienda finalmente messo a punto) sistema di consegna delle nanoparticelle lipidiche:

“Se venissero osservati eventi avversi significativi o altri effetti collaterali in uno qualsiasi dei nostri studi clinici attuali o futuri, potremmo avere difficoltà a reclutare partecipanti ad uno qualsiasi dei nostri studi clinici, i partecipanti agli studi potrebbero ritirarsi dagli studi o potremmo essere costretti ad abbandonare gli studi o i nostri sforzi di sviluppo di uno o più candidati allo sviluppo o comunque di farmaci sperimentali . . . .

Anche se gli effetti collaterali potrebbero non impedire al farmaco di ottenere o mantenere l’approvazione alla commercializzazione, un rapporto rischio/beneficio sfavorevole potrebbe inibire l’accettazione sul mercato del prodotto approvato a causa della sua [scarsa] tollerabilità rispetto ad altre terapie. Ognuno di questi sviluppi potrebbe danneggiare materialmente le nostre vendite, la nostra condizione finanziaria e le nostre prospettive.”

Queste dichiarazioni sono significative, in quanto suggeriscono apertamente almeno una ragione per la tendenza di lunga data di Moderna verso la segretezza nella pubblicazione dei dati sui suoi trattamenti, in quanto una conoscenza pubblica dei continui problemi riguardanti la sua tecnologia minaccerebbe la sua capacità di attirare partecipanti alle sue sperimentazioni, gli investitori e, in seguito, i consumatori.

Circa un mese dopo la messa nero su bianco di queste preoccupanti ammissioni, nel dicembre 2018, Moderna era riuscita ad accaparrarsi un’offerta pubblica iniziale (IPO) da record. Per quell’IPO, Moderna si era garantita i servizi di undici banche d’investimento, che, secondo quanto riferito, era circa “il doppio di quanto di solito si vede nelle offerte biotech.” Tuttavia, il suo valore azionario era crollato poche ore dopo, “un segno che l’azienda e i suoi sottoscrittori potrebbero aver sovrastimato la domanda per un’azienda generosamente valutata.” Un mese dopo l’IPO, le azioni di Moderna stavano ancora continuando la loro discesa, “facendo esattamente il contrario di quello che gli investitori privati cercano in una IPO.” Coloro che, prima che Moderna diventasse pubblica, avevano previsto questo risultato post-IPO, avevano anche avvertito che questa tendenza al ribasso sarebbe probabilmente continuata fino all’inizio del 2020, se non più a lungo. Gli scettici, come Damian Garde di STAT, avevano avvertito, subito prima dell’IPO di Moderna, che il calo del valore azionario dell’azienda sarebbe probabilmente continuato per tutto il 2019 a causa di “un’apparente mancanza di notizie fresche,” dato che “lo slancio nel biotech, positivo o negativo, è guidato dai catalizzatori” e “Moderna è in un 2019 abbastanza tranquillo.”

Nel frattempo, i rapporti dei media avevano avvertito, come facevano da tempo, che Moderna “era ancora ai primi passi nel dimostrare il potenziale della sua tecnologia,” nonostante fosse operativa da nove anni. Tali rapporti facevano anche notare che l’incapacità di Moderna di dimostrare il valore della propria tecnologia dopo quasi un decennio di attività era dovuta alla “lotta e agli sforzi iniziali per trasformare l’mRNA in farmaci multidose, che l’avevano poi costretta a passare ai vaccini, che possono essere somministrati solo una volta o due.” Nel 2019, gli investitori alla conferenza JP Morgan sulla sanità avevano riferito di essere preoccupati del fatto che “Moderna dovesse ancora risolvere i rischi persistenti legati all’mRNA, e che, anche con una valutazione molto bassa, la società fosse semplicemente troppo costosa.” Altri avevano confidato ai giornalisti che sarebbero “stati a guardare fino a quando Moderna non avesse fornito dati promettenti in studi sull’uomo o fosse diventata sostanzialmente più economica.”

