Complotti, potere politico e movimenti reazionari: intervista a Leonardo Bianchi

Durante lo Sherbooks Winter Festival ho avuto il piacere di intervistare Leonardo Bianchi, venuto a presentare il suo ultimo libro Complotti. Da Qanon alla pandemia, cronache dal mondo capovolto. Leonardo Bianchi è giornalista e blogger, news editor di VICE Italia e collaboratore di Valigia Blu, Internazionale e altre testate. Nel 2017 ha pubblicato, sempre per minimum fax La gente. Viaggio nell’Italia del risentimento.

Il suo libro si sottotitola “cronache dal mondo capovolto” e in effetti, quando si ragiona di complotti e affini, ci risulta difficile orientarci, quasi come se i vecchi paradigmi non siano più validi. Una delle cose che più salta all’occhio del complottismo moderno è la tendenza ad essere radicato soprattutto in persone con ideologie politiche di destra. Niente di nuovo del resto, tutte le dittature di estrema destra, dal nazismo al franchismo sino al pinochetismo si sono nutrite dei sentimenti cospirazionisti per mantenere il loro potere. Questa tendenza, che sembrò esser almeno parzialmente accantonata con la nascita dei governi di centro-destra con ideologie conservatrici e liberali, sembra tornare in auge in tempi recenti dove, come espone anche lei, partiti come il GOP, ma anche come la nostrana Lega, fanno largo uso di teorie cospirazioniste provando a porre la loro agenda politica, spesso di natura liberale, come se fosse una lotta contro l’establishment. Com’è possibile, secondo lei, che idee assolutamente favorevoli al mantenimento del sistema attuale e delle disuguaglianze sia di reddito che di potere possano esser, con l’aiuto della retorica cospirazionista, presentate invece come una lotta contro quella classe dirigente che i partiti di destra rappresentano in toto?

Proprio perché le teorie del complotto capovolgono la realtà possono fungere da arma di propaganda politica per ribaltare una verità che può anche essere sgradita a chi fa uso di questo tipo di teorie. Per capirsi c’è un esempio, quello della teoria della sostituzione etnica secondo la quale i flussi migratori non sarebbero il risultato di complesse cause geopolitiche, sociali, demografiche o anche climatiche, ma sono piano ordito da fantomatiche élite apolidi e internazionali, che poi è una parola in codice per dire ebrei, al fine di annacquare le cosiddette identità nazionali per creare un popolo di sradicati e manovrabili dal potere reale e che porterebbe, e qua abbiamo un elemento se vuoi pallidamente anticapitalista,  un ribasso dei costi del lavoro.

In realtà sappiamo che questa teoria è stata usata moltissimo da partiti di destra e di estrema destra in funzione xenofoba. È una teoria del complotto razzista, ma siccome c’è ancora – molto molto usurato – uno stigma nei confronti del razzismo, non si possono fare discorsi apertamente razzisti e di conseguenza si usano delle parole in codice, appunto delle teorie del complotto, che mischiano le carte in tavola e non permettono alle persone o all’opinione pubblica di capire bene cosa ci sia veramente dietro queste teorie. Spesso si presentano come del dei discorsi anti-establishment con un’annacquatura se vogliamo sociale, come nel discorso della manodopera a basso costo che toglie diritti anche ai popoli autoctoni, ma in realtà quello che si arriva a dire è essenzialmente che le persone migranti non hanno diritto di cittadinanza nei paesi dell’UE o degli Stati Uniti.

Quindi qui c’è un totale capovolgimento della realtà perché come sappiamo la clandestinità e l’irregolarità sono create soprattutto dalle leggi e pratiche politiche che fanno i partiti di estrema destra che poi sono gli stessi a rilanciare le teorie del complotto. Queste teorie forniscono delle risposte sbagliate o delle false soluzioni a problemi reali ma non vanno mai intaccarne la base né tantomeno risultano essere risolutive. Spesso e volentieri sono delle distrazioni che, e qui arriviamo ad un altro punto cruciale, fa il potere stesso. Difatti è soprattutto il potere aver usato le teorie del complotto. Ciò va contro una credenza comune, che è poi quello che cerco di spiegare anche nel libro, che le teorie del complotto non sono un appannaggio di una minoranza di mattoidi, ma sono un potente dispositivo propagandistico e uno strumento del potere.

