Quali garanzie per la comunità LGBTQ+ a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina?

Un articolo della redazione di Melting Pot Europa, con le foto di Emanuela Zampa, che approfondisce la situazione delle persone LGBTQ+ tra propaganda, diritto di fuga e forme di resistenza in Ucraina.

La critica al mondo LGBTQ come mezzo di propaganda russo contro l’occidente. Questa guerra è «qualcosa che va oltre le convinzioni politiche. Parliamo della salvezza umana. Ci troviamo in una guerra che ha assunto un significato metafisico. La parate dei gay dimostrano che il peccato è una variabile del comportamento umano. Questa guerra è contro chi sostiene i gay, come il mondo occidentale, e ha cercato di distruggere il Donbass solo perché questa terra oppone un fondamentale rifiuto dei cosiddetti valori offerti da chi rivendica il potere mondiale», ha affermato il Patriarca Kirill, primate della chiesa ortodossa russa, appoggiando apertamente la decisione di Putin di invadere l’Ucraina. Le parole di Kirill sono soltanto l’ultimo mattone nel muro eretto da Putin che ha fatto dell’omosessualità, sin dal principio del conflitto, un tema ricorrente nella retorica russa di liberazione dell’Ucraina dall’influenza occidentale.

Tuttavia, l’attacco al mondo LGBTQ+ non è nuovo alla sua retorica, tanto nelle sue mire espansionistiche e di tentativo di controllo e ingerenza nei paesi post-sovietici che erano o rimangono di fatto sotto l’influenza russa, quanto nelle sue politiche interne.

Chiamato a guidare un paese in cui l’omosessualità non è considerato un reato solo dal 1993 e non rientra nel novero delle malattie mentali dal 1999, la sua presidenza iniziata il 7 maggio del 2012 è stata caratterizzata fin dagli esordi da una connotazione fortemente oppositiva alla comunità LGBTQ+. Nel giugno dello stesso anno è stata adottata dall’Assemblea legislativa di San Pietroburgo la decisione di vietare il Gay Pride nella città per i prossimi 100 anni, e nel 2013 la Duma ha approvato una legge1 “per lo scopo di proteggere i minori dalle informazioni che promuovono la negazione dei valori tradizionali della famiglia”, nota anche come “legge russa sulla propaganda gay” che vieta la distribuzione di materiale informativo relativo ai “rapporti sessuali non tradizionali” tra i minori includendo, in tal senso2, l’omosessualità maschile, la bisessualità, le esperienze lesbiche e transgender. Tale ultimo provvedimento ha avuto sulla società civile un fortissimo impatto in termini di abbassamento sotto la soglia di guardia dei diritti e della sicurezza delle persone LGBTQ+, tanto che dall’anno di adozione della legge sulla propaganda è stata registrata una crescita sensibile dei crimini d’odio e di violenze sulla comunità che è arrivata a contare il doppio dei numeri del periodo precedente la sua promulgazione3.

All’estero, per capire la portata del tema nella politica aggressiva di Putin, si ricordi la campagna portata avanti da Amnesty International nel 20174 a seguito alla denuncia della testata indipendente russa Novaja Gazeta che accusava il governo ceceno nella persona di Ramzan Kadyrov, filorusso e amico del presidente russo, da lui proposto per guidare la nuova repubblica cecena nel 2007, di aver aperto con la tacita complicità del Cremlino un campo dove sarebbero state imprigionate e torturate per presunta omosessualità oltre 100 persone e uccise almeno tre. Nel 2019 nuove denunce degli attivisti hanno portato alla luce omicidi e arresti arbitrari nell’ambito di una nuova purga a danno della comunità LGBTQ+.