Poche settimane dopo, il CEO di Moderna, Bancel, aveva partecipato all’incontro annuale 2019 del World Economic Forum insieme al dirigente di Johnson & Johnson Paul Stoffels e ad altri esponenti della farmaceutica e della biotecnologia, al fine di “stare gomito a gomito con i leader mondiali e con i rappresentanti dell’un percento e parlare del futuro della sanità.” Tra i presenti c’erano il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, e il “filantropo della salute globale” Bill Gates, la cui fondazione era entrata in “un quadro di progetti di salute globale” con Moderna nel 2016 per “promuovere progetti di sviluppo basati sull’mRNA in varie malattie infettive.” La Bill & Melinda Gates Foundation è l’unica fondazione elencata come “collaboratore strategico” sul sito web di Moderna. Altri “collaboratori strategici” includono la Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA) del governo americano, la DARPA dell’esercito americano e i giganti farmaceutici AstraZeneca e Merck.

Moderna aveva collaborato per la prima volta con il WEF pochi anni dopo la sua fondazione, nel 2013, quando era entrata nella comunità delle Global Growth Companies (GGC) del Forum. Quell’anno, Moderna era stata una delle tre aziende sanitarie nordamericane a ricevere l’onore ed era stata inoltre riconosciuta dal Forum come “un leader del settore nelle terapie innovative legate all’mRNA.” “Siamo onorati che vengano riconosciuti gli sforzi per far progredire la nostra piattaforma e garantire che il suo potenziale venga realizzato su scala globale e non vediamo l’ora di diventare membri della comunità del World Economic Forum,” aveva detto Bancel all’epoca.

Stéphane Bancel alla riunione annuale del Forum economico mondiale, gennaio 2020. Fonte: WEF

In qualità di WEF Global Growth Company, Moderna, dal 2013, si era impegnata da vicino e regolarmente con il Forum sia nell’incontro annuale dei nuovi campioni [Annual Meeting of the New Champions], ospitato dalla Cina, che alle riunioni regionali del WEF, avendo anche accesso all’esclusiva piattaforma di networking del WEF, che fornisce alle aziende un accesso privilegiato ai più potenti leader economici e governativi del mondo. Inoltre, queste aziende accuratamente selezionate hanno l’opportunità dal Forum “di plasmare i programmi globali, regionali e industriali e di impegnarsi in scambi significativi sui modi per progredire in un percorso di crescita sostenibile e responsabile.” In sostanza, l’elenco di queste aziende costituisce un consorzio di società promosse e guidate dal Forum per il loro impegno a “migliorare lo stato del mondo,” cioè il loro impegno a sostenere i programmi a lungo termine del Forum per l’economia e la governance globale.

Nell’aprile 2019, Moderna aveva diffuso alcune informazioni sulle modifiche apportate alle sue nanoparticelle lipidiche (discusse più in dettaglio nella seconda parte). Un mese dopo, nel maggio 2019, Moderna aveva pubblicato risultati positivi sulla rivista Vaccine per gli studi di fase 1 su candidati vaccini mRNA per “due potenziali ceppi di influenza pandemica” somministrati in due dosi a tre settimane di distanza. Il comunicato stampa della società riguardante lo studio affermava che “lo sviluppo futuro del programma di Moderna sull’influenza pandemica è subordinato a finanziamenti governativi o ad altre sovvenzioni,” facendo capire che avrebbe usato i risultati della sperimentazione per fare pressione sul governo per ottenere fondi per la continuazione di questo particolare programma.

In particolare, nello stesso periodo in cui erano stati pubblicati questi risultati, l’Ufficio del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti dell’Assistente Segretario per la Preparazione e la Risposta [US Department of Health and Human Services Office of the Assistant Secretary for Preparedness and Response (ASPR)], allora diretto da Robert Kadlec, stava portando avanti Crimson Contagion, una simulazione della durata di diversi mesi di una pandemia globale causata da un ceppo di influenza che aveva origine in Cina e si diffondeva a livello globale attraverso i viaggi aerei. Il ceppo al centro della simulazione, chiamato H7N9, era uno di quelli utilizzati nello studio di Moderna. Moderna aveva pubblicato quei risultati il 10 maggio, solo quattro giorni prima che la simulazione Crimson Contagion ospitasse il seminario federale interagenzia. BARDA, che è sotto la supervisione dell’ASPR ed anche un importante alleato strategico di Moderna, stava co-sviluppando per una “potenziale influenza pandemica” proprio i vaccini menzionati in quel tempestivo comunicato stampa, quelli per le infezioni influenzali H10N8 e H7N9.

