Come già anticipato qui su Giap, anche quest’anno la ricorrenza di Yekatit 12 – 85° anniversario della strage di Addis Abeba – sarà l’occasione per ricordare i crimini del colonialismo italiano. Sabato 19 febbraio ci saranno iniziative a Bologna, Reggio Emilia, Padova, Milano e Roma, e i commenti qui sotto sono a disposizione per segnalare anche altre cerimonie, incontri, conferenze, rituali e blitz di guerriglia odonomastica. Qui trovate tutte le info che riguardano gli appuntamenti della Federazione delle Resistenze, nata l’anno scorso proprio attorno alle celebrazioni di Yekatit 12 in varie città.
Negli ultimi giorni, abbiamo anche ripreso l’aggiornamento della nostra mappa Viva Zerai!, per una topografia del colonialismo italiano. Eravamo rimasti parecchio indietro e ringraziamo chi ci ha indicato luoghi, targhe, monumenti ed edifici, magari chiedendosi per quale ragione non li avessimo ancora inseriti. Invitiamo tutti e tutte a non demordere, continuando a indicarci le tracce dei fantasmi coloniali, che spesso si nascondono in un nome dall’apparenza innocua, tra i simboli insondabili sulla facciata di un palazzo o dietro un’ingannevole Medaglia d’oro al valor militare.
Altre volte, invece, non si nascondono affatto, anzi si mostrano, con orgoglio, benché moltipassanti non siano più in grado di coglierle. Troppo tempo è passato, si dirà, eppure non sono soltanto antiche lapidi e vecchie statue a portare i segni del colonialismo italiano. E’ il caso del monumento per Giorgio Parodi, inaugurato a Genova prima dell’estate, nel centenario dell’azienda di motociclette da lui fondata insieme a Carlo Guzzi. Parodi fu anche un celebre aviatore e partecipò ai bombardamenti sull’Etiopia, durante l’invasione fascista del 1935, e alla guerra aerea in Africa Settentrionale, a fianco della Germania nazista. La statua a lui dedicata lo ritrae appoggiato all’ala di un aereo, con la divisa da aviatore che indossò in quelle imprese. Il giorno dell’inaugurazione, le Frecce Tricolori dell’aeronautica hanno sorvolato il cielo di Genova, con la loro scia rossa, bianca e verde.
Qualche mese dopo, il 5 ottobre scorso, Genova Antifascista ha rivendicato l’imbrattamento della statua con una sostanza biologica e naturale, che non intacca la pietra in maniera indelebile. A commentare il gesto, un cartello con una graziosa poesia: «Per tutto il sangue/che in Abissinia/questi ha versato/Per molte genti/che in Cirenaica/ha bombardato/V’è meno merda/ sull’uniforme/di questo orrore/di quanta merda/sia nella mente/del suo ideatore.»
Due mesi più tardi, a dicembre, la statua è stata nuovamente colpita, questa volta da una A cerchiata rossa, sulla schiena, dalla sigla LGBT sul petto e dalla scritta “Agli anarchici il carcere, ai fasci le statue.”
La nipote di Parodi, Elena Bagnasco, ha dichiarato allora che il nonno partecipò alla guerra d’Etiopia come richiamato, non da volontario; che non prese parte ad azioni rivolte contro la popolazione civile; che tornato in Italia sostenne il CLN e fu ringraziato dai partigiani della zona di Mandello del Lario, dove stava la fabbrica della Moto Guzzi.
Noi non abbiamo avuto modo di verificare i documenti citati dalla signora Bagnasco, ma già il fatto che siano necessarie tante precisazioni, per ripulire la memoria di suo nonno, significa che lo si poteva ricordare con qualcosa di meno ingombrante, di meno invasivo di una statua, e senza celebrare il suo passato di aviatore al servizio delle guerre coloniali e dell’esercito dell’Italia fascista.
E’ innegabile poi che senza le proteste dell’ANPI locale e senza le azioni degli antifascisti, tutto questo sarebbe passato come al solito sotto silenzio, “in cavalleria”, ad ammirare le stellette sulla divisa di quel bel signore.
Come del resto accade, sempre a Genova, con i nomi di alcune strade, che avrebbero bisogno di un approfondito trattamento esplicativo: Alberto Liri, Mario Galli, Fausto Beretta, Vittorino Era, Angelo Gianelli, Giacomo Soliman, per citare soltanto i più neri.
Ci auguriamo di poter inserire presto anche la Superba tra le città impegnate a ricordare Yekatit 12, insieme alle tante altre dove il colonialismo ha lasciato le sue impronte. Per ora, sulla mappa, l’unica regione intonsa è la Valle d’Aosta, ma attendiamo segnalazioni…