Anche l’Ucraina, da parte sua, continua a subire quell’influenza putiniana che pretende di contrapporre i vecchi valori alle aperture auspicate invece dalle istituzioni europee. Si pensi all’autunno del 2013 quando nella capitale ucraina furono affissi cartelloni pubblicitari finanziati da Viktor Medvedchuk (oligarca filorusso fortemente vicino a Putin) che a grosse lettere invitavano la popolazione a riflettere che “Association with the EU means same-sex marriage”

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Palanca, Moldavia – Photo credit: Emanuela Zampa

Diritti e garanzie per la comunità LGBTQ+ in Ucraina: un argomento ancora divisivo. Nel corso del 2021 è stato registrato un forte aumento negli attacchi contro le persone LGBTQ+5. Ad agosto e a settembre, ad Odessa e Kharkiv, la polizia è dovuta intervenire a protezione del pride per evitare che i manifestanti subissero attacchi. Nella prima città ventinove agenti sono stati feriti e cinquanta persone arrestate mentre tentavano di aggredire i partecipanti.

A Kiev, a fine estate 2021, circa 7.000 persone hanno partecipato all’annuale marcia per i diritti della comunità LGBTQ+ accompagnate dalla polizia, anche in questo caso presente per impedire episodi di violenza da parte dei gruppi di estrema destra che ogni anno cercano di bloccare l’evento. Sempre nella capitale, solo qualche mese prima, a maggio, un assalto con gas lacrimogeni durante la proiezione di un film sulla comunità LGBTQ+ in Ucraina aveva causato ustioni agli occhi a venti partecipanti.

Il tema dei diritti e delle garanzie legate all’omosessualità e all’identità di genere è una conquista recente in un’Ucraina incastrata, da almeno un ventennio, tra vecchie ortodossie comuniste e religiose da una parte, e la richiesta a gran voce di uguaglianza che arriva dai movimenti progressisti dall’altra.

Depenalizzata nel 1992, l’omosessualità resta un elemento fortemente divisivo in un paese in cui circa il 60% della popolazione mostra ancora atteggiamenti negativi verso la comunità LGBTQ+6. Almeno una ventina di gruppi informali appartenenti a ideologie di estrema destra (C14, Right Sector, National Corps, Tradition and Order, Katekhon, Carpathian Sich e altri) erano attivi prima dell’inizio del conflitto in attività che andavano dal costante tentativo di boicottaggio e interruzione di eventi LGBTQ+ a crimini omofobici e transfobici in cui i social media venivano utilizzati a volte per attirare le proprie vittime organizzando veri e propri “safari gay7

A livello legislativo, la Costituzione e la legge “sui principi di prevenzione e di contrasto alla discriminazione” pur non citando esplicitamente l’orientamento sessuale e l’identità di genere come motivi di discriminazione, utilizzano – entrambi gli strumenti – una formulazione aperta del loro contenuto consentendone una parziale protezione attraverso l’interpretazione giurisdizionale. 

Graduali passi avanti sulla tutela delle persone LGBTQ+ sono stati compiuti in particolare negli ultimi anni, con il Codice del lavoro e con la legge sullo stato giuridico delle persone scomparse in cui l’orientamento sessuale e l’identità di genere sono stati esplicitamente individuati come motivi di tutela, in alcune fonti legislative secondarie e nelle state policies, nel Codice penale emendato nel dicembre del 2017 per diventare maggiormente inclusivo verso le coppie dello stesso sesso. A febbraio del 2021 il ministero della Salute ha deciso di revocare le restrizioni nell’ambito delle donazioni di sangue per le persone omosessuali8. A maggio è stato presentato un disegno di legge che aumenterebbe la responsabilità personale nei casi di discriminazione e intolleranza9. Un traguardo fondamentale, quest’ultimo, anche in considerazione della forte preoccupazione che l’attuale mancanza di indagini efficaci da parte delle forze dell’ordine sugli attacchi da parte dei gruppi di estrema destra, in combinato con la sfacciatezza con cui i loro membri agiscono, siano percepiti dall’opinione pubblica come una sorta di impunità di tali gesti, alimentando ulteriore violenza e inviando un segnale ambiguo, ossia che l’odio e la violenza contro la comunità LGBTQ+ sia accettabile10.Nel settembre del 2021 è stato approvato in prima lettura un disegno di legge11 che aggiunge l’attuale divieto di discriminazione contenuto nel Codice del Lavoro, per motivi legati all’orientamento sessuale e di identità di genere, alla legge sulla “occupazione del lavoratore” e a quella relativa a “On Advertising” (relativa agli annunci di lavoro). A seguito del pacchetto di progetti di legge (6325, 6326, 6326) presentati a novembre da Victor Myalyk che chiedeva di vietare “la pedofilia, l’omosessualità e il transgenderismo”, a dicembre la parlamentare Inna Sovsun ha presentato un pacchetto di leggi alternative (6325 – 1, 6326 – 1, 6326 – 1), chiedendo invece di combattere l’intolleranza e la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Tuttavia non sono state appoggiate neanche dal suo partito e non sono state presentate in plenaria.