Crimson Contagion è interessante per diverse ragioni, soprattutto per la storia di Kadlec con le simulazioni Dark Winter, che avevano preceduto e previsto in modo inquietante gli attacchi all’antrace del 2001. Com’era stato discusso in dettaglio in una precedente indagine di The Last American Vagabond pubblicata su Unlimited Hangout, gli attacchi all’antrace del 2001 avevano convenientemente salvato il produttore di vaccini contro l’antrace BioPort, ora Emergent Biosolutions, da una sicura rovina, proprio come la crisi COVID ha fatto con Moderna.

Un mese dopo, nel giugno 2019, Moderna era nuovamente riuscita a generare titoli positivi al suo debutto al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology, dove aveva cercato di promuovere la sua capacità di produrre trattamenti oncologici personalizzati, gli stessi che le erano serviti per corteggiare gli investitori, sia prima che dopo la sua IPO da record. Era la prima volta che l’azienda presentava pubblicamente dati su una terapia oncologica, un particolare trattamento che era stato sviluppato insieme a Merck. I dati mostravano risultati positivi nella prevenzione delle ricadute in pazienti oncologici in cui i tumori solidi erano stati rimossi tramite intervento chirurgico, ma la sperimentazione non era riuscita a mostrare alcun effetto definitivo nei pazienti a cui non erano state rimosse le masse tumorali. Così, i primi dati sembravano indicare che il trattamento di Moderna avrebbe aiutato a rimanere in remissione solo i pazienti oncologici che fossero andati incontro ad ulteriori interventi medici. Anche se la notizia aveva permesso a Moderna di ottenere un certo favore dalla stampa e di promuovere i suoi prodotti oncologici in sviluppo, alcuni articoli avevano giustamente fatto notare che era “ancora troppo presto per qualsiasi giudizio definitivo” sul beneficio clinico di questo trattamento anticancro.

Nonostante questo apparente progresso, a settembre 2019, il valore delle azioni di Moderna aveva continuato a scendere, facendo calare il valore di mercato di circa 2 miliardi di dollari (dai 7,5 miliardi di dollari al momento della sua IPO da record). La causa principare erano gli stessi problemi che l’azienda aveva dovuto affrontare per anni: l’assenza di risultati, compresa la mancanza di prodotti sul mercato, i persistenti problemi di sicurezza con la sua tecnologia mRNA e la mancanza di dati che dimostrassero progressi atti a rendere quella tecnologia commercialmente fattibile.

A metà settembre 2019, Moderna aveva riunito gli investitori per mostrare prove scientifiche che, secondo l’azienda, avrebbero finalmente dimostrato che la sua tecnologia mRNA poteva “trasformare le cellule del corpo in fabbriche di farmaci” e, probabilmente, “trasformare in credenti gli investitori scettici.” Questi dati, che derivavano da uno studio preliminare che aveva coinvolto solo quattro partecipanti sani, non erano privi di complicazioni.

Tre dei quattro partecipanti avevano avuto effetti collaterali tali da spingere Moderna a dichiarare alla riunione che si sarebbe dovuto riformulare il trattamento mRNA, in modo che includesse gli steroidi, mentre uno dei partecipanti aveva sofferto di effetti collaterali a livello cardiaco, tra cui tachicardia e battito irregolare. Moderna, secondo cui nessuno degli effetti collaterali di tipo cardiaco era grave, non era stata in grado di “individuare definitivamente la causa dei problemi cardiaci.” Tuttavia, come accennato in precedenza, questi erano probabilmente legati ai problemi di sicurezza che avevano afflitto per anni i prodotti sperimentali di Moderna.