Molta della narrazione del presente fatta dai media della destra populista riguarda presunti complotti orditi da comunisti o socialisti allo scopo di dominare il mondo. Già Hitler considerava infatti il bolscevismo come l’ennesima espressione dell’ebraismo internazionale. Ad oggi risulta comune l’utilizzo delle parole “comunista” o “socialista” sia da parte dei partiti di destra o liberali che da parte del loro elettorato, allo scopo di denigrare individui che non condividono le loro idee. La domanda che voglio sottoporle è, che ruolo ha avuto il maccartismo e, in generale, l’ostracismo dei confronti delle ideologie di sinistra e la relativa paranoia, nell’aver gettato le basi culturali alla nascita dei cospirazionismi di destra?

Ha avuto un ruolo assolutamente cruciale perché tutte le teorie del complotto più grosse, quelle con una narrazione più ampia che alla fine si traduce nella dominazione globale sempre di una piccola élite che manovra nell’ombra, derivano tutte da prima dei Protocolli di Sion e della lettura che è stata fatta dai nazisti o comunque dai vari partiti destra a cavallo tra la prima e la Seconda guerra mondiale, e di qui appunto alla categoria del bolscevismo.

Dopo la Seconda guerra mondiale negli Stati Uniti, con il maccartismo che incarnava la versione più estrema della paranoia anticomunista statunitense, proprio cioè negli anni 50’, nasce dal maccartismo quell’humus culturale che avrebbe creato la teoria del Nuovo Ordine Mondiale, un presunto piano di dominazione globale ordito da socialisti e comunisti per arrivare a un unico governo socialista/comunista che controlla tutto il mondo. Questa teoria ha avuto un picco negli anni 50’, poi è andata a scemare progressivamente negli anni quando la guerra fredda rientra un po’ nei ranghi riesplodendo paradossalmente dopo il crollo del muro di Berlino quando appunto non c’era più la minaccia comunista come era stata fino ad allora.

Dagli anni 90’ ad adesso quasi tutte le teorie complotto, diciamo anzi super complotti, ovvero grandi narrazioni complottiste omnicomprensive, sono praticamente una riedizione della teoria Nuovo Ordine Mondiale. Ne è uscita una recentemente legata alla pandemia, il cosiddetto Grande Reset che è una specie di perversione, di bastardizzazione da destra della politica della Shock Doctrine di Naomi Klein che a sua volta è anch’essa una riedizione del Nuovo Ordine Mondiale. Il Grande Reset dice che la pandemia sarebbe pianificata a tavolino fare questo reset del capitalismo ed arrivare al socialismo. Poi anche qui l’assurdità è che questo piano, che poi non è non è per nulla segreto visto che lo ha pubblicizzato World Economic Forum, venga da un’associazione come il WEF che organizza ogni anno il Forum di Davos che è tipo la fashion week del neoliberismo. Siamo appunto davanti ad una realtà capovolta.

Nel suo libro, parlando dell’implementazione delle tecnologie 5G, lei dice chiaramente che, a prescindere che il popolo lo voglia o meno, “l’installazione delle antenne è già iniziata e sarà completata senza il nostro coinvolgimento”. Ciò ci riporta al tema dell’imponenza percepita e della crisi dei nostri sistemi di democrazia rappresentativa. Nei discorsi politici il modo di rivolgersi da parte degli elettori nei confronti della classe politica presuppone sempre che le decisioni vengano prese dall’alto verso il basso. La pandemia ne è stato un esempio, difatti nessuno che non faccia parte della dirigenza del Paese ha percepito di essere, in qualità di popolo come soggetto politico, il gestore della vita e delle scelte della politica, ma anzi le decisioni del governo ci sono sembrate piovere sopra le nostre teste, suscitandoci un forte senso di impotenza. Alla luce di ciò, l’implementazione di istituzioni di democrazia diretta o semi-diretta potrebbe essere una soluzione per arginare il diffondersi di teorie cospirazioniste?

Potenzialmente sì. Proprio l’esempio che hai fatto del 5G secondo me è molto esemplificativo perché appunto nessuna teoria del complotto nasce nuova di zecca ma sono sempre delle rielaborazioni di teorie precedenti. Quella del 5G è una rielaborazione della vecchissima paura delle onde radio risalente all’inizio degli anni 20’ del 900’.

Ogni teoria del complotto nasce però da un nucleo di verità che in questo caso consiste nel fatto che la persona comune non ha la tecnica o la padronanza degli strumenti tecnologici che utilizza ogni giorno nella propria vita. Risulta quindi lecito avere dei dubbi o paure su decisioni che sono di fatto calate dall’alto, anche se magari possono essere benefiche o comunque contribuire al progresso tecnologico della società, nonostante non siano comunicate adeguatamente.