In questo contesto, le opinioni della maggioranza della popolazione, così come quelle di una parte del Parlamento, restano ancorate ad una percezione conservatrice dell’omosessualità come stigma sociale e si frappongono al raggiungimento a livello giuridico di pari diritti e tutele per la comunità LGBTQ+, anche perché fortemente condizionate dal ruolo delle chiese che continuano a influenzare le masse e i suoi rappresentanti all’interno della Verchovna Rada, con esternazioni come quelle del marzo del 2020 del Patriarca di Kiev Filaret, primate della chiesa ortodossa ucraina, secondo cui “la pandemia [di Covid 19] è la punizione di Dio per l’omosessualità”.

Nonostante, infatti, la concessione nel 2018 dell’autocefalia per la chiesa ortodossa ucraina da quella russa – che ha assunto e continua ad avere un ruolo determinante nell’opinione pubblica in termini di discriminazione dell’omosessualità – non c’è stata un’apertura, o quantomeno un allontanamento dalle posizioni più radicali, quanto un mero cambio di strategia di comunicazione in cui è semplicemente passata da una diretta criminalizzazione degli LGBTQ+ ad appelli in difesa della protezione della “famiglia tradizionale” e alla richiesta di non inserire concetti relativi all’orientamento sessuale e di genere all’interno della legislazione nazionale.

Orientamento sessuale e vulnerabilità in tempo di guerra. «We know that people who say that everybody suffers from war the same way, that that’s not true. And we know that in situations of huge crisis, vulnerable groups of society will become especially vulnerable», ha ricordato Radványi, communications director del Budapest Pride. Durante i conflitti aumentano infatti per i gruppi vulnerabili, quali le persone LGBTQ+, il rischio di emarginazione esponendole ai rischi di abusi e di violenza sia nei territori in cui si combatte, sia durante il viaggio e al loro arrivo nei centri di accoglienza. Tali preoccupazioni aumentano esponenzialmente in contesti dominati da una forte ortodossia politica o religiosa contraria all’omosessualità. Ne è un esempio, da ultimo, l’esperienza della crisi afghana del 2021 le cui atrocità commesse dal nuovo potere dei taliban hanno portato a numerose esecuzioni sommarie di persone omosessuali.

In una lettera12 inviata all’Alto Commissario delle Nazioni Unite Bachelet, nei giorni appena precedenti l’invasione russa, quando con più di 130 mila truppe ammassate sul fronte Putin continuava a negare l’imminente attacco, la rappresentante degli USA presso l’Ufficio Europeo delle Nazioni Unite forniva informazioni riguardo la creazione ad opera del Cremlino di “elenchi di ucraini identificati da uccidere o mandare nei campi dopo un’occupazione militare”. L’ambasciatrice Bathsheba Nell Crocker, specificava che tali «violazioni dei diritti umani e abusi all’indomani di ulteriore invasione» che «nelle passate operazioni russe hanno incluso uccisioni mirate, rapimenti/sparizioni forzate, detenzioni ingiuste e uso della tortura, mirerebbero probabilmente a coloro che si oppongono alle azioni russe, compresi i dissidenti russi e bielorussi in esilio in Ucraina, i giornalisti e gli attivisti anticorruzione, le popolazioni vulnerabili come le minoranze religiose ed etniche e le persone LGBTQI+». 