I dati preliminari dell’azienda, divulgati nell’ennesimo tentativo di impedire la fuga degli investitori, includevano anche l’avvertimento che Moderna aveva deciso di sospendere i test per quel particolare prodotto, un trattamento mRNA a dose singola per il virus chikungunya. Il trattamento era stato sviluppato in collaborazione con la DARPA del Pentagono. In quella riunione erano stati forniti altri dati, più positivi, provenienti da un test preliminare. Quel test, tuttavia, riguardava un trattamento mRNA per il citomegalovirus, “un virus comune che, di solito, è tenuto sotto controllo dal sistema immunitario e che raramente causa problemi nelle persone sane” e questo significa che un vaccino mRNA per quella patologia ben difficilmente avrebbe potuto rivelarsi redditizio.

Non molto tempo dopo questa poco brillante riunione degli investitori, il 26 settembre 2019, la un tempo segretissima Moderna aveva annunciato che avrebbe collaborato con i ricercatori dell’Università di Harvard “nella speranza che la ricerca stimolasse la scoperta di nuovi farmaci,” questo perchè la sua pipeline di prodotti sembrava essere in stallo. Il presidente di Moderna, Stephen Hoge, aveva descritto in questi termini la collaborazione con Harvard: ” gli manderemo un pacchetto contenente il nostro sangue, sudore e lacrime, e poi qualcuno ci farà qualcosa. Scopriremo dopo come è andata.” Per un’azienda nota da tempo per la sua estrema segretezza in un genere di industria già estremamente riservato, l’accordo di Moderna con Harvard, che, per sua stessa ammissione, era “insolito,” appariva in un certo qual modo disperato.

Un mese dopo, al Milken Institute Future of Health Summit del 2019, si era tenuta una tavola rotonda sui vaccini antinfluenzali universali e sul fatto che sarebbe stato necessario un evento “dirompente” per sconvolgere il processo burocratico di approvazione vaccinale esistente da tempo e facilitare una più ampia adozione di vaccini “non tradizionali,” come quelli prodotti da Moderna. Tra i relatori del panel c’era l’ex commissaria della FDA Margaret Hamburg, una veterana della simulazione Dark Winter del 2001 e consulente scientifica della fondazione Gates, così come Anthony Fauci del National Institutes of Health’s National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) e Rick Bright della BARDA, che, in precedenza, aveva lavorato per una non profit finanziata da Gates, la PATH. La tavola rotonda si era tenuta poco dopo la controversa simulazione della pandemia di coronavirus chiamata Event 201, i cui moderatori e sponsor, nel 2001, erano tutti strettamente coinvolti in Dark Winter.

Screenshot dei partecipanti al Milken Institute Universal Flu Vaccine del 2919. Il video completo è disponibile qui.

Nel corso dell’evento, il moderatore – Michael Specter del New Yorker – aveva posto la domanda: “Perché non facciamo saltare il sistema? Ovviamente, non possiamo semplicemente bloccare il sistema che abbiamo e poi dire ‘ehi, tutti al mondo dovrebbero fare questo nuovo vaccino che non abbiamo ancora dato a nessuno’, ma ci deve essere un modo.” Specter aveva poi ricordato come la produzione di vaccini fosse antiquata e aveva chiesto in che modo avrebbe potuto verificarsi un “disturbo” sufficiente a sollecitare la modernizzazione dell’attuale processo di sviluppo e approvazione dei vaccini. La Hamburg aveva risposto per prima, dicendo, che come società, siamo indietro rispetto a dove dovremmo essere quando si tratta di muoversi verso un approccio nuovo e più tecnologico e che era il “tempo di agire” per trasformare questo approccio in realtà.