Le teorie del complotto fanno esattamente questo, vanno a colmare un vuoto di conoscenza e danno l’illusione di avere una agency, una capacità di azione su cose che sfuggono al nostro controllo. In questo senso possono funzionare da catalizzatore di mobilitazione politica arrivando però fino a un certo punto. Ad esempio la questione del 5G, specialmente con la pandemia, è stata legata all’origine del virus dal fatto che, dicono le teorie, nei posti in cui erano state installate le antenne 5G sarebbero scoppiati i primi focolai. Anche qui vediamo come la teoria del complotto ci porta totalmente fuoristrada perché non cambia nulla concretamente nella gestione del problema configurandosi quindi come una falsa soluzione.

Un altro esempio che è utile citare quello legato ad un’altra teoria molto diffusa e al contempo molto ridicolizzata che è quella delle scie chimiche. Se la si va ad analizzare bene emerge anche qui, sottofondo, una grossa paura nei confronti del cambiamento climatico. Per anni la teoria è stata in tendenza andando poi a scemare ma non perché non c’è stata una presa di coscienza nei confronti del cambiamento climatico, anzi proprio grazie ad una fortissima presa di coscienza della gravità della crisi climatica venuta soprattutto al basso dai movimenti come Friday for Future ecc.

Quindi i movimenti politici dal basso quando raggiungono una certa massa critica rendono completamente inutili le teorie del complotto perché offrono delle soluzioni e un orizzonte politico con una visione del futuro, togliendo praticamente il terreno sotto le teorie del complotto che a quel punto si sgonfiano. Magari non scomparendo del tutto, perché rimangono sempre sottotraccia, però non sono più rilevanti a livello politico perché la partita si gioca su tutto un altro piano che è quello della mobilizzazione dal basso.

Nel suo libro lei racconta diverse storie di persone pronte a tutto, anche a sacrificare sé stesse allo scopo di lottare contro una presunta tratta di bambini. Ecco, leggendo queste storie l’impressione che si ha è di aver davanti degli individui estremamente idealisti e mossi da un profondo desiderio di fare il bene dell’umanità, anche mettendo a rischio se stesse. Lei crede che queste persone siano delle vittime in buona fede del sistema e quindi bisognose di supporto, o che al contrario la violenza che spesso esplode in questo tipo di atti delegittima ogni tipo di lettura alternativa che si può fare nei confronti di movimenti come QAnon?

Sicuramente certe persone agiscono paradossalmente in buona fede e, una volta risucchiate nella tana del bianconiglio, entrano in un certo stato d’animo, una certa visione del mondo per cui appunto non c’è più alcuna speranza nel senso che non sussistono più rimedi democratici o alcuna forma di partecipazione che possa cambiare le cose. A quel punto la barra viene spostata talmente tanto in avanti che, almeno nella testa di queste persone, l’unica soluzione possibile per farsi sentire e per contare una volta nella propria vita facendo qualcosa per la collettività, diventa abbastanza paradossalmente la violenza.

Un caso paradigmatico è quello del cosiddetto sciamano di QAnon, un individuo folkloristico sempre rimasto ai margini delle manifestazioni in Arizona che all’improvviso si è trovato a percorrere gli annali della storia mondiale camminando a testa alta al Senato assediato dai sostenitori di Trump. Però anche qui secondo me bisogna fare un cambiamento di prospettiva. È vero che le questioni individuali contano ovviamente quando parliamo di complottismo ma bisogna anche prendere in esame l’intero contesto.

Se non ci fosse stato un presidente alla Casa Bianca che ha usato una teoria complotto per negare la sconfitta alle presidenziali e che, insieme al suo entourage, ha cercato attivamente di fare quello che a tutti gli effetti fu un autogolpe, una persona come lo “sciamano” Jack Angeli non avrebbe avuto l’occasione di entrare al Congresso. Le teorie del complotto appunto vivono in una dimensione ambivalente nel senso che sono il frutto di un processo individuale determinato da tanti fattori sociali, culturali, politici eccetera ma che diventano veramente esplosivi quando si vanno ad unire ad un contesto politico in una contingenza storica dove la scena politica è dominata da estremisti. L’unione tra l’estremismo, specialmente di destra, con i vari tipi di complottismi crea una miscela esplosiva che arriva a portare gli sciamani dentro i parlamenti.

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