In merito, Victor Madrigal-Borloz – esperto indipendente delle Nazioni Unite sulla protezione contro la violenza e la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere – ha osservato che «l’operazione militare della Federazione Russa e il conseguente conflitto armato distruggeranno decenni di progressi nella lotta contro la discriminazione e le violenze basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere nel diritto, nell’accesso alla giustizia e nelle politiche pubbliche, compresa la salute, l’istruzione, l’occupazione e il settore abitativo»13.

Storie di chi è costretto a restare e di chi decide di combattere. Proprio per la strumentalizzazione di Putin della tematica dell’omosessualità nella sua narrazione politica e la forte probabilità di una reale persecuzione ai danni delle persone LGBTQ+, le preoccupazioni legate all’invasione russa e la loro possibile occupazione a tempo indefinito dell’Ucraina hanno destato una fortissima inquietudine nell’intera comunità, spingendo organizzazioni di tutta Europa14 a creare dei passaggi sicuri per riuscire ad evacuare le persone dall’Ucraina.

Lasciare il paese resta tuttavia complicato a causa del divieto per tutti gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni di espatriare in luogo dell’obbligo di restare a combattere. Come ricordano le Nazioni Unite, ha sottolineato Madrigal-Borloz, sono proprio «le persone trans e gender-diverse i cui documenti di identità legale non corrispondono al loro genere o alla presentazione fisica che incontrano gravi difficoltà ai posti di blocco, ai valichi di frontiera, ai centri di accoglienza, alle strutture sanitarie e ad altri luoghi critici», creando serissimi problemi«nell’evacuazione dalle enclavi civili attraverso i corridoi umanitari, garantendo l’esenzione medica dal servizio militare obbligatorio per soli uomini, l’ammissione ai valichi di frontiera come rifugiati e l’accesso ad alloggi sicuri con strutture igienico-sanitarie adeguate, cure mediche sensibili e servizi per i diritti riproduttivi»15.
E’ il destino che accomuna sia le centinaia di persone transgender che – così come riferito da Lenny Emson, executive dirertor del Kyiv Pride – al momento dell’inizio del conflitto erano in attesa del riconoscimento di genere, sia coloro che hanno deciso di non intraprendere il percorso per il cambiamento di genere. In Ucraina, tale procedura – che fino al 2017 richiedeva alle persone transgender di sottoporsi ad un’amplia osservazione psichiatrica, alla sterilizzazione irreversibile e a sottoporsi ad un intervento chirurgico di ri-assegnazione di genere16 – è attualmente ancora molto lunga e obbliga la persona a sottoporsi ad esami psichiatrici. 

La ricerca di soluzioni alternative per chi è ancora in possesso di un passaporto, il cui sesso indicato gli impedisce di lasciare il paese, sono l’ennesimo dramma in un quadro più ampio che lascia alla mercé del destino e delle forze occupanti gruppi vulnerabili già in tempo di pace, «queste barriere aumentano la probabilità che alcune persone siano costrette a cercare vie di sicurezza irregolari, con i conseguenti rischi di tratta, sfruttamento e abusi»17.

C’è chi invece, spinto dal terrore di cosa potrebbe significare l’occupazione russa, ha deciso di imbracciare le armi restando nel paese per contribuire in modo attivo a fermare l’invasione. Come afferma Jul Sirous18, coordinatore volontario di KyivSatisfaction che ogni anno organizza l’annuale equality march«la paura principale in questo momento è che, se avranno successo, perderemo tutto ciò che abbiamo … ci sarà una persecuzione contro le persone LGBT», per questo motivo ci sono «molte persone LGBT che stanno entrando nel nostro esercito per combattere», cercando di fare arrivare il messaggio che «cerchiamo di essere una nazione unita e fare di tutto per assicurarci che la Russia venga sconfitta».