Qualche minuto dopo, Anthony Fauci aveva detto che un metodo migliore per la produzione di un vaccino era “non coltivare affatto il virus, ma arrivare alle sequenze, ottenere la proteina appropriata e inserirla in nanoparticelle auto-assemblanti,” riferendosi essenzialmente ai vaccini mRNA. Fauci aveva poi dichiarato: “la sfida più importante… è che per operare la transizione dal collaudato e classico metodo di coltivazione sulle uova… a qualcosa di migliore, si deve dimostrare che il processo funziona e poi si deve passare attraverso tutte i test critici – fase 1, fase 2, fase 3 – e dimostrare che questo particolare prodotto sarà valido per un certo numero di anni. Una cosa del genere, se funzionasse alla perfezione, richiederebbe almeno un decennio.” Fauci aveva poi detto che [il pubblico considerava l’influenza una malattia non grave] e che quindi occorreva modificare questa percezione per aumentare l’urgenza e che sarebbe stato “difficile” alterare questo modo di pensare con l’attuale processo di sviluppo e approvazione dei vaccini, a meno che il sistema esistente non avesse assunto una posizione più autoritaria, del tipo “non mi interessa quale sia la vostra percezione, affronteremo il problema in modo dirompente e ridondante.”

Durante il panel, Bright aveva dichiarato che “dobbiamo muoverci il più rapidamente e urgentemente possibile per ottenere tecnologie che enfatizzino la velocità e l’efficacia del vaccino,” per poi discutere come il Consiglio dei Consulenti Economici della Casa Bianca (CEA) avesse appena pubblicato un rapporto che ribadiva l’importanza di dare la priorità ai vaccini “veloci.” Bright aveva poi aggiunto che un vaccino “mediocre e veloce” era meglio di un vaccino “mediocre e lento.” Aveva poi detto che possiamo fare “vaccini migliori e farli più velocemente” e che erano necessarie urgenza e turbative per arrivare ad uno sviluppo mirato e accelerato di un tale vaccino. Più tardi nel corso della riunione, Bright aveva affermato che il modo migliore per “sconvolgere” il settore dei vaccini a favore di vaccini “più veloci” sarebbe stato l’emergere di “uno stato di eccitazione totalmente dirompente non è vincolato da pastoie o processi burocratici.” Più tardi aveva detto senza mezzi termini che, per vaccini “più veloci,” intendeva i vaccini mRNA.

La BARDA guidata da Bright e il NIAID di Fauci in pochi mesi erano diventati i maggiori sostenitori del vaccino COVID-19 di Moderna, investendo miliardi e co-sviluppando il vaccino con l’azienda, rispettivamente. Come sarà spiegato nella seconda parte di questa serie, la partnership tra Moderna e il NIH per co-sviluppare quello che sarebbe presto diventato il vaccino COVID-19 di Moderna era già stata siglata il 7 gennaio 2020, molto prima che la crisi COVID-19 fosse ufficialmente classificata come pandemia e prima che i funzionari della sanità ed altre personalità sancisero la necessità di un vaccino. La Covid-19 non solo era rapidamente diventata la soluzione di quasi tutti i problemi di Moderna, ma aveva anche fornito quello scenario dirompente necessario per modificare la percezione pubblica di ciò che è un vaccino ed eliminare le norme di sicurezza e la burocrazia riguardanti l’approvazione dei vaccini stessi. (Potete vedere il 2019 Universal Flu Vaccine del 2019 qui).

Come si vedrà nella seconda parte di questa serie, era stato un presunto mix di “serendipità e lungimiranza” tra Stéphane Bancel di Moderna e Barney Graham del NIH a spingere Moderna in testa alla corsa alla “massima velocità” per un vaccino COVID-19. Quella partnership, insieme all’effetto dirompente della crisi COVID-19, aveva creato proprio il “miracolo” che Moderna stava disperatamente aspettando almeno dal 2017, trasformando anche, nel giro di pochi mesi, la maggior parte del team esecutivo di Moderna in miliardari e multimilionari.

Tuttavia, il “miracolo” di Moderna non durerà – a meno che la somministrazione di massa del suo vaccino COVID-19 non diventi un affare annuale per milioni di persone in tutto il mondo. Anche se i dati clinici reali dall’inizio della somministrazione mettono in dubbio la necessità, la sicurezza e l’efficacia del suo vaccino, Moderna – e le altre parti interessate – non possono permettersi di lasciarsi sfuggire questa opportunità. Farlo significherebbe la fine del castello di carte sapientemente costruito da Moderna.

Whitney Webb

Fonte: unlimitedhangout.com
Link: https://unlimitedhangout.com/2021/10/investigative-reports/moderna-a-company-in-need-of-a-hail-mary/
07.10.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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