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La sede di GenderDoc-M a Chişinău (Moldavia) – Photo credit: Emanuela Zampa

Quali sicurezze per le persone LGBTQ+ che sono riuscite a fuggire dal conflitto?  «Le persone trans – in possesso di un passaporto in cui è indicato il sesso maschile e che sono riuscite a scappare e a sottrarsi all’obbligo di leva – così come le coppie che non vengono considerate ufficialmente come famiglie, sono estremamente provate psicologicamente, sfinite. Necessitano di protezione, e la protezione delle persone vulnerabili è qualcosa di davvero molto serio» sottolinea Anastasia, di origine russa, arrivata nel 2004 a Chişinău (Moldavia) per stare insieme alla sua compagna e dove invece ha subito discriminazioni e intimidazioni da parte delle forze dell’ordine su pressione del marito di quest’ultima.

La maggior parte del flusso in uscita, per una questione di prossimità territoriale, si sta ovviamente concentrando sui paesi limitrofi all’Ucraina (Polonia 2.451.342, Romania 643.058, Moldavia 394.740, Ungheria 390.302, Federazione Russa 350.632, Slovacchia 301.405, e Bielorussia 15.28119). Una parte della popolazione in fuga è solo in transito, avendo come destinazione finale altri Stati europei dove raggiungere amici o familiari emigrati precedentemente al conflitto. 

Per le persone LGBTQ+, che non hanno contatti particolari in altri paesi, la decisione di restare molto probabilmente dipenderà dal tipo di accoglienza che riceveranno dalle comunità locali, da quanto i governi sapranno attuare misure ad hoc per proteggerli, soprattutto in considerazione delle forti critiche che hanno ricevuto in particolare negli ultimi anni. Basti pensare alla Polonia e all’Ungheria, nei cui confronti la Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione per le politiche di compressione dei diritti della comunità LGBTQ+20. In particolare, la prima per non avere risposto in modo esauriente alle richieste di Bruxelles in merito alla creazione delle Strefa wolna od ideologii LGBT, le c.d. “zone libere dall’ideologia LGBT”, istituite in diverse regioni e comuni polacchi (nel 2020 erano circa 100, quasi un terzo del totale del paese, i governi locali che avevano adottato tali risoluzioni) in cui sono state vietate pride e altri eventi LGBTQ+. La seconda a causa della legge promulgata dal governo Orban, nel luglio del 2021, che vieta la “propaganda LGBT”, ovvero la diffusione di informazioni e pubblicazioni sull’omosessualità e il cambio di sesso, nelle scuole e in generale ai minori. 

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La sede di GenderDoc-M a Chişinău (Moldavia) – Photo credit: Emanuela Zampa

Anche la Moldavia, dove l’omosessualità non è più reato solo dal 1995 e non esistono leggi che prevengano le discriminazioni di genere, non può essere considerata un paese sicuro. Lo si può immaginare anche solo osservando la bandiera con i colori dell’arcobaleno confusa al vento e costretta insieme all’intero edificio da una cinta di filo spinato a protezione della GenderDoc-M, la prima ONG che si occupa di sensibilizzazione e protezione delle persone LGBTQ+ nel paese. «E’ per questo», racconta l’over settantenne Alexei, fondatore dell’associazione avvenuta tre anni dopo la depenalizzazione dell’omosessualità nel paese, che l’organizzazione «si è attivata per supportare la popolazione LGBT in fuga dal conflitto ucraino costretta a riparare in Moldavia, allestendo un piccolo rifugio e un magazzino con beni di prima necessità»

Che le persone appartenenti alla grande comunità LGBTQ+ siano da considerarsi estremamente vulnerabili lo sottolinea anche Anastasia, prima vittima nel paese di omofobia e poi volontaria «per provare a restituire almeno in parte l’aiuto ricevuto», quindi editor della rivista curata dall’associazione GenderDoc-M di Chişinău di cui oggi è Executive Director. «In questo paese, se sei apertamente gay non è facile ottenere un impiego, la mentalità, come nella maggior parte dei paesi mitteleuropei, è ancora molto tradizionalista. Alcuni giovani intervistati davanti all’università di lingue di Chişinău vorrebbero essere “più̀ moderni” e più̀ europei ma, seppur non ostili, ti dicono di non aver mai incontrato persone LGBTQ+ e di non sapere bene come comportarsi qualora ciò avvenisse».

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Note

1 Codice Amministrativo della Federazione Russa 2001, art. 6.21

2 Si veda in tal senso la Supreme Court of Russia (2012) Decision N 1-APG12–11.

3 Alexander Kondakov. 2019. The influence of the ‘gay-propaganda’ law on violence against LGBTIQ people in Russia: Evidence from criminal court rulings. I dati della ricerca si riferiscono al periodo di analisi 2011 – 2016. https://journals.sagepub.com/doi/10.1177/1477370819887511

https://www.amnesty.it/appelli/fermiamo-la-violenza-la-comunita-lgbti-cecenia/

https://www.hrw.org/world-report/2022/country-chapters/ukraine

6 Tetiana Pechonchyk, ed., “What Ukrainians know and think of human rights: a progress study (2016– 2018)”, Kyiv International Institute of Sociology, 2018.

7 Si veda Report of the Independent Expert on protection against violence and  discrimination based on sexual orientation and gender identity A/HRC/44/53/Add.1 – Nazioni Unite, paragrafo 34 disponibile al seguente link: https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G20/103/65/PDF/G2010365.pdf?OpenElement

8 È stata rimossa dall’elenco delle controindicazioni alla donazione del sangue la dicitura “relazioni omosessuali” in luogo invece “persone con comportamenti sessuali rischiosi che possono portare a gravi malattie infettive che possono essere trasmesse attraverso il sangue”. https://zakon.rada.gov.ua/laws/show/z0896-05#Text

9 Il 13 maggio, il Gabinetto dei Ministri ha registrato il disegno di legge n. 5488 “Sulle modifiche al codice dell’Ucraina sui reati amministrativi e al codice penale dell’Ucraina per combattere le manifestazioni di discriminazione”.

10 Si veda Report of the Independent Expert on protection against violence and  discrimination based on sexual orientation and gender identity A/HRC/44/53/Add.1 – Nazioni Unite, paragrafo 35 disponibile al seguente link: https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/G20/103/65/PDF/G2010365.pdf?OpenElement

11 Disegno di legge n. 5266

12 https://context-cdn.washingtonpost.com/notes/prod/default/documents/5fdc6409-975b-45bb-94c6-832902f8ec3a/note/39b9a7e2-195f-41a2-bddf-21b5fea3cef2.#page=1

13 https://www.ohchr.org/en/press-releases/2022/03/ukraine-protection-lgbti-and-gender-diverse-refugees-remains-critical-un

14 Alcune iniziative per supportare le organizzazioni includono campagne di crowdfunding, come quella avviata su Allout.org a sostegno di Kyiv Pride, Insight e altre associazioni, per donare: https://campaigns.allout.org/ukraine-fundraiser

15 https://www.ohchr.org/en/press-releases/2022/03/ukraine-protection-lgbti-and-gender-diverse-refugees-remains-critical-un

16 Ministero della Salute, ordinanza n. 60

17 https://www.ohchr.org/en/press-releases/2022/03/ukraine-protection-lgbti-and-gender-diverse-refugees-remains-critical-un

18 Intervista rilasciata al The Daily Beast https://www.thedailybeast.com/lgbt-ukrainians-fear-theyre-on-vladimir-putins-kill-list-many-are-staying-to-fight-anyway

19 Dati UNHCR al 4 aprile 2022

20 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_21_3